L'Associazione Storico Modellisti Messinesi - A.S.M.M.- Ha sede in Via S. Camillo 20 - MESSINA -98122- tel.380 3188793 -- Riunisce appassionati di Messina, Sicilia e della vicina Calabria, fin dal 2010. E' una Associazione che tratta l'arte del modellismo in tutte le sue sfaccettature. Tratta anche la storia, ma con maggiore riguardo, quella di Messina. In questo SITO troverete oltre 5000 foto, con cartoline inerenti gli argomenti trattati negli articoli ed alle principali attivita' create dall'Associazione. Nelle varie categorie di lettura sono disponibili numerosi articoli di modellismo, cultura, storia, attualita', lingua siciliana. Come novita' tratta l'elettronica applicata al ferromodellismo ed alla robotica e si avvicina al mondo dei Quadricotteri, e per finire al mondo delle barche a vela e motoscafi con motore a scoppio ed elettrico.


22/03/2022




Elenco argomenti trattati sulla nostra pagina

MESSINA



41)- Zio Paperone ed il ponte sullo stretto di Messina
40)- Il terremoto nello stretto di Messina
39)- IL LIDO A MARE DI MESSINA: MORTELLE
38)- U Gilanti ca Gilantissa "I MITICI PROGENITORI I MISSINA!"
37)- Vecchia, cara Messina, "Gran Mirci' a MESSINA"
36)- Natale e Capo D'Anno sono trascorsi ... Buon Natale e Buon Anno
35)- La ricostruzione di Messina 1914/1943 tra le due guerre
34)- UORA UORA RUAU U FERRY BOAT
33)- La Circonvallazione di Messina
32)- MESSINA IN VETRINA
31)- Piazza del Popolo
30)- Messinesi Illustri
29)- Capo Peloro - Torre Faro un angolo di Messina e la sua storia
28)- Deposizione di una Corona d'Alloro al Monumento alla Regina
          Elena

27)- Messina nella seconda guerra mondiale con i suoi pochi rifuggi
26)- Taormina Arte Festival del Film 1969-1986
25)- Il "Teatro Mastrojeni", vent’anni di spettacoli per i messinesi
24)- La Fiera di Messina: Punto d'incontro - tra Economia e Folclore
23)- Una domenica al lago di Ganzirri
22)- Aliscafi a Messina
21)- Il Campanile del duomo di Messina.
20)- Messina tanti anni orsono.
19)- AAA.... Negozio di modellismo cercasi a Messina !!!
18)- Mostra di Modellismo e militaria presso la Prefettura di Messina
          17)- MESSINA la nuova Nave Ferroviaria per lo Stretto
16)- Il Monte di Pieta'
15)- Castelli, Torri, Forti: una ricchezza abbandonata, emarginata, non
          capìta!!

14)- Le Piazze di Messina, seconda parte , Messina Nord. Uno sguardo a
           Volo D'Uccello.

13)- E Poi.... "c'è altro" dopo Piazza Cairoli?? Vi sono altre piazze a
          Messina ???

12)- Piazza Cairoli - gia' salotto buono di una Citta'!!!
11)- LA MADONNA del porto di Messina ha 78 Anni.... e li
          FESTEGGERA' quasi al buio.

10)- La zona Falcata, un simbolo e la forza di Messina
09)- Una Strada, un nome, una gloriosa pagina di Storia di Messina
          (DUE).

08)- Una Strada, un nome, una gloriosa pagina di Storia di Messina.
07)- Un edificio ed una Chiesa distrutti dalla speculazione edilizia.
          (Collegio S. Ignazio)

06)- La riviera Nord, o riviera Faro o dei laghi di Ganzirri.
05)- Messina crocevia di mezzi di locomozione
04)- I Tram a Messina prima del 28 dicembre 1908
03)- I Tram a Messina dopo 28 dicembre 1908
02)- Cartolina "Non eliminate la stazione di Messina" 25/02/2012
01)- Cartolina su Messina






12/07/2023




Zio Paperone e il

PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA



Vi promoniamo la storia di
Zio Paperone ed il ponte sullo Stretto di Messina
Creato dalla Walt Disney
nel dicembre del 1990 ristampa della storia edita su Topolino n.1401 del 3 Ottobre 1982











































































A cura di Andrea Lanzafame con l'aiuto di Antonio Bellomo





04/04/2121




I trenta secondi di quell'alba cambiarono la vita oltre a duecentomila esseri umani delle città di Messina, Reggio Calabria, delle rispettive provincie, tra morti, dispersi e feriti.



Le due citta' ed i villaggi Vicini si spensero, quelli che erano ferrovie, strade, il porto , la luce elettrica, il telegrafo non cerano piu'; sorsero, prima piano poi piu' rigogliosi alcuni incendi appiccati dalle cucine a carbone o a legna che stavano accendendo.



Dall'albergo Trinacria, semi distrutto, partì il fuoco che brucio' il Municipio di Messina che i Vigili del Fuoco di Malta hanno spento in tre giorni, le invasature dei traghetti sono distrutte, la ferrovia e' interrotta a Palmi in Calabria, a Milazzo verso Palermo, e a Scaletta sulla tratta per Catania: Messina e' isolata cosi pure Reggio Calabria. Un coraggioso ferroviere a piedi raggiunge Scaletta Zanclea per dare l'allarme e fermare i treni.



La squadra torpediniera, presente nel porto di Messina, sbattuta per bene dal maremoto sul fondale, e' senza comandante, in quanto era in famiglia e, solo in tarda mattinata la notizia fu appresa del suo decesso e si videro i danni riportati dalle unita' e quella in grado di muovere, e' andata a Reggio Calabria, dove vide la stessa situazione di quella lasciata a Messina, che i collegamenti erano interrotti. Il potesta' delega i poteri al prefetto e da questi al potere militare.



La torpediniera decise di proseguire per potere attraccare e trasmettere al posto telegrafico di Nicotera, il piu' vicino funzionante in Calabria. Sino alla ricezione del messaggio il governo Giolitti a Roma nulla sapeva del disastro.se non voci e la torpediniera Spica trasmetteva il messaggio, altro messaggio giungeva da Milazzo dalla torpediniera Piemonte partita dopo.



Fortunatamente nel disastro che c'e' la stampa, prima dell'imbrunire esce a Milano il Corriere della Sera che da la notizia del disastro di Messina e Reggio Calabria obbligando il Governi a dare le prime notizie e a ordinare alla flotta italiana in navigazione verso la Sardegna di fare subito rotta verso lo Stretto dove i Sindaci ed i Prefetti di Catania, di Siracusa, di Augusta davano l'allarme alla squadra navale Russa ferma all'ancora ad Augusta.



La sera un treno carico di cinquecento soldati con materiali partiva da Catania ed un altro partiva da Palermo. Si cominciava a capire l'entità del disastro ma non si aveva ancora chiara la catastrofe.



Circa una trentina di minuti, dopo il terremoto, avveniva il maremoto, che frazionava la storia in tanti episodi. Oggi sembra che il terremoto ha determinato una frana lavica, sottomarina nella zona di Giardini, forse l'accavallarsi nei secoli di piu' colate laviche spente, a mare, che si sono staccate e sono precipitate in un abisso sollevando una immensa colonna d'acqua che si e' incanalata sino a Torre Faro con onde variabili dai due ai dieci metri con una forza distruttiva unica, data anche dalla conformazione dello stretto.



Nella penisola di San Raineri, a Messina, ha trascinato in mezzo alla terra delle maone cariche lasciando solo i Forti e la Cittadella e facendo sprofondare la terra; distruggendo l'abitato di Torre Faro, danneggiato dal Terremoto, e diversi villaggi vicino la spiaggia sia sulla costa Sicula che Calabra.



Questo fatto ritardo' la mancanza di soccorsi con l'assenza di autorita' e somma confusione, infatti molti sopravvissuti erano scappati al porto e furono travolti dalla violenza dei due metri delle onde di maremoto, qualcuno era rimasto nudo essendosi alzato del letto, altri si salvarono essendo rimasti immobili perchè erano crollati i solai, sino a quando sorse il sole e trovarono corde e scale ed ebbero soccorso da parenti o amici non sotterrati dalle macerie.



I primi a dare aiuto furono i soldati dei Forti Umbertini che circondavano Messina e Reggio Calabria, che sentirono un boato fortissimo e videro le città spegnersi completamente.



Un giovane che dormiva con la nonna a secondo piano si sveglio' e sentita la madre al piano di sotto, ma la madre gli disse di non muoversi sino al sorgere del sole, il giovane ubbidì e si salvo', in quanto il pavimento intorno al letto era crollato e sarebbe precipitato nel vuoto.



Il terremoto si frantumo' in decine di episodi mentre i marinai russi, i marines inglesi prestavano i primi soccorsi alla popolazione cominciando l'opera di scavo e di soccorso al feriti, e dopo di seppellimento dei morti.



La prime forze italiane inviate oltre quelli che arrivarono l'indomani da Catania e Palermo arrivarono con la flotta e tra i primi furono duecento carabinieri inviati dal Governo, non per aiutare la popolazione, ma per presidiare la Banca d'Italia ed il Banco di Sicilia e scavare i cavo', in quanto il governo fu attaccato essendo stato detto che ingenti somme di denaro erano andate perse in quei cavo' con pregiudizio per la lira.



Inizio' lo sciacallaggio sia di detenuti che scapparono dal carcere e si travestirono con le divise abbandonate degli agenti morti, altri ladri vennero dai centri vicini, e spesso profughi che tentavano di aiutare gente coinvolta fu scambiata per delinquenti e specialmente i russi fecero giustizia sommaria.



Arrivarono le forze italiane vennero create tendopoli dall'esercito per l'esercito mentre la popolazione veniva con mezzi fraudolenti sgomberata forzatamente in quanto si voleva distruggere le rovine di Messina e fare una citta' nuova verso Milazzo.



A Messina capito' un comandante militare vecchio e malaticcio, pochi mesi prima di andare in pensione, che capiva ben poco, si affidava a rapporti spesso edulcorati di ufficiali, e per scende a terra ,in quanto aveva requisito un piroscafo, per risiedere, dopo essere attaccato dalla stampa, si portò l'attendente per farsi pulire gli stivali dalla polvere per farsi fotografare. Il generale Mazza viene ricordato anche oggi dalla gente col detto "non capire una mazza".



Piu' fortunata Reggio Calabria dove ando' a comandare il Duca Degli Abruzzi esploratore, uomo attivo, pratico, che si dette subito da fare per aiutare la popolazione.



Quel giorno vi furono stragi come al Collegio Militare dove la sera prima erano arrivati decine di allievi, alla Guardia di Finanza accasermata nel vecchio monastero di San Salvatore dei Greci; (Oggi Museo Regionale di Messina) lo stesso all'Ospedale Militare ubicato nel Monastero, dei padri Cassinesi, della Maddalena della valle di Giosafat (oggi via C. Battisti Casa dello Studente); il destino poi scelse come il caso del soprano e del tenore che hanno cantato l'Aida quella sera al Teatro Vittorio Emanuele Lei festeggio' con amici e si salvo' Lui ando' in albergo a riposare e mori'.



Sulla corazzata Regina Elena giunsero i Sovrani, il Re scese a terra per rendersi conto del disastro la Regina Elena, per suo ordine, resto' a bordo a prestare soccorso ai feriti quale capo delle neo costituite corpo delle Crocerossine; si racconta che vi era una orfanella che piangeva, la Regina prese un tovagliolo, del nastro e confeziono' in qualche minuto una bambola di stoffa che diede alla bimba che distratta smise di piangere.



Chiese poi al comandante della squadra russa, di portare le sue navi cariche di feriti a Napoli con una presa di posizione ferma da donna e non da regina, lei che parlava il russo. Non mi soffermo su quello che fece per i superstiti del terremoto a Messina e a Roma sia subito che per molti anni a seguire.
La situazione alimentare era grave specialmente nei villaggi, un gruppo di persone del villaggio Faro con il parroco, venne a chiedere cibo con una barca sotto le navi, ma venne cacciata, resto' nel porto e piu' tardi vide che da una corazzata veniva buttato lo scarto della verdura, e si avvicinarono a raccoglierlo e mangiarlo, questo fece rendere conto a chi era imbarcato, dalla situazione di fame e dopo fu calato un cesto di provviste.
Nei giorni seguenti cominciarono ad arrivare reparti anche nei villaggi per portare aiuti. A Ganzirri venne creato un villaggio di baracche. Quando prevalse l'idea di ricostruire Messina a Messina eliminando il progetto di bombardare le macerie si iniziarono a creare dopo le tende agglomerati di baracche dove vi era largo, come piazza Cairoli, la zona degli orti della Maddalena scelta per fare sorgere gli accampamenti militari, il piano della Mosella per edificare la Nuova Messina con i servizi e le baracche Americane e di fronte quelle italiane, con un confronto stridente.
L'unico ufficio, che costruito in baracca comincio' a funzionare subito fu l'ufficio postale dove potevano accedere solo i militari per spedire la corrispondenza a casa che conteneva i soldi che trovavano nelle case e che non appartenevano a nessuno essendo morti i titolari o essendo scappati; Messina era una citta' ricca e i messinesi, come la gente di inizio novecento, teneva i soldi in casa non fidandosi delle Banche.
Si racconta che il rudere del Monte di Pieta' lo abbiamo per un giovane che quando una squadra di demolizione si presentò con la dinamite per raderlo al suolo, interloquì con l'ufficiale sul motivo dell'ordine in quanto l'edificio si presentava bene, anche se danneggiato, stavano venendo a diverbio quando l'ufficiale fu chiamato con la squadra e non torno' piu', l'edificio fu rasato a dieci metri per la disposizione del piano Borzì che imponeva quella come altezza massima delle costruzioni. Lo stesso accadde ad altri edifici rimasi in piedi cui fu tolto un piano lasciando piano terra e mezzanino sopra "Casa e Putia" qualcuno fortunatamente rimasto come largo risorgimento ( Piazza don Fano).



Mi e' stato raccontato di un salvataggio dopo oltre una settimana dal terremoto: nei pressi di piazza Cairoli vi era un macellaio il quale il 28 dicembre, un lunedi', alle cinque era già al lavoro e nel sotterraneo stava pulendo la carne e le interiora del bue che aveva macellato quando la scossa di terremoto lo butto' a terra e fece crollare delle pietre che chiusero la scala. Ripresosi si trovo' bloccato, si mise a gridare ma nessuno lo senti'. Per una settimana mangiando carne cruda e bevendo l'acqua piovana che raccoglieva, oltre quella che aveva, in un recipiente di rame (Quaddara-caldaia) gridando e battendo con una pietra sul recipiente. Dopo oltre una settimana un ragazzo (allora nove dieci anni) girava tra le macerie e dovendo fare un bisogno, si avvicino' all'edificio distrutto, il macellaio sentendo movimento si mise a battere e a gridare, il ragazzo si spavento' e scappò, ma la curiosita' fu forte torno' ed il macellaio gli diede voce e gli chiese aiuto. Il ragazzo piano piano si riprese e gli promise di cercare aiuto non potendo farcela lui. Si allontano' e cerco' una squadra di soldati, che non gli credevano e in parte non lo capivano, ma dopo molte insistenze lo seguirono e il macellaio appena capi' che il ragazzo era tornato con i rinforzi si mise a battere e a gridare aiuto. I soldati si convinsero e lo tirarono fuori. Il merito del salvataggio ando' alla squadra.ma ragazzo e macellaio divennero amici.



Il governo Giolitti obbligo' di versare allo Stato tutte le offerte a gli aiuti dati pro terremoto ma molti non lo fecero e si mossero, in fretta, come il Piemonte che costrui' l'omonomo Ospedale, come la Regina Elena che fece edificare il villaggio a lei intitolato; ed il villaggio Svizzero fatto con case portate dalla Svizzera (demolite negli anni settanta) o quello Danese meno conosciuto. Il presidente Americano venne, alcuni mesi dopo, e con il Re visito' il villaggio Americano edificato alla Mosella, con le baracche Americane, il presidente del consiglio Giolitti non venne neanche negli anni a seguire a Messina.



Chi non ha fatto baracche per i suoi dipendenti sono state le Ferrovie dello Stato che hanno alloggiato i dipendenti e le famiglie nei vagoni ferroviari e poi hanno edificato direttamente le abitazioni in cemento armato a due piani. Nei vagoni è stato anche il premio Nobel Salvatore Quasimodo essendo suo padre capo stazione qui a Messina.



Si inizio' a sgomberare le strade e il piano di calpestio fu innalzato di alcuni metri dopo avere bloccato il malvezzo di buttare le macerie nel porto. Per un certo tempo si portarono le macerie nella penisola di San Raineri che era sprofondata, poi si livellarono e si edifico' con il piano Borzì, dal nome dell'ingegnere capo del Comune, che si ispiro' a San Francisco, distrutta qualche anno prima da un violento terremoto, creando gli isolati e usando la dinamite per togliere gli edifici che ostruivano le strade, per essere larghe dritte e a croce, o danneggiati come il Municipio, ed il cemento armato per edificare la nuova Messina eliminando le baracche soggette a continui incendi.



La ricostruzione di Messina incontro' due guerre: la guerra di Libia nel 1911 e la Grande Guerra nel 1915 e pochi sanno che l'allora consiglio comunale rinunzio', dopo Caporetto, al vitalizio dato alla Citta' per la ricostruzione.



Mi fermo qui, la palazzata fu demolita, era difficile ricostruirla aveva subito due terremoti 1783 e1908 ed un maremoto, e le idee erano diverse, vennero presentati diversi progetti, e come è oggi, venne terminata negli anni 1960.



Erano rimaste in piedi poche case, molte sembravano in buono stato ma erano gravemente lesionate l'unico intatto era il villino Cammareiri costruito ad un piano in cemento armato in una zona non terreno alluvionale angolo Viale San Martino via S. Cecilia, lato mare, gia' campagna e seconda casa, successivamente demolito per fare isolati.



Le baracche, ultime, del terremoto furono eliminate con le case ultra popolari , quelle in buone condizioni, come il villaggio Svizzero furono demolite negli anni sessante per fare posto a case popolari, quelle che vi sono oggi sono state edificate nel dopoguerra o alla fine del secolo scorso per ottenere la casa popolare.
Non vi sono tracce del passato a Messina mentre a Reggio Calabria sono rimaste una per tipo le baracche come ricordo del passato e di chi aiutò i nostri avi colpiti da questo flagello.



Sul terremoto sono stati scritti volumi, e spesso vengono fatti servizi da ignoranti, questo scritto vuol essere solo un ricordo a Volo D'Uccello, come si facevano le panoramiche, una volta, di una bella città distrutta e massacrata.

A cura di Franco Spadaro;
organizzazione tecnica a cura di Andrea Lanzafame.








04/04/2121







IL LIDO A MARE DI MESSINA:

MORTELLE




Ogni citta' prospiciente il mare ha, di preferenza, un lido a mare o una zona balneare.



Per il messinese il lido a mare, della seconda meta' del ventesimo secolo, e' stato: "Mortelle", scelto per la sua bellezza, per l'acqua pulita e calda, la sabia fina, rispetto ad altre zone di costa, oltre che per la distanza relativa dalla Citta' e per la sua comodita' ed i servizi offerti.



Quando, alla fine degli anni cinquanta, fu fatta la strada dei lidi, furono piantati i pini marittimi tra le due careggiate, c'erano poche ville, lato monte, le colline erano tutte verdi, ed a mare sulla spiaggia poche baracchette sparse.



Poi sorse l'Albergo "Lido Di Mortelle", con il lido, le piscine, la grande e la piccola, il bar, il ristorante e dette vita al crescere di una catena di locali, tutti moderni, e dalle linee architettoniche avveniristiche.



Ogni locale aveva Bar, tavola calda, cabine che permettevano anche di soggiornare,(due vani ed accessori) molte famiglie di Messina si trasferivano li da giugno a settembre, dando vita ad un villaggio a mare, con serate danzanti, complessi e jukebox che diffondevano i successi dell'estate e le serate duravano sino all'alba.



A lato al lido di Mortelle nacque il lido del Tirreno con la sua struttura centralizzata, poi altri lidi, sino ad arrivare al Ristorante Sporting di Alberto dove si mangiava ad un livello superiore e si poteva godere il panorama del mare ed un servizio di qualita'.



Nel corso degli anni il "rettilineo" di Mortelle crebbe, si crearono parcheggi coperti dalla vegetazione, che non erano mai sufficienti per i frequentatori dei vari locali ,e lato monte sorsero ville ed anche dei locali notturni con piste da ballo come il Green Skai (che tradotto, alla messinese, diventava Verde Finta Pelle) dove i giovani potevano riunirsi, divertirsi e passare le serate sino all'alba.



L'autobus era il mitico n.8 che faceva il giro dei laghi di Ganzirri e andava sia a Torre Faro che a Mortelle con tutti i finestrini aperti in quanto l'aria condizionata non c'era, ed era il mezzo di chi non aveva macchina o raggiungeva chi era andato prima a prendere il posto.



Con il passare degli anni Mortelle divenne non solo un punto di riferimento estivo ma anche un punto di ritrovo delle belle giornate primaverili dove gustare un gelato, o prendere un caffe', in quanto qualche locale era aperto per accogliere chi voleva farsi una passeggiata ed uscire dalla citta'.



Ma dopo maggio scoppiava il bum, si andava a vedere le novita', i cambi di gestione, i lavori per lanciare la nuova stagione, e si sceglieva se confermare lo stesso lido, la stessa cabina o cambiare, riannodare le amicizia che l'inverno aveva disperso e ricreare i gruppi per trascorrere la nuova estate, alla grande, a seconda dei propri impegni.



In un complesso, che si poteva a ragione vantare di essere uno dei primi del Mezzogiorno d'Italia, con un albergo a 4 stelle con aria condizionata e ristorante, con la possibilita' di scegliere tra 600 cabine, piscine e scuola di nuoto, scuola di sci nautico, possibilita' di tuffi, altalena, giochi di societa', bigliardino e Ping-pong.



Boutique, diversi Bar tavole calde e ristoranti, Luna park, Night Club, stazione di servizio, collegamenti autobus privati oltre quelli pubblici, con Messina, ma soprattutto acqua pulita, e bella compagnia e tante iniziative di intrattenimento.



Purtroppo con il trascorrere degli anni questo complesso si e' sfaldato, molti si sono comprati le seconde case cambiando spiagge, la qualita' offerta e scaduta, anche lo Sporting ha cambiato gestione e poi ha chiuso.



L'albergo Lido di Mortelle ha chiuso ed e' stato messo in vendita, e lidi storici hanno dovuto accettare il mordi e fuggi e i bagnanti sono approdati su nuovi lidi a Torre Faro e verso Casa Bianca, Acqua Ladrone, la litoranea a Pace, e poi i centri come Villafranca e Rometta sono cresciuti ed e' sorta Falcone.



La decadenza si e' fatta sentire la qualita' dell'offerta e' scaduta ed il rifiuto e' stato logico, anche per il cambiamento dei gusti ed il venir meno dei locali notturni che si sono trasferiti sulla litoranea, a Grotte, diventando pizzerie e Bar con ballo nella tarda serata.



Il mutare dei gusti dei giovani, abituati in citta' e Pab, Bar con aperitivi, pizzerie, ha fatto si che anche in estate si sono trasferiti sulla riviera per Ganzirri, Mortelle e' decaduta in quanto non ha modificato l'offerta.



Si spera che la riattivazione dell'Albergo possa rilanciare tutta la zona con nuove iniziative e nuovo slancio in quanto vi e' spazio sufficiente per rinnovare anche il "Rettilineo".



Cosa ci si aspetta dopo questo periodo nero? Un rilancio con nuovi imprenditori, giovani, che creano nuove iniziative che facendo perno su sole e mare rilanciano l'economia balneare ma non solo, anche turismo ed intrattenimento, fatto in modo diverso tale da attrarre oltre ai giovani anche le famiglie ed i forestieri.



Non esistono piu' le ferie lunghe come una volta, luglio ed agosto, oggi ci si deve accontentare, per la maggioranza delle persone, di quindici giorni ad agosto o per pochi a settembre e quindi l'imprenditore deve creare un intrattenimento che cambia e sia mirato ad attrarre il turista le cui risorse economiche sono limitate.



Vanno creati momenti di relax anche per pensionati, o vip, per chi, puo' scegliere il periodo di ferie, ma dispone di mezzi limitati o vuole cambiare modo di fare ferie e quindi creare iniziative mirate anche in periodi di bassa stagione, pero' sempre attraenti e variegate.



Va rinnovata l'offerta, con una idonea indagine di mercato, per fare si che i locali si adattino alle esigenze delle persone, essendo il mare ed il sole e la spiaggia rimaste le stesse ma che vanno inseriti in pacchetti innovativi adeguate ai tempi.



Vedere un paio di chilometri di stabilimenti balneari inutilizzati, dove prima, in primavera ed estate vi era vita e girava una buona economia, lasciati in stato di abbandono e vedere operatori economici, nel periodo estivo, spostarsi a Rometta, Spadafora e' un sintomo negativo.



Sperare che degli operatori economici, che vengono da fuori, a fare ripartire quello che prima era una zona viva, non e' bello anche se riparte non porta affari per la citta' ma solo sfruttamento ed un lavoro effimero che si ferma al primo incidente.



Le immagini, che sono a corredo, dicono come questo "rettilineo" pulsava e dava una spinta attiva all'economia ed al relax dei messinesi che sono come sempre capaci di distruggere quello che funziona.



Speriamo che si riparta in questa estate, che si rilancino queste strutture e che arrivi gente con nuove idee ed impieghi proficuamente i mezzi a disposizione.






A cura di Franco Spadaro ; Impaginazione di Andrea Lanzafame







21/02/2021

U GILANTI CA GILANTISSA
"I MITICI PROGENITORI I MISSINA!"




Attingendo a "Vecchia, cara Messina", il libro dove, a Cura dell'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, di Messina, essendo commissario straordinario Massimo Mollica, nel 1975 sono stati raccolti scritti di Pasquale Salvadore, ho trovato per parlarvi dei Giganti Mata e Grifone, su cui lui si sofferma in un articolo pubblicato sul il Giornale d'Italia del 12 agosto 1953.



Giordano Corsi che ha curato la raccolta dei testi, ci riporta questo articolo scritto a ridosso del Ferragosto 1953 e parlando dei Mitici Progenitori , Salvadore dice: Gli scrittori, dai primi analisti agli eterni amatori di storia patria, si sono sbizzarriti per dare un significato storico ai due colossi simulacri, che indubbiamente simboleggiano i fondatori di Messina.



Si fanno dei nomi che risalgono alla Bibbia o alla mitologia: Cam, Saturno, Zanclo, Grifone pel Gigante, per la sua consorte Rea, Cibele, Mata. Nulla di strano invece, che i buoni messinesi del secolo decimosesto, -secolo spregiudicato che rispolverava il passato, dando alla luce il Rinascimento — abbia voluto rivendicare una non disprezzabile consanguineita' con i forti e civili invasori cartaginesi ed arabi, ritenendoli africani, dal luogo di provenienza, donde le sembianze camitiche del nostro maschio progenitore. (Anche Madonne e Santi venivano talvolta effigiate in nero da disinvolti artisti che disdegnavano sottigliezze etnografiche).



Mata, resa al mondo al pari di Eva con qualche ritardo, rappresenta l'elemento femminile indigeno e pur vestendo alla guerriera e impugnando la lancia, stringe un mazzo di fiori e ostenta un neo sulla gota: civettuolo ripiego per far distrarre lo sguardo dalle sue massicce rotondita'.



Delle due statue originali, nate in un tempo antico (uno dei tre medaglioni che il gigante porta sul petto e' giudicato del secolo XIII) i terremoti e le guerre non ci hanno lasciato che la testa di Grifone e parte del torace. Dell'opera di Martino Montanini di Firenze, e di Andrea Calamecca di Carrara, (Calamec) modellatori del Gigante e di santi; Siracusa messinese rifacitore di Mata distrutta una prima volta nel disastro sismico del 1783, i bombardamenti recenti e la colpevole incuria di certuni, dispersero ogni segno.



Gli attuali simulacri sorsero per la fatica febbrile fatica di un valente e volenteroso artista, il professore Michele Amoroso, che nello spazio di poche settimane, nel luglio 1951 esegui', sulla traccia di vecchi documenti, le immagini dei nostri mitici antenati.



Cosi' Pasquale Salvadore nel suo scritto ma non dobbiamo dimenticare che i Giganti hanno sofferto altra distruzione nel terremoto del 1908 e che solo nel 1926 per l'impegno della Citta' e per le ricerche di Gaetano La Corte Cailler l'Agosto Messinese riprese e i Giganti ripresero a girare per Messina, Citta' Risorta, con un misto di nuove costruzioni in c.a. e baracche.



Mata e Grifone come, sulla fine del settecento, vennero "battezzati" dal buon popolo messinese, i fondatori di Messina ed i geni tutelari della stessa per come scrisse il Pitre'. Il popolo orgoglioso dei suoi colossi se ne ride delle varie genealogie e delle disquisizioni piu' o meno archeologico — araldiche. Per esso il gigante rappresenta l'elemento straniero venuto a fondare Messina e nel villaggio Camaro ebbe a trovare la sposa.......



La Gigantessa venne rifatta completamente dopo il terremoto del 1783 essendo andata distrutta la precedente ma quella di Grifone e' certamente quella realizzata nella seconda meta' del secolo XVI quando la costrui' Martino Montanino, fiorentino 1560 con la testa e le braccia mobili, nel 1581 venne tutta fissata e forse rifatta su disegno di Andrea Calamecca da Carrara. Probabilmente sara' la sola testa opera del Calamecca, e non tutta la statua come asserisce il Samperi.



Dopo il terremoto del 1908, solo nel 1926 le statue furono rifatte e uscirono per il ferragosto, Grifone con la testa realizzata in legno vuoto si presenta con una folta barba nera, forse ispirata a Giove dei musei Vaticani, e sembra ispirare forza e maesta' come la giudico' il Samperi ed artisticamente bella, come disse il Pitre'. La testa e' scoperta e per antica tradizione porta una corona di foglie di lauro, non ha corona perche' il gigante non rappresenta un sovrano ma un guerriero che conquista un regno rappresentato da Mata.



Bella ed artistica la corazza sormontata dai tre medaglioni, forti le braccia e lo scudo tondo, dove e' rappresentato l'antico stemma di Messina: il castello con tre Torri su sfondo verde, tutto in nero, ben modellata la spada con la punta leggermente ricurva e l'elsa scolpita con una testa di leone. Nella mano destra porta una mazza di ferro, la nota antica arma dei guerrieri. Il cavallo rifatto ispirandosi a quello antico, di colore chiaro e' ricoperto da una ricca gualdrappa di colore rosso ornata da ricchi galloni in oro. Uguale il Cavallo della Gigantessa ma di colore scuro, con gualdrappa chiara riccamente ricamata.



Mata nella ricostruzione post Terremoto e' un donnone, che non si e' mai visto uguale, scrive il Pitre', con una faccia da luna piena, anzi una luna piena Gigantesca, di un incarnato chiaro, veste da guerriera, e sul capo con i capelli tirati indietro, porta una corona di fiori, e la corona con le Tre Torri, stemma di Messina, con un ampio mantello che le scende sulle spalle. Sorridente, un mazzo di fiori, nella sinistra, e sulla destra impugna la lancia, e sul suo viso di nota l'immancabile neo che il quell'epoca era di moda.



Dopo il terremoto del 1908 i mitici giganti, dice il Pitre', sono conservati in un magazzino di Via San Giacomo, a destra della Cattedrale, e vi stanno dodici lunghi mesi. Questo magazzino, anzi tutto il fabbricato, secondo i discorsi fatti dalla gente "minuta", e' di loro proprieta', il Municipio, ai tempi dei tempi, si impossesso' delle rendite dei Giganti, e deve provvedere alle spese loro necessarie, dimora, rinnovamento parziale dei costumi, restauro delle figure, e via discorrendo. Ma il Municipio, dopo essersi impadronito delle rendite della bella "camarese" spende appena poche lire in questi restauri e lo scorso anno lesinava poche centinaia di lire ai facchini che dovevano trascinare i Giganti per la citta' e si finiva col rinunciare al trasporto di essi.



Va precisato che fino a pochi decenni fa le statue erano portate a braccia, sollevate con dei legni, ed appoggiate, alle fermate su dei piedi. Oggi noi li vediamo carrellati su ruote e trascinati o da musici o da mezzi meccanici. Allora, giovani forti, sollevavano le stanghe e li portavano per le vie cittadine al rullo dei tamburi e la gente si affacciava dalle finestre o scendeva in strada festante.



Dice ancora il Pitre' che un forestiero imprudente, per volere fare dello spirito, chiese "oh che cosa date da mangiare a queste statue?" le statue per bocca di un facchino risposero "Polenta"!



Terminata la festa del ferragosto saranno provvisoriamente conservati in attesa che il Municipio realizzi un deposito definitivo per salvaguardarli dalle intemperie. Nel primo dopoguerra (seconda guerra mondiale) i Giganti ebbero un alloggio provvisorio in Via Primo Settembre, palazzo Ina , nello slargo prospiciente il porto, un luogo coperto, ma totalmente aperto da due lati ancora oggi esistente, proprieta' privata presa in locazione dal Comune, sempre a titolo provvisorio.



Ovvio, se siamo nel 1926, in citta' si realizzano case per i terremotati e vi sono baracche, in legno, dove vive moltissima gente.



Ovvio, siamo nel 2021 (quasi un secolo dopo) in citta' si realizzano case per eliminare le baracche e i Giganti ancora attendono una dimora congrua, dopo che il deposito sulla via Catania, e' stato molte volte aggiustato in attesa di un luogo definitivo, piu' volte progettato ma mai realizzato!!! e sempre ipotizzato.
Si intende che le baracche odierne, sono in muratura, non sono quelle in legno del terremoto, ma realizzate negli anni 70-80, in una notte, per avere poi la casa popolare!!



Da progenitori, attenti, sono cosi' abili da seguire i loro concittadini anche nelle traversie della vita quotidiana!!! Nei primi tempi il deposito di via Catania copriva a stento i Giganti, i mastodontici cavalli, nella parte posteriore, erano esposte alle intemperie, oggi tetto in coibentato e resto in plastica sono al coperto, sempre in via provvisoria per undici mesi e mezzo ogni anno, quindici giorni sono rimaneggiati e vanno in giro: prima sempre coi musici ed i balli, da qualche anno pezzi di percorso con accompagnamento musicale, altri da soli, quasi in incognito!, per motivi di sicurezza.
Deve osservarsi, poi, che i cavalli vengono talvolta colorati all'incontrario Mata grigio/nero e Grifone Grigio chiaro o Marrone, a seconda della pittura e di chi dirige i lavori, mentre dovrebbero essere Bianco/grigio chiaro per Mata e grigio scuro/antracite per Grifone, ma non essendo codificali sono alla libera interpretazione.
Va ricordato, a titolo di cronaca, che la fortezza Rocca Guelfonia viene detta anche "Mata e Grifone" per ricordare i progenitori, ma se viene cambiata la congiunzione, come accade, diviene Mata IL Grifone, dove Mata discende dallo spagnolo "matare" uccidere ed il Grifone sta per "greco", uccidere il greco, nel senso di ladrone. Si vede come nel tempo possono cambiare i significati delle frasi!
A cura di Franco Spadaro foto a cura di Andrea Lanzafame








28/01/2021

VECCHIA, CARA MESSINA

"GRAN MIRCI' A MISSINA"




Nel cancello in ferro battuto di Palazzo Zanca, il Municipio di Messina, risalta in oro la scritta "GRAN MIRCI' A MISSINA" e lo stemma di Messina: uno scudo con al centro una croce. Ma sia la scritta che lo stemma hanno una storia che risale al "407 di Cristo" oggi diremmo dopo Cristo, piu' di milleseicento anni fa. Lo stemma precedente di Messina era un castello con tre torri su sfondo verde.



Molti sconoscono i fatti e la storia, passano, guardano, dicono Ma! E vanno avanti, sconoscendo il perché di quella scritta! Ho ritrovato nella mia libreria un volume edito nel 1975 dalla Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Messina, essendo Commissario Massimo Mollica, che si intitola VECCHIA, CARA MESSINA, con sottotitolo "Vicende di Messina nei Secoli" una raccolta di articoli di Pasquale Salvatore, curata da Giordano Corsi, che ha operato una scelta di scritti pubblicati per il Salvatore tra il 1945 ed il 1976 (postumi) sui giornali di Messina o in raccolte come questo libro.
Pasquale Salvatore nato a Messina nel 1885 muore a Messina nel 1958, scampa al terremoto del 1908 trovandosi a Milano dove ha vinto un concorso nell'amm.ne delle PP.TT., ritorna a Messina stabilmente nel 1920 per occuparsi di storia patria e scrivere sui giornali messinesi.



Proprio per notiziarvi della storia del "GRAN MIRCI' A MISSINA" ho scelto un suo articolo, redatto con precisione storica, e pubblicato sul "Notiziario di Messina del 27 febbraio 1945", e' tratto dal Volume Vecchia, Cara Messina. Vista la premessa dell'articolo la sconoscenza non ha eta'. Spero di potere, prossimamente, scrivere su altri eventi storici di Messina.



GRAN MIRCI'.

Questo motto si legge sui cancelli del Municipio. Molti giovani si chiedono cosa significhi. Eccone la spiegazione.

407 DI CRISTO

L'Impero romano comincia ad incrinarsi sotto la pressione dei Barbari. Teodosio ha gia' fatto del suo meglio per rafforzare l'autorita' statale all'interno ed all'esterno; ha fermato Unni e Visigoti; morendo, ha assegnato il vasto territorio ai suoi due figli Onorio ed Arcadio, dando al primo l'Occidente, e al secondo l'Oriente. Ma tutto cio' non risolve la crisi, Onorio, infatti, con poco suo onore, lascia devastare, dalle orde barbariche, le Gallie, l'Iberia e l'Italia; Arcadio, un po' piu' animoso, deve fronteggiare le ribellioni dei Bulgari, installati dalla Sciria nalla Mesia, e guardarsi dalle congiure di palazzo, ordite da suo nipote Costanzo, che vorrebbe dargli lo sgambetto e usurpare il trono.



***


Nel marzo del 407 i Bulgari, capitanati da un certo Assariele e spalleggiati da un Catillo, comandante degli Arcadi (probabilmente legionari romani, i quali usavano talvolta prendere l'appellativo dell' imperatore cui servivano) si sollevano e pongono l'assedio a Tessalonica, l'odierna Salonicco.
L'imperatore esce da Costantinopoli, e marcia sulla citta' minacciata. Dopo un riposo di alcuni giorni, si accinge all'attacco incuorando prima le sue truppe con un fervorino patriottico.
Catillo, alla sua volta, e' piu' esplicito con i suoi uomini: o vincere o perdere liberta', avvenire, mogli e figliuoli. E, perche' nessuno venga in mente di cercare uno scampo, sottraendosi alla battaglia, ordina che vengano disarmate le navi, con le quali, corseggiando per l'Egeo, aveva terrorizzato l'Arcipelago e messa Costantinopoli nell'impossibilita' di ricevere aiuti dalla Grecia.
La battaglia si protrasse per tutta una giornata (12 aprile). I Tessalonicesi tentarono una sortita per unirsi con i soldati dell'imperatore; ma Catillo e Assariele ebbero il sopravvento, tanto che Arcadio, con la sua cavalleria, fu costrtto a rifuggiarsi in Tessalonica.
Ricomincia l'assedio, piu' serrato; e, per gli assediati, si profila lo spettro della fame e delle epidemie. Costantinopoli sarebbe stata in dovere di spedire rinforzi e vettovaglie; ma Costanzo badava ad altro: non solo non agiva, ma trattava segretamente con i ribelli, vagheggiando la morte dello zio per succedergli nell'impero.
Arcadio intanto manda angosciosi messaggi in Tracia e in Grecia: ma senza frutto. Pensa allora di fare appello all'Occidente: Taranto, Brindisi,i popoli della Puglia, i Veneti. Taranto, ricevuta la richiesta di aiuto, incarica la stessa nave messaggera di rivolgersi a Messina (dove il piu' famoso arsenale del Mediterraneo ritrovavasi).
Ma la Sicilia aveva da pensare ai casi suoi, vessata, com'era dalle incursioni dei Goti, Avari, Vandali, Saraceni. Cio' non ostante lo Stratigo' Metrodoro, riunito in Messina il Consiglio, decise di portare aiuto a Cesare. Arma, a proprie spese quattro navi; due le offre Aristide, cavaliere messinese, prefetto imperiale di Val di Enna; sette la Citta', tre Siracusa, una Reggio e una carica di frumento, Trapani la fedelissima di Messina.
Le diciotto navi fanno vela per Taranto, dove credono di trovare una flotta gia' pronta e unirsi con esse. Invece cola' si opera con scandalosa lentezza, da far sospettare qualche intesa con la quinta colonna di Costanzo. Temendo un aperto tradimento, Metrodoro sciolse le vele e volge le prore verso l'Oriente. Durante il tragitto, incontra ancora cinque navi Messinesi, alcune cariche di granaglie, e se le aggrega.



***


Davanti a Tessalonica, fra le navi di Catillo e quelle di Messina, si accese una furibonda battaglia, che duro' nove ore: le acque rosseggiarono per il sangue. Catillo e molti dei suoi uccisi, la vittoria arrise a Metodoro che opero' subito sbarco. Assariele, con i Bulgari, preso in mezzo dai Messinesi e dai Tessalonicesi che sortivano dalla citta', venne sopraffatto: cadde quasi con tutti i suoi uomini, dei quali pochi superstiti, in catena, vennero tratti davanti ad Arcadio.
L'imperatore, a tanto successo, rimase come trasognato, e non articolo' parola. Due giorni dopo, chiamato Metrodoro e i notabili messinesi che lo accompagnavano, rese grazie per se' e per il suo popolo, e li assicuro' che la sua riconoscenza avrebbe eguagliato il loro merito.
Dopo il ritorno a Costantinopoli, sulla capitana messinese e, dopo essersi sbarazzato dell'infido nipote, incarcerandolo con i suoi partigiani, Arcadio riunì i magnati della corte e il popolo.
Alla loro presenza, elesse Messina citta' principale dell'impero, col titolo di Protometropoli, la esento' da ogni gravame fiscale, come gia' avevano fatto i Romani, durante le guerre puniche; e infine, tra i tanti privilegi, consegnato allo Stratigo' un vessillo con la croce in campo rosso, statui' che le armi imperiali divenissero segnacolo anche della nostra citta'. Tale insegna, da allora, sostitui' l'antico stemma civico del castello turrito in campo verde. Sul campanile di S. Sofia, volle pure Arcadio che, a durevole ricordo fosse scolpita l'arma imperiale, col motto (Gran merce' a Messina) (assai, grazie, molta merce' a Messina), in greco idioma Polle' charris te Messene.



***


Testimonianze di quanto si e' narrato, a dovizia: una settantina di scrittori, Ne citero' alcuni:il Bolognetto, nei (Consigli) (in Venezia, 1575), il Samperi, il Reina, Pomponio Leto, Francesco Maurolico, Mario Giurba,ecc,. nonche' quei due arcigni storici Falcando e Fazello, tanto poco teneri nei riguardi di Messina, i quali, sia pure a denti stretti, accettano la verita'.
Anche nell'antico Monastero del Salvatore (dove ora sorge la Madonnina del porto) conservasi un manoscritto su pergamena, in caratteri greci, intitolato Praxis ton Basileon, dove lo storico avvenimento era narrato nei piu' minimi particolari.



***


Dal 407 fino allo scadere dell'Evo Medio, le galee della nostra Citta' (signora del Mediterraneo e dei commerci, quando ancora le Repubbliche marinare della Penisola erano un sogno) incontrando navigli di altri paesi, ricevevano, dopo i segnali d'uso, un singolare omaggio. Dalle tolde, dalle sartie, le ciurme straniere levavano, nel silenzio del mare, un lieto clamore: era il saluto della voce:
Gran Mirci a Missina!
(Notiziario di Messina 27 febbraio 1945)


A cura di Franco Spadaro, foto di Andrea Lanzafame

P.S.
Commentare la storia, i personaggi che illustravano Messina non e' compito nostro, ma sorge spontaneo un paragone tra la Messina dei nostri avi e quella odierna dove l'appellativo di Buddace sembra assegnato con lode.
Noi che abbiamo dato manforte ad un impero, ed il grazie di un Imperatore si fa notare in tutto il Mediterraneo, mentre oggi ....... La cronaca la leggiamo tutti.








16/01/2021

Natale e Capo D'Anno sono trascorsi ...

Buon Natale e Buon Anno.


Le festivita' 2020/2021, ritengo, siano state diverse per tutti, dalle precedenti festivita': ai domiciliari con coprifuoco annesso, distanziati e mascherina!!!
Ma non ostante la diversita' e' trascorso: bene o male, chi in salute e chi no, riposando o lavorando, chi da solo chi in compagnia, chi in allegria chi in monotonia, ce stato chi ha cercato di trascorrerlo organizzandosi come ha potuto, qualcuno ha voluto a tutti i costi strafare, ma tutto sommato sono trascorse e la laboriosa Befana ha spazzato tutto.
Qui a Messina l'Amministrazione Comunale, non ostante la situazione, ha voluto creare un clima di serenita', favorendo un sistema di luminarie abbastanza originale e bello. Un grazie va sia agli Assessori Comunali al ramo, che alle imprese che hanno sponsorizzato gli addobbi ed ovviamente a chi li ha ideati e realizzati...
Cominciando da Palazzo Zanca la cui facciata e' stata illuminata con prospetti modificati piu' volte, per non essere monotoni, bello a mio modesto avviso quello con gli Abeti semplice ma originale, (unica critica fondata quella dei pelosetti a quattro zampe che li hanno ritenuti alti per i loro bisogni) ma anche le altre scenografie erano molto positive e molto semplici, di fronte, la torre del Palazzo ex Littorio, oggi Catasto, con una bella immagine della Nativita' con bei colori ottimamente resi era molto bella.
Ma bastava fare pochi passi e si poteva ammirare la facciata della Cattedrale, con il suo Campanile Astronomico, ornato con un favoloso sfondo azzurro ed un tappeto di stelle, motivo molto apprezzato e piaciuto anche fuori da Messina. Alzando gli occhi ecco Montalto ben armonizzata con proiezioni di immagini.
Semplice, ma abbastanza bella, anche l'illuminazione dell'Universita' degli Studi, la facciata e' stata sottolineata con un una creazione di luci che ne mettevano in risalto i particolari architettonici illuminando anche la piazza.
E come dicono gli inglesi, ultima ma non la meno importante: Piazza Cairoli con un buon albero e delle interessanti illuminazioni, ed una buona coreografia con abbondanza di colori. Sempre piacevole vedere marciante il vecchio numero 8 dell'ATM, gia' SATIS, soprattutto ottimamente utilizzato come sede di un complesso e di due bravissime cantanti che hanno realizzato in duetto un filmato "Ma che Natale e' Auguri alla citta' di Messina", una canzoncina semplice ma molto bella e ottimamente eseguito, accompagnate da un bravo complesso, con due giovani coriste ben incappottate, in una sera illuminata nella Piazza sfavillante.
Ma nella loro semplicita' anche le altre Piazze e slarghi sono stati illuminati per dare un segnale di festa sparso per la Citta'.
Le principali vie sono state anche addobbate con luci e luminarie, per sottolineare, che non ostante tutto, e' un periodo diverso che viene una volta l'anno e va reso vivo e se anche la tradizionale Messa di mezzanotte e' stata anticipata, gli orologi possono essere spostati.
Ma alla Amministrazione Comunale, alle societa' municipalizzate, si sono aggiunti non molti ma numerosi esercenti che non hanno voluto tralasciare la tradizione di addobbare i negozi e il tratto di via prospiciente il proprio esercizio o la facciata dello stesso per dare un segnale di continuita' di vita e le vetrine per attirare il pubblico.
Ma non ostante gli inviti, i sequestri, i divieti, i messinesi hanno brindato sperando che il nuovo anno fosse migliore del vecchio, facile perche' l'anno che usciva proprio di buono non aveva nulla e quindi facile sperare nel nuovo.
Ma a quanto sembra dall'inizio di questo nuovo anno il vecchio detto e' attuale "Cu campa di speranza disperatu mori".
A mezzanotte fuochi d'artificio come se si fosse a mezzo agosto e i poveri animali domestici a soffrire per gli spari, ma tutti impegnati in brindisi, "gli umani", anche senza comitive corpose, ma divisi per nuclei familiari.
Grazie ad aiuti vari molti hanno potuto trascorrere queste feste mangiando e non in ristrettezze e limitazioni particolari tranne che ha avuto problemi di salute.
In Citta', insomma le festivita' sono trascorse tra discussioni e disservizi, per far vedere, che non ostante le feste, la vita procedeva senza fermarsi e che molte volte vi era solo un addobbo esterno, di fronte a radicate situazioni che non si fermano neanche davanti alle feste, ma anzi, forse si accentuano, per l'inerzia di una classe politica regionale e nazionale ignava e della inetta dirigenza di molti enti ed Aziende.
Speriamo di esserci il prossimo anno in salute e potere dire che era solo per affermare che il 2020 era "Anno Bisesto anno Funesto" sempre disturbando il sonno dei nostri Avi.
A cura di Franco Spadaro







27/08/2020

LA RICOSTRUZIONE DI MESSINA

1914/1943

TRA DUE GUERRE





Nella ricostruzione di Messina, dopo il terremoto del 1908, hanno influito varie circostanze, alcune interne, altre esterne. Una fu il terremoto di San Francisco (1906) in USA con la citta gia in fase ricostruzione; il piano regolatore dell'ing. L. Borzi approvato con RD.31-12-1911 tanto criticato, ma utile nella ricostruzione, ispirato a San Francisco, ma il vero costruttore fu il c.a., cemento armato, esso fu indubbiamente l'arma vincente per fare rinascere Messina. Costruire con il ferro avvolto dal cemento ha fatto rinascere la citta consentendo costruzioni antisismiche, anche se limitate in altezza, che hanno resistito a diverse scosse nel corso degli anni e a centinaia di bombe anglo-americane.



In questo scritto vogliamo parlare degli edifici costruiti a Messina dalla Grande Guerra alla Seconda Guerra Mondiale che hanno dato un sua fisionomia a questa città, che poi e stata parzialmente stravolta con sopraelevazioni e demolizioni negli anni 70,ma che, non ostante l'impegno messo, gli speculatori non sono riusciti a fare troppi danni.



Muovendoci per Messina suddivideremo le edificazioni secondo l'uso: Edifici pubblici, Servizi pubblici, Servizi economici, Intrattenimento, Edilizia Privata, Edifici Scolastici, Edifici di Culto, Strutture Militari, varie.



Alla fine, con il poco rimasto dopo il terremoto, e non demolito, Messina e tutto sommato una bella citta, messinesi esclusi, i suoi abitanti non sono amanti della citta se non a parole, e quindi ogni uno tira al proprio interesse, se ne frega della citta.



Iniziamo con il primo edificio pubblico a servizio dei cittadini: nel 1911 non accettando l'ordine del Presidente del Consiglio che obbligava a dare tutti i contributi raccolti pro Messina al Governo, il Piemonte fece progettare e costruire l'Ospedale Piemonte in quanto i malati ed i feriti erano ancora in tenda, si attendeva per realizzare una struttura fissa, tra l'11 e l'anno successivo venne finito l'ospedale, oggi su Viale Europa, che ha subito centinaia di interventi di ripristino ma sostanzialmente e ancora funzionante .



Nel 1912 venne iniziato il palazzo della Prefettura che venne inaugurato il 15-10-1920 su progetto dell'architetto Cesare Bazzani; sorge su parte dell'area della chiesa di S.Giovanni di Malta, distrutta dal terremoto, edificio funzionale e prospiciente la piazza Unita d'Italia, dove nel 1935 venne spostata, a richiesta dell'allora Prefetto, la fontana del Nettuno del Montorsoli (l'originale al Museo regionale) prima sul lungo porto.



Proseguendo sul corso Cavour incontriamo piazza Antonello, diagonalmente si affacciano due edifici pubblici il retro della sede Municipale e del Palazzo della Provincia, oggi Citta Metropolitana, in uno ad altri due edifici di servizi pubblici il palazzo delle Poste, oggi uffici dell'Università e la Galleria Vittorio Emanuele III sede dell'SGES e ENEL poi, oggi luogo di aggregazione.



Il Municipio, palazzo Zanca, dal nome dell'ingegnere progettista il palermitano Antonio Zanca. Inaugurato il 26-07-1924dopo un lungo periodo di costruzione, dopo anche delle incomprensioni con il progettista per questioni economiche; con sculture del Bonfiglio, edificato dove vi era la Camera di Commercio, dopo che il Municipio pre terremoto, che brucio per tre giorni e venne spento dai Vigili del fuoco di Malta, fu demolito con la dinamite "perche gravemente danneggiato" era prospiciente il porto.(oggi palazzo ex Littorio)



Con reperti archeologici scoperti nel cortile centrale quando si scavo per fare un nuovo corpo di fabbrica, oggi Antiquarium; il Municipio e prospiciente Piazza Unione Europea, dove negli anni 50 veniva realizzato, nel corso dell'Agosto Messinese, il Teatro dei dodicimila.



Il palazzo della Provincia Regionale oggi Citta Metropolitana, detto Palazzo dei Leoni per due leoni marmorei posizionati all'ingresso, prospiciente Corso Cavour, e piazza Antonello edificato su progetto dell'architetto A Giunta ed inaugurato nel 1919 con un aspetto classicheggiante e con un ampio salone degli specchi.



Su via Tommaso Cannizzaro si erge mastodontico li Palazzo di Giustizia con la sua quadrica, realizzato su progetto dell'Architetto Piacentini, inaugurato il 28-10-1928 ha sculture di A. Bonfiglio, A. Dazzi, E Drei, stile romanico imperiale, con ampi spazi interni, dove prima del terremoto sorgeva il Grande Ospedale Civico che ando distrutto nell'evento sismico.



Durante dei lavori per nuovi locali per accessori e stata scoperta, sotto il palazzo, una necropoli, che e stata spostata, il palazzo di fatto ha un piano seminterrato coperto per fare emergere solo due piani, che oggi e stato in larga parte reso agibile, sormontato da una quadrica in bronzo, che ha generato il detto messinese "ti pottu ai quattru cavaddi".



Di fronte, sempre su via Cannizzaro, sorge l'Universita Degli Studi oggi diciamo la centrale, Il Rettorato e alcuni uffici, in quanto le facolta, la maggior parte, sono decentrate in complessi autonomi in contrada Papardo ed Annunziata e gli uffici in palazzi acquistati direttamente di cui parleremo a parte. Vi sono anche, sparsi per la citta, L'istituto D'giene, l'ex facolta di Magistero oggi Scienza dell'educazione, Istituti di Medicina, ed altri.



Ancora vi e il palazzo Del Corpo delle Foreste dell'Azienda Demaniale Forestale e dell'Azienda Regionale, e dell'Ispettorato Regionale un edificio Semplice che riunisce questi uffici, con le proprie dipendenze ubicate anche sui Colli San Rizzo.



Altra serie di edifici che sorgono per servizi pubblici, Ex Intendenza di Finanza, ubicata in Via Mons. D'Arrigo opera dell'Architetto M. Cannizzaro inaugurato il 22-04-1922 edificato a palazzine con artistici raccordi oggi dismesso, e in parte in uso al RIS dei Carabinieri.



Ospizio Cappellini su viale Regina Elena fondato nel 1791 come Convitto della "Bona Gente", ricostruito come Ospizio, dopo il terremoto, ed inaugurato il 16-04-1932, su progetto dell'Architetto A. Giunta, durante la Seconda Guerra fu utilizzato per decentrare gli uffici della Prefettura, con il contiguo Rifugio Antiaereo. Oggi e Utilizzato come sede del Liceo Scientifico "Archimede". F016



Sul Viale della Liberta, vi e il Regio Convitto Dante Alighieri utilizzato per anni come istituto scolastico, oggi invece utilizzato dal Comune per uffici decentrati. Nel suo interno un ampio cortile, as uso per anni come cinema estivo all'aperto "Giardino Corallo".



A Piazza Antonello si affacciano altri due edifici per servizi pubblici, oltre quelli gia trattati cime uffici pubblici, uno e il Palazzo delle Poste e Telegrafo, un massiccio edificio soprelevato, inaugurato nel 1919 su progetto dell'Architetto V. Marioni , con uno splendido cortile quadrato alberato, ben tenuto, il palazzo e stato dismesso dalle Poste e venduto all'Universita di Messina che ha realizzato uffici e segreterie amm.ve lasciandolo intatto nel suo aspetto anche dopo un certo restauro interno.



Altro immobile prospiciente piazza Antonello e la Galleria Vittorio Emanuele III un edificio con una galleria a vetri simile, anche se piu piccola, alla Galleria di Milano, con uscite anche su via della Munizione e su via Oratorio della Pace, inaugurata il 13-08-1929, costruita su progetto dell'Architetto C. Puglisi- Allegra, realizzata per la SGES Societa Generale Elettrica per la Sicilia e poi passata all'ENEL, oggi dismesso.



Vi sono molti appartamenti privati, molto belli, la parte centrale della galleria e aperta al pubblico ed ha locali pubblici e negozi, e rappresenta un punto di aggregazione molto importante per la Citta. La Galleria fu costruita in parte dalla Societa PACE ed in parte dalla ditta Tricomi e Siracusano.



Alla fine della Via Primo Settembre vi e piazza Stazione gia Piazza Roma, con la Stazione Centrale e la Stazione Marittima; la linea Messina Catania fu inaugurata il 24-06-1866 mentre quella per Palermo dopo il 1895; la stazione ricostruita dopo il terremoto, fu demolita e riedificata nel 1938 prima con la realizzazione di nuove invasature e la marittima.



Messa in funzione nel 1939, ed inaugurata nel ottobre 1941. Realizzata su progetto dell'architetto Mazzoni si sviluppa in un unicum tra marittima e centrale. E stata realizzata dalla societa PACE con marmi siciliani



La Stazione marittima ha un grandissimo salone a primo piano, con uno splendido e lungo mosaico realizzato dal Cascella, che si affaccia sulle invasature e con vista sul porto e sui resti della Real Cittadella, serviva prima, ai passeggeri, per raggiungere con passerelle in ferro, oggi eliminate, le navi traghetto.



Alla fine della Stazione centrale vi e il Cavalcavia, un lungo viadotto che scavalca tutti i binari della stazione e collega la Via Tommaso Cannizzaro con la Via Don Blasco e via S. Raineri, realizzato verso il 1939, dalla Ditta Tricomi e Siracusano senza sospendere il funzionamento della stazione, svolge un importante collegamento viario, oggi e stato affiancato da un ampio parcheggio di interscambio.



Altro edificio per servizi pubblici sorge in via dei Mille, e il Genio Civile edificio molto semplice con due villette sui due lati fu progettato dall'ingegnere Castrogiovanni ed inaugurato il10-04-1917.E' stato ben sopraelevato.



Importanti per la vita della citta, sono i palazzi adibiti a Servizi Economici. La Fiera di Messina per anni campionaria internazionale che e stata fatta sparire per portare avanti quella di Palermo e di Bari. Realizzata nell'ex giardino a mare, Chalet e li ubicata dal 1938,con al suo interno oltre i padiglioni espositivi, alcune splendide fontane del 1700; l'ingresso rifatto piu volte, bello quello dell'architetto Rovigo, l'attuale non e molto artistico.





Oggi dismessa, sono in corso importanti lavori di ristrutturazione da parte dell'Autorita Marittima. All'ingresso vi sono i locali "dell'ex Irrera a mare" che erano molto importanti per le manifestazioni dell'Agosto Messinese e per la vita della città.



Edificio importante per l'Economia r il palazzo del Banco di Sicilia sito al centro della cortina del porto o "sogno della nuova palazzata", ad angolo tra via Garibaldi e via Primo Settembre, realizzato su progetto dell'architetto V. Vinci ed inaugurato il 06-08-1936, con una sua struttura ad arco copre l'angolo del porto, il suo tesoro e i suoi sotterranei sono sotto il livello del mare. L'edificio fu realizzato dalla Società PACE.



Altro edificio lungo via primo settembre e prospiciente il porto e il palazzo dell'I.N.A Istituto Nazionale delle Assicurazioni, che ospita una serie di Negozi prospicienti via Primo Settembre, costruito verso la fine degli anni 30, ha una mini galleria che e prospicente il porto con cui comunica, in cui furono allocati anche i Giganti.



Poco oltre vi e il palazzo della Dogana, realizzato su progetto dell'architetto G. Lo Cascio ed inaugurato 08-11-1914, inglobando la tettoia in ghisa preesistente al terremoto e danneggiata. Il palazzo sorge dove vi era, prima del terremoto del 1793, il Palazzo Reale e nella sua semplicita mostra uno stile elegante e robusto.



Su piazza Cavallotti sorge il palazzo della Banca D'Italia, realizzata su progetto dell'architetto Coboli Gigli, inaugurata il 07-11-1924, struttura funzionale con ampio salone e il suo tesoro, purtroppo la sede di Messina della Banca d'Italia e stata trasferita da alcuni anni a Catania ed il palazzo e stato acquistato recentemente dall'Università degli Studi di Messina per fare ulteriori uffici e servizi.



Sempre su piazza Cavallotti sorge La Camera di Commercio Industria ed Artigianato, prima Palazzo dell'Economia, realizzata su progetto dell'Architetto C. Puglisi-Allegra, e sopraelevata dallo stesso architetto, nel dopo guerra, oltre che riparata dai danni dei bombardamenti, un caso dove la sopraelevazione, fu realizzata dall'architetto progettista, e inserita perfettamente senza alterare la struttura. Conserva pregevoli opere del Bonfiglio ed un ampio salone della Borsa con porticato e ballatoio superiore, e saloni Minori a primo piano. L'edificio fu realizzato dalla Società PACE.



Sul Viale S. Martino basso sorge, all'angolo con la via Primo Settembre, il palazzo della Banca Commerciale Italiana realizzato su progetto dell'Architetto P. Interdonato, inaugurato 05-11-1924, un palazzo sobrio ma funzionale e ben fatto.



A piazza Cairoli sorge il palazzo del Credito Italiano, già Banca Nazionale di Credito, palazzo demolito e ricostruito, oggi sede Unicredit, e nel complesso un palazzo anonimo sede di diversi negozi e di uffici.



Sulla via Garibaldi, all'angolo con la Via Primo Settembre, sorge il palazzo del Banco di Roma, realizzato negli anni trenta , razionale e funzionale, oggi dismesso, in attesa di un acquirente che e difficile trovare.



Sempre sulla via Garibaldi vi e il palazzo della ex Cassa di Risparmio V.E. per le Provincie Siciliane, assorbito poi dal Banco Di Sicilia, un palazzo inaugurato il 21-07-1929 su progetto degli architetti Basile e Malandrino, sorto su rovine di palazzi antichi, con al lato la chiesa di Santa Maria degli Alemanni. Il palazzo, dismesso, ora di proprieta Unicredit, in cerca di acquirente, ha un ampio salone ed e molto bello e funzionale per lo scopo per cui fu progettato, con ammesso un monte dei pegni oggi chiuso.



Un aspetto importante per Messina viene dalle opere realizzate per intrattenimento. Primo, tra tutti i Teatri. Il Vittorio Emanuele, unico rimasto fruibile, anche se danneggiato, dopo il terremoto, rimaneggiato, ricostruito e stato ridotto dagli interventi succedutesi negli anni ad un teatro molto piu piccolo dell'originale nel suo interno. Sul retro la Sala Laudamo, una struttura limitata per esecuzioni, di gruppi, o di musicisti, con funzioni sussidiarie al teatro.



Teatro o cine teatro Peloro, ex Impero in via dei Mille angolo Tommaso Cannizzaro, un grandioso teatro edificato negli anni trenta con oltre 1500 posti in diversi ordini di palchi, con tetto apribile, ha ospitato le maggiori compagnie di Varieta, di Prosa prima e del dopoguerra. Nei primi anni sessanta fu demolito per realizzare il palazzo anonimo delle Assicurazioni Toro, uffici, negozi ed appartamenti.



Il Cine Teatro Savoia in Via 27 Luglio, altro teatro famoso, inaugurato il 27 02 1930 realizzato su progetto dell'architetto V. Salvadori con il tetto scorrevole e i palchi per il pubblico, resistette sino agli anni settanta quando fu demolito per realizzare un edificio per abitazioni e negozi; al primo piano vi era una sala da 100 posti detto il "Ridottissimo" per riunioni e conferenze o cabaret.





Vi erano poi diversi cinema ve ne elenco alcuni: Cine Apollo, Cine Aurora già Italia, Cine Excelsior, Cine Garden, Cine Lux, Cine Metropol, Cine Nuovo Odeon, Cine Olimpia, Cine Quirinetta, Cine Teatro Savio, Cine Trinacria con giardino estivo; Tranne l'Apollo gli altri o non esistono piu o sono stati trasformati per altre attivita.



Un argomento a parte e l'edilizia privata. I privati riuniti in cooperative o con fondi statali e propri hanno ricostruito insieme allo Stato o a Enti la citta chiamando a progettare o a dirigere i lavori ingegneri o architetti di chiara fama nazionali.



A Messina abbiamo diversi palazzi progettati dal Coppede e da altri Architetti della sua scuola, veramente molto belli, qualcuno, non ostante tutto, e stato demolito per realizzare anonimi palazzi.



Solo per citarne qualcuno Il collegio S. Ignazio a Piazza Cairoli del padri Gesuiti costruito negli anni trenta su progetto dell'architetto Zanca con richiami di stile normanno, dove ha studiato una parte della gioventu messinese e che inglobava l'artistica chiesa di Santa Maria della Scala, demolito nel 1974, dopo la vendita per realizzare il palazzo della Standa, per pagare, si disse, i debiti fatti in altre citta dai Padri Gesuiti.



Palazzo dei Talamoni e delle Cariatidi via Garibaldi, piazza Fulci, un palazzo degli anni trenta per civile abitazione, a due elevazioni, con i balconi sostenuti da talamoni e cariatidi in pietra, realizzato in continuazione con la chiesa di Santa Caterina, fu demolito negli anni settanta per realizzare un anonimo palazzo per civili abitazioni.



Il palazzo all'angolo tra la via Primo Settembre e via Garibaldi di fronte al palazzo Arcivescovile, realizzato negli anni trenta sede dell'Emporio Vinci, che vendeva articoli casalinghi ed arredamento, demolito negli anni sessanta per realizzare un palazzo per negozi ed uffici.



Di fronte vi e il Palazzo Arcivescovile inaugurato il 16-08-30 su progetto dell'architetto Fleres, un palazzo semplice e funzionale che accoglieva anche il seminario voluto dall'Arcivescovo Mons. Paino; oggi parte e locato alla Biblioteca Regionale.



Su via Garibaldi vi e il palazzo ex Littorio, oggi Liberta, che sorge sull'area del Municipio danneggiato dal terremoto e distrutto con la dinamite, opera degli Architetti Viola e Samona ed inaugurato il 28-10-1939.



Guardando delle foto del palazzo alcuni vedono una colomba con le ali chiuse e posata in terra. Oggi palazzo del Catasto



Su Via Garibaldi vi sono Diversi palazzi del Coppedè oltre ad altri sul corso Cavour attribuiti anche alla sua scuola.



Va aggiunto il palazzo del Liceo-ginnasio Maurolico su via Cavour realizzato su progetto dell'architetto P. Interdonato inaugurato il 28-10-1932, dato il dislivello del terreno un piano fu interrato e si vede solo qualche locale adibito a Biblioteca, nel 1936 fu utilizzato per la prima fiera di Messina, prima del trasferimento nei locali di Viale della Liberta allora Principe Amedeo. In alcuni locali, prospicienti via della Zecca per anni ebbe sede l'Istituto Antonello. A lato ai locali del Maurolico per anni vi fu un campo scoperto di Pallacanestro dove venivano giocate partite giovanili.



In Via Oratorio della Pace sorge il Liceo Ginnasio G. La Farina realizzato su progetto dell'Architetto Falchetti ed inaugurato il 28-10-1937, edificio molto razionale ed elegante. In Via S. Agostino sorge il liceo scientifico Seguenza in un anonimo edificio di proprieta della Provincia Regionale, alle spalle della sede della stessa, costruzione prebellica, senza pregi artistici.



In via La Farina sorge invece L'Istituto Tecnico Nautico Caio Duilio, inaugurato il 10-01-1928 e realizzato su progetto dell'ingegnere S. Cutrufelli, edifico soprelevato con ampio cortile e locali semi interrati.



In Via C. Battisti accanto all'Universita sorge l'Istituto Tecnico Commerciale A. M. Jaci, realizzato negli anni 30, ha ospitato per anni l'Istituto per geometri Minutoli, sino a quando questi ebbe un proprio Istituto, nella zona di Gazzi Fucile.



Sempre sulla via C. Battisti vi e La Casa dello Studente "Domus Mea" un edifici sopraelevato ed oggi fornito di mensa e cucine dell'Opera Universitaria, inaugurata il 28-10-1933 opera dell'architetto Salvadori.



Realizzata dove prima del Terremoto sorgeva il Convento della Maddalena e nel cortile vi era il pozzo detto dei Camiciotti dove si gettarono, nel 1848, i patrioti messinesi per sfuggire alle sevizie delle forze Borboniche del Gen. Filangieri. Il pozzo, rinvenuto durante i lavori di costruzione dell'edificio, fu coperto senza lasciare tracce.



Altro edificio scolastico dalle vicende particolari, e l'Istituto Industriale Verona Trento, ricostruito in baracca dopo il terremoto con i fondi raccolti in queste due città di cui porta il nome, fu distrutto dai bombardamenti Anglo Americani del 1943 e successivamente ricostruito.



Delle 150 chiese esistenti prima del terremoto ne sono state ricostruite solo alcune specialmente nel centro storico, ne elenco alcune tra quelle edificate ex novo: Duomo, Porto Salvo, Chiesa dei Marinai, San Giuliano, Santa Caterina, Chiesa del Carmine, S. Antonio Abate, Cristo Re, Madonna della Mercede, San Giovanni Decollato, San Giuseppe, San. Salvatore, Montalto, Pompei, ecc. Antiche pre terremoto, A. Rita (San Paolino), S. Elia, San Giovanni di Malta, Ringo (Porto Salvo), Catalani, San Francesco all'Immacolata.



Istituti Religiosi: Sant'Antonio Rogazionisti, Spirito Santo Figlie del Divino Zelo, S. Orsola, Salesiani: Domenico Savio e San Luigi, Don Orione Consolata, Ecc.



Messina prima del terremoto aveva diverse caserme ubicate molte in ex conventi confiscati dallo Stato. La maggior parte andata distrutta o gravemente danneggiata.



Dopo il terremoto si pensa di creare dei quartieri militari e salvo poche eccezioni i reparti furono acquartierati in queste nuove caserme realizzate in baracche.



Il record di resistenza in baracca spetta alla caserma dei Vigili del Fuoco che in Via Salandra sono rimasti in baracca sino agli anni sessanta quando venne edificata l'attuale caserma in muratura.



I reparti militari sono stati acquartierati in via degli Orti della Maddalena alle spalle del quartiere Avignone, dove prima sorsero le baracche e poi le palazzine per le caserme Crisafulli e Zuccarello, oltre che sul viale Europa l'Ospedale Militare di fronte all'Ospedale Piemonte.



In Via Taormina sorse la caserma Ainis sede del 24 Artiglieria, con campo per la corsa di cavalli ad ortacoli, ed in via del Vespro il Comando Brigata Aosta Inaugurato il 10-05-1925.



Dopo vari spostamenti i Carabinieri si trasferirono definitivamente nella Caserma Bonsignore in Via Mons. D'Arrigo -via Concezione, edificata su progetto dell'ing. A. Maresca ed inaugurata il 28-10-1932 sede del Comando Provinciale ed anche della divisione Culquaber.



La Guardia di Finanza ebbe la Caserma Cotugno in Via Tommaso Cannizzaro, via del Vespro realizzata su progetto dell'architetto Lo Cascio ed inaugurata il 10-05-1925. La sede precedente, andata distrutta nel Terremoto ed era locata ove oggi sorge il Museo Regionale, nel convento di San Salvatore dei Greci.



Sulla via Giordano Bruno sorgeva il Distretto Militare oggi dismesso.



Va espressamente sottolineato che a Messina vi e uno dei pochi Sacrari Militari esistenti in Italia, l'Unico Della Sicilia, voluto dall'allora Arcivescovo di Messina Mons. Angelo Paino, con una delle campane piu grandi d'Italia fusa con il bronzo dei cannoni catturati al nemico nella Prima Guerra Mondiale, (13.000 chili) il Sacrario di Cristo Re.



Il Sacrario, che custodisce le spoglie dei caduti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, fu realizzato sulle mura del Forte medievale Mata-Grifone, Roccaguelfonia, restaurando la torre poligonale su cui e stata posta la Campana, in un punto che domina la Citta. Realizzato su progetto dell'Architetto G.B. Milani benedetto il 28-10-1937.



All'interno una pregevole scultura del Bonfiglio che rappresenta la tomba del Milite Ignoto al centro della cripta



Un opera realizzata nel 1939, inaugurata il 19-11-1940 a Piazza Cairoli è la Stele Littoria, nata per celebrare il regime; dopo la caduta del regime e con l'occupazione della citta da parte degli Alleati, 17-08-1943, divenne ingombrante.



Il Governo militare Alleato, AMGOT, ne ordino l'abbattimento nel 1943. Era Stata realizzata in marmo siciliano con sculture apprezzabili.



Tra le chiese e stato volutamente omesso il Duomo e relativo campanile in quanto merita una trattazione a se stante, per la sua storia, insieme con la Madonnina del Porto, ed altri edifici dimenticati, poi ci fu la Seconda Guerra Mondiale e i bombardamenti . Ma questa e una storia a parte.



A Cura di Franco Spadaro , immagini della Collezione F. Spadaro.





UORA UORA RUAU U FERRY BOAT



Ovvero "du chiacchiri pi parrari di traghetti"



Attraversare lo Stretto di Messina è stato da sempre un grosso inghippo e se, ai tempi antichi, venne creato il mito di Scilla e Cariddi, per fare risaltare le difficoltà naturali come le correnti ed i gorghi, poi, col tempo, si sono accresciute le necessità, di transito, e solo quando, (forse mai), si realizzerà un collegamento stabile, (Ponte) saranno eliminati i problemi che, questo braccio di mare, di poco più di tre chilometri, porta alla Sicilia ed alla Calabria, regione confinante, ed all'Italia, anche se per il Nord, artatamente, questo problema non esiste.



La necessità che si è paventata, ed oggi è ancora di attualità, è dovere trasportare passeggeri, bagagli, merci, ed oggi mezzi gommati e treni da una sponda all'altra dello Stretto di Messina, e se sino al 1881 il passaggio dei passeggeri avveniva noleggiando delle barche a vela, che trasportavano passeggeri e bagagli o merci da quell'anno l'armatore Vincenzo Florio istituì una linea regolare di navigazione tra le due sponde, società sostituita nel 1887 dalla società di navigazione "La Calabria" di Villa San Giovanni, che adibì alla navigazione nello Stretto, due modeste unità: Villa e Calabria.



Divenuto insufficiente questo servizio, del problema si occupò il Parlamento Italiano che, solo nel 1892, approvò una legge (L.28/02/1892 n.75) per far si che venissero trasportati carri merci nello stretto per por fine allo scarico, trasbordo e ricarico dei carri ferroviari, oltre un servizio passeggeri. Fu però, con successiva legge (06- 08-1893 n.491) che si decretò la nascita dei Ferry Boat, già esistenti all'estero, per il trasporto congiunto di passeggeri e carri nello Stretto di Messina, e l'istituzione del porto di Villa San Giovanni per istradare i vagoni sulla linea Tirrenica appena sarebbe stata ultimata,(01/07/1895), nel frattempo saranno istradati via Reggio Calabria sulla linea Ionica già funzionante.



Il Governo aprì trattative per l'attraversamento dello Stretto e la società Sicula stipulò il relativo contratto in data 22-11-1893 che obbligava la società Sicula a trasportare tra Messina e Reggio Calabria vagoni merci, bagagliai e postali e su richiesta del governo carrozze viaggiatori e poi su Villa S Giovanni, non appena la linea Reggio Battipaglia fosse stata completata, oltre l'approdo di Villa, che era in costruzione, come complementare, quello di Villa, con la linea Eboli Reggio e quello di Messina della Patti Messina, completata nel 1895.



La Società Sicula affidò in subconcessione la linea Reggio Messina alla ditta "Battaglino e Siciliano" dal 01/01/1894 e in data 18/09/1894 ordinò al cantiere navale Odero di Sestri Ponente (GE) la realizzazione di due Ferry Boat con propulsione a ruote, con un binario centrale ed andatura reversibile con una lieve differenza di velocità tra marcia avanti ed indietro. Mentre procedevano i lavori per la realizzazione delle invasature i traghetti entrarono in servizio, anche se furono usati all'inizio come normali navi, il primo lo Scilla in data 02/08/1896 il secondo il Cariddi in data 05/12/1896.



Vennero effettuate le prove per trasportare materiale ferroviario e il 01/11/1899 il servizio diventò effettivo con Reggio Calabria e in attesa che fosse completato il porto di Villa San Giovanni e dal 01/08/1901 vennero traghettate anche due carrozze per treni di lusso Siracusa Roma. Intanto essendo aumentato il traffico ferroviario furono ordinati, dalla Sicula, altri due Ferry Boat, identici ai precedenti, che entrarono in servizio nel gennaio 1905 con i nomi di Calabria e Sicilia. Ultimata l'invasatura del porto di Villa San Giovanni nel febbraio 1905, vennero avviate le due direttrici di traffico sia verso la tirrenica che verso la ionica, il traffico, portò ben presto ad indicare la tirrenica come la direttrice principale per il continente.



Lo Stato ha assunto in data 01/07/1905 L'esercizio della rete ferroviaria italiana,(FS Ferrovie della Stato) la dirigenza del servizio dello Stretto divenne Ispettorato di Navigazione con sede a Messina alle dirette dipendenze della Direzione Generale dell'Azienda Ferroviaria. Da quel momento si assiste ad un continuo incremento del traffico e dei carri traghettati. Dal 01/04/1906 si ha il traghettamento delle carrozze CIWL ( Compagnia Internazionale dei Wagon-Lits) del treno Roma Palermo.



Nel 1906, viste le accresciute necessità del traghettamento, si mettono alla studio due nuovi Traghetti, che prenderanno i nomi di Reggio e Villa, di tipo diverso, con propulsione ad elica, e non più a ruota e con maggiore larghezza e lunghezza per portare otto carri o quattro carrozze a carrelli, e più veloci. Queste navi entreranno in servizio nel maggio 1910, la prima costruita dai cantiere Pattison di Napoli la seconda dal cantiere Orlando di Livorno.



Da quel momento in poi i Ferry Boat si integrano nel tessuto dello Stretto e seguiranno tutte le vicende storiche e umane di questo braccio di mare. Essendo diventato più agile e comodo viaggiare, tra Reggio, Villa, i paesi rivieraschi, e Messina, si sono formate aggregazioni, che prima erano rese difficili in quanto si potevano creare contatti solo tramite imbarcazioni ed erano subordinate alle condizioni meteomarine. Anche i commerci rifioriscono con scambi di piccolo cabotaggio e rapidamente il Ferry Boat diventa il principale mezzo di collegamento, non solo di trasporto, ma economico e sociale tra le due sponde, frequentato anche da studenti che accedono ad indirizzi scolastici, spesso assenti sulla costa calabra e da lavoratori pendolari.



Il terremoto del 28/12/1908 allenta questi rapporti, le invasature sono sconvolte, ma le navi non riportano danni rilevanti, anzi una è in navigazione quasi all'ingresso di Messina e vive il terremoto ed il maremoto in diretta.(la prima corsa in arrivo a Messina da Reggio) La vita, appena possibile, riprende e, riattate le linee ferroviarie e le invasature, si riprende a traghettare per dare un aiuto alle popolazioni colpite dal sisma. Lentamente si riparte e i Traghetti riprendono il loro ruolo e la loro funzione. Sullo Stretto ora viaggiano sei navi. Si creano, nella ricostruzione, nuove invasature a Messina e Villa e si modificano e modernizzano gli attracchi le infrastrutture ricostruite aiutano le città a rinascere.



Il 24/maggio/1915 l'Italia entra nella Grande Guerra, anche per i Ferry Boat inizia la guerra. Aumentano i pericoli, aumenta il traffico sia dei carri che dei passeggeri per le esigenze militari, due navi per alcuni periodi sono requisite (Calabria e Sicilia), la nave Sicilia affondò il 28/08/1917, si disse a causa di una mina, ma pare per un siluro di un sottomarino, vi furono numerose vittime tra l'equipaggio ed i passeggeri, la nave perduta fu sostituita da due piccoli piroscafi per il servizio passeggeri (Mergellina e Baia) il Mergellina fu silurato da un sottomarino nemico, ma si salvò, e riparato rientrò in servizio. Dovette essere sospeso per un periodo il servizio notturno dei traghetti per pericolo di mine sganciate spesso da sottomarini.



Durante la guerra si progettò di costruire un traghetto, per sostituire quello affondato, ma la mancanza di disponibilità di materiale ferroso, fece rinviare la realizzazione, che fu fatta nel dopo guerra con un progetto simile a quello della Reggio. Si progettò, anche, una evoluzione: un ferry boat con tre binari per il traffico dei carri merci, con motori diesel e capacità di 21 carri, ebbe il nome di Messina e fu realizzato nei cantieri dell'arsenale Militare di Taranto, mentre quello simile alla Reggio, che prese il nome di Scilla II, fu costruito nel cantiere di Castellamare di Stabia. Il Messina entrò in servizio nel novembre 1924.



Sullo Stretto negli anni venti vi era una flotta eterogenea e nel 1923 venne messa in disarmo la Cariddi e nel 1927 la Calabria entrambe a propulsione a ruota. Sullo Stretto si determinò una situazione di carenza di navi:4 con propulsione a vapore ed un solo binario, una a propulsione diesel e tre binari per carri merci. La situazione era seria nei periodi di punta delle campagne agrumarie e delle primizie dove le navi erano insufficienti a soddisfare le richieste di trasportare carri merci. Nel 1928 si iniziò a studiare e progettare due nuove navi con almeno tre binari e deviatoi interni per imbarcare treni interi di 14 carrozze a carrelli.



Le due navi con propulsione diesel-elettrici (dette elettronavi) presero il nome di Scilla III e Cariddi II e furono commissionate la prima ai Cantieri Federati di Pietra Ligure e la seconda ai Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Trieste, la Scilla fu presentata a Messina il 28/10/1931 ed entrò in servizio il 23/6/1932 mentre il Cariddi il 29/10/ dello stesso anno. La Scilla II, ad un binario, prese il nome di Aspromonte e fu rimodernata con un nuovo apparato motore a vapore. Le invasature vennero rimodernate e a Messina fu realizzata una terza invasatura. Sullo stretto vi erano sei navi, anche se eterogenee, che potevano trasportare circa 500 carri al giorno.



Il Messina iniziò a trasportare anche passeggeri con sistemazioni arrangiate, per i messinesi, la sua struttura laterale a pali, gli meritò l'appellativo benevolo "U Jaddinaru". Con l'entrata in servizio delle elettronavi il traffico si normalizzò, anche se si ricorse a navi private per il traffico passeggeri con Reggio. (Ditta la Cava) Furono fatti grandi lavori a Messina con la nuova stazione marittima come completamento della stazione Centrale e pure a Reggio e Villa nei fabbricati passeggeri.



Ma venne la guerra, la Seconda Guerra Mondiale e i traghetti la vissero questa volta da protagonisti. Vennero militarizzati, l'Aspromonte, requisita con tutto l'equipaggio dal 08/06/1942, fu affondata a cannonate a Capo Bon il 02/12/1942, la Scilla fu affondata nell'invasatura a Messina il 09/05/1943 per bombardamento aereo, come la Reggio il 25/05/1943. Il Cariddi fu autoaffondato, in quanto in avaria, innanzi alla rada Paradiso a Messina con cariche esplosive, e si capovolse (16/08/1943) il Villa fu auto affondata a Villa San Giovanni, nella prima invasatura il 17/08/1943, l'unica che si salvò fu il Messina che era a Taranto, presso l'Arsenale Militare, per riparazioni.



Dopo l'occupazione della Sicilia 16/08/1943 da parte degli Alleati, i traghettamenti cessarono per gli ingenti danni alle infrastrutture e per mancanza di Ferry Boat, solo nell'aprile 1944, otto mesi dopo l'armistizio, gli Alleati restituirono alle ferrovie il Messina che riprese il servizio, anche se con interruzioni e limitazioni, con Reggio Calabria per un utilizzo parziale della linea ferroviaria Ionica. Nel servizio passeggeri fu affiancata da una piccola nave la Nesazio che faceva anche servizio con le Eolie.



Si tentò di ripartire ma si dovettero recuperare le navi ed aggiustarle, con carenze di materiali ed i bacini di carenaggio di Messina e Palermo in mano degli alleati, in ogni caso in data 14/7/1944 fu recuperato lo scafo del Villa e fu riparato alla meglio ed entrò in servizio il 01/7/1945, le operazioni di recupero per la Reggio si conclusero il 27/02/1945 e riattata alla meglio entrò in servizio il 31/10/1946 mentre la Scilla recuperata il 20/07/1945 venne ricostruita nei cantieri di Castellamare di Stabia e rientrò in servizio il 02/02/1948.



Nel corso della guerra le ferrovie avevano progettato di costruire due navi tipo Scilla con propulsione diesel, e due più piccole tipo Messina per trasporto carri merci. Alla fine della guerra venne annullato il progetto delle navi più grandi e si costruirono le tipo Messina però modificate, con scafo più largo, sistemazione per il trasporto passeggeri e modifiche alle poppe per entrare a Messina nella quarta invasatura di poppa per scarico mezzi. La propulsione fu diesel con nuovi motori.



Le navi entrarono in servizio la prima nel maggio 1948 con il nome di Aspromonte (poi Secondo Aspromonte) e la seconda Mongibello nel gennaio 1949. Il Messina che aveva "tirato" per oltre 5 anni fu inviato ai Cantieri Riuniti di Palermo per revisione ammodernamento e realizzazione di nuove sovrastrutture per servizio passeggeri tornò nel dicembre 1949 mentre la Reggio, ancora di tipo antico con unico binario, fu disarmata nell'ottobre 1950. Come nave di riserva venne rimodernata la Villa portando a due i binari e sostituendo il motore con un apparato diesel e modificata la poppa per imbarco automezzi.



Un discorso a parte merita il Cariddi, auto affondato capovolto a Pace (ME) il suo recupero diede filo da torcere per le correnti e dopo un tentativo di recupero fallito solo nella primavera 1949 fu possibile con dei cilindri sollevarlo capovolto e portarlo nel bacino di carenaggio di Messina, dove, riparate le falle, fu possibile girarlo con l'impiego di un bacino galleggiante giunto a Messina per altri lavori. Portato a Riva Trigoso fu tagliato in due tronconi e gli fu inserito una sezione di 11 metri( la lunghezza di una carrozza ferroviaria ) portando la capacità di carico a 36 carri e fu modificato lo scafo per diventare a quattro binari, oltre una piattaforma anteriore per l'imbarco di auto con rampe che stavano per essere realizzate a Messina ed a Villa.



Sostituiti i motori diesel, il Cariddi Tornò a Messina il 27/11/1953 ed entrò in servizio il 30 dicembre successivo simboleggiando la fine della ricostruzione del dopoguerra. Una curiosità nella ricostruzione si aggiunse, nel tratto inserito, un secondo fumaiolo posticcio, che fu utilizzato come ufficio del Comandante.



Quando al mattino a Messina si vedeva più persone camminare quasi in gruppo verso Piazza Cairoli alla gente veniva spontaneo dire "uora uora ruau u ferry boat" per indicare uno sbarco di gruppo. Altro modo di dire messinese, quando una persone tentava di prendere in giro un altro, raccontando una frottola, e questi non cascava nel detto, per far capire che non era uno sprovveduto, toccandosi la fronte diceva "acca chi c'è scrittu Sale e Tabacchi" facendo riferimento alle insegne in uso in Italia dove il sale era monopolio di Stato e si comprava nei tabacchini, cosa per noi strana.



Infatti, in vero nelle insegne dei tabacchini in Italia, vi era al dicitura "Sale, Tabacchi e Chinino di Stato" essendo generi di monopolio, in Sicilia il sale era in libero commercio essendo la Sicilia produttore sia di sale marino (saline, sino al 1700 ne esisteva una anche nella zona falcata a Messina), che sale gemma (minerale, miniere in provincia di Agrigento). Ma vi è di più, e qui si parla di Ferry Boat, avveniva il contrabbando del sale a mezzo dei traghetti, in quanto le donne dei paesi calabri, ogni mattina, erano use portare il pescato dei loro mariti della notte, in grandi cesti di vimini, sulla testa, nelle primissime corse dei traghetti del mattino, per venderlo a Messina, con camicette chiare, scialli neri e gonne apie nere con molte sottane.



Venduto il pesce ritornavano, si diceva per prassi, a Bagnara Calabra (da qui il termine Bagnarote) e passando nella via La Farina compravano il sale, in pacchi da chilo a poche lire (10 o 15 lire a pacco) lo nascondevano nelle sottogonne e facevano rientro a casa con il traghetto. Il sale veniva usato molto per la conservazione del pesce (specialmente pesce azzurro) nei "cugnetti", vasi di terracotta o di legno, che poi erano venduti per il consumo. Il Italia nei tabacchini veniva venduto il sale, a prezzo di molto superiore a quello praticato il Sicilia, ed era semi raffinato.



Addirittura, per contrastare il contrabbando del sale, negli anni 50 vennero inviati a Messina, da ogni Legione della Guardia di Finanza, un sotto ufficiale per impinguare l'organico e fronteggiare il fenomeno.



Bisogna aspettare il 03/06/1960 per avere una nuova nave traghetto la Reggio (II) costruita a Riva Trigoso, capacità 34 carri, 50 autovetture e 1800 passeggeri. Fu potenziato il Messina nel 1957 e modificato il Cariddi nella pianta binari per accogliere le vetture più moderne. Nel 1964 il 13 luglio entrò in linea la San Francesco di Paola simile alla Reggio con qualche aggiornamento.



Il 01/03/1965 il servizio passeggeri per Reggio fu incrementato dall'entrata in servizio degli Aliscafi SNAV; mentre dal marzo 1966 iniziò il servizio la Caronte e poi Caronte -Turist Ferry Boat con le proprie navi per Villa San Giovanni per trasportare il gommato. Nello stretto entrano in servizio il 01/10/1969 la Iginia ed 13/04/1970 la Sibari queste erano unità gemelle con capacità di 15 carrozze o 43 carri o 7 elettromotrici nei binari centrali, Il famoso Rapido Peloritano che a Messina si divideva: metà per Palermo e metà per Catania e Siracusa.



Il 23/12/1973 entrò in servizio una nuova unità a 4 binari uguale alle gemelle Iginia e Sibari: la Rosalia, mentre furono impostate due Bidirezionali, tutto ponte, per il gommato, che entrarono in servizio: l'Agata il 20/12/1973 e la Pace il 05/8/74 su cui furono poi istallati impianti anti incendio a polvere per traghettare camion con merci pericolose. Furono poi, dismesse e vendute la Villa nel 1974 e la Scilla nel 1976. Le più antiche Cariddi, Secondo Aspromonte e Mongibello furono aggiornate negli impianti motore da usarsi come riserva o per il gommato.



Qualche unità come la San Francesco di Paola fu utilizzata negli anni 70 sulla rotta Sarda. Il servizio passeggeri per Reggio Calabria fu espletato da una piccola unità, acquistata usata, L'Edra che si poteva ormeggiare senza impegnare invasature mentre venne soppresso, per Reggio, il trasporto carri perché antieconomico. Il Messina venne posto in disarmo nel 1981. Nel luglio 1983 entrò in servizio la nuova bidirezionale Riace con ponte a binari, tre binari, per trasportare, avendo idoneo impianto antincendio, anche ferro cisterne per liquidi infiammabili, o GPL, oltre che TIR.



Nel Giugno 1985 entrarono in servizio la Villa II e la Scilla IV, con caratteristiche migliorate rispetto alla Iginia, ed idonee a navigare sulla rotta sarda, dove venivano inviate spesso, nell'ottobre 1988 entrò in servizio la Bidirezionale Fata Morgana identica alla Riace; nel 1989 venne alienata la Reggio, già in disarmo da un paio d'anni. Nel Febbraio 1990 venne posta in disarmo il Mongibello e venne alienato nel dicembre 1990.



Il Cariddi, disarmato nel novembre 1991, venne ceduto all'Amministrazione Provinciale di Messina che intendeva trasformarlo in museo. L'unità fu richiesta da una fondazione Americana che voleva trasformarlo in museo galleggiante quale unica unità esistente, a propulsione diesel- elettrica- ma non venne ceduta. Rimasto per molti anni in giro per varie banchine del porto di Messina, spogliato di arredi, fu poi trasferito, per mancanza di mezzi della Provincia Regionale, vicino agli imbarcaderi della Caronte dove si è inabissato in un basso fondale con la poppa, con il nome, che emerge a fior d'acqua, da oltre 15 anni. Furono fatte diverse proposte, ma per mancanza di mezzi, non si è fatto nulla e pare che la soluzione che si è scelto, di restare immerso per la seconda volta, fa comodo a tutti, che resti dove si trova. Diversi arredi, divenuti cimeli, tolti in tempo come le scialuppe (sono all'Arsenale Militare) la campana (è all'Istituto Nautico Caio Duilio ) altri pezzi sono in una sala (del forte San Salvatore alla Difesa).



Ad una ad una le navi andarono fuori servizio in quanto il traffico ferroviario sullo Stretto è andato a diminuire, un solo treno merci al giorno e con non molti carri e un paio di treni notte cuccette per Milano e Roma. Chi vuole va a Villa San Giovanni e può prendere gli espressi per il continente in quanto l'alta velocità si ferma a Salerno. Sette anni fa è entrata in servizio una nuova nave cui fu richiesto di dare nome Messina II, entrata in servizio nel 2013.



Dopo avere ospitato le ultime navi della rotta sarda, anche essa dismessa, con i terminali di Civitavecchia smontati, mentre a Olbia resta uno scalo dove attracca, ogni tanto, una nave che parte da Messina se deve trasportare qualche treno particolare. Dopo la Logudoro, e Gennargentu ospiti a Messina, quest'ultima messa in disarmo mentre la Logudoro è stata sottoposta a lavori, abbastanza dispendiosi per operare sullo Stretto di Messina ed oggi è ferma per azioni giudiziarie impiantate con sequestro. Vi sono in servizio, a turno, la Villa, e la Scilla che risalgono al 1985, le bidirezionali (Riace e Fata Morgana) ed una terza l'Enotria entrata in servizio nel 2002.



E' arrivata una nuova nave, che è stata costruita all'estero (Grecia), la Trinacria entrata in servizio nel 2019 e si parla sempre di più di dismettere, o cedere tutto a privati, sono state smontate le rape create per l'imbarco delle autovetture, che ora imbarcano dalla invasatura di testa non essendovi navi con ponte auto alto .ma solo le bidirezionali.



Il gommato pesante, parte, quando non è insabbiato, dal porto di Tremestieri e partirà dal realizzando nuovo porto sempre di Tremestieri,(Messina) se e quando sarà finito, si parla già di oltre un anno di ritardo nella realizzazione, e se sarà idoneo alle necessità dei trasporti, scirocco e levante permettendo.



Diminuito il numero dei treni, di fatto ridotto a lumicino, il traffico merci, un solo treno al giorno, spesso con pochi carri, (ricordo quando vi erano due treni merci interi, oltre il ritorno, e spesso un altro, al giorno, solo per la Fiat di Termini Imerese,) oggi tutti i prodotti agricoli viaggiano sul gommato, e tutto quello che si produce va spedito con Tir, ed anche parte del traffico passeggeri, per tutta l’Italia sia lato tirrenico che adriatico, viaggia con gli autobus notturni GT, o con gli aerei da Catania e Palermo (Comiso è boicottato) ed anche per l'estero, i bus fanno servizio, per Svizzera, Germania, Polonia.



Si parla ciclicamente di Ponte, opera che avrebbe come immediato effetto portare l'alta velocità in Sicilia, intanto si comincia a realizzare tratti di raddoppio, tra mille difficoltà e opposizioni, da Messina a Catania e Palermo, ora tra Palermo e Catania e dopo con Messina, per accelerare i trasporti su rotaia, ma i traghetti con il loro fascino e oltre un ora di tempo necessario al passaggio dello Stretto, restano testimoni storici, di un'epoca, iniziata oltre 120 anni orsono, ed ancora per molto, di attualità anche se la scritta "Ferrovie dello Stato" è sparita dalle fiancate.





A cura di Franco Spadaro testo e larga parte delle immagini.










La Circonvallazione di Messina


Una strada, nata deserta,

oggi super Trafficata


Qualcuno oggi direbbe "Meno male che c'è sta strada" e grazie a chi l'ha realizzata.

Guardando foto anni trenta questo muraglione in pietra a mezza collina, che sovrasta Messina, sembra una fascia chiara che cinge la fronte, piena di capelli, di una giovane.



Prima che tutte le colline di Messina fossero edificate e che solo qualche squarcio del muro di contenimento della Circonvallazione restasse scoperto, per ricordare come fu realizzata negli anni 30, si vedeva questa strada nuova, con le sue curve che cingevano le colline a mezza altezza, seguendone il ritondare delle sue rotondità e le valli dei torrenti che scendono dai Peloritani per arrivare a mare.

Seguendo, con continui saliscendi, l'alternarsi di tratti a mezza costa e le valli che si susseguono e che servivano per raccordarla con le strade che costeggiavano i torrenti, per attraversare queste vie d'acqua, oggi nella quasi totalità coperti, con ponti, e che molti, oggi, ritengono strade e non coperture di torrenti.



La sua lunghezza è di circa otto chilometri e va dal Viale Europa, ponte Zaera (Torrente Camaro) al viale Annunziata, viale della Libertà (torrente Annunziata) con una continuità che è solo spezzata dalla Toponomastica, in quanto è divisa in quattro tronchi, dai nomi ad essa attribuiti.

Da Sud a Nord Viale Italia, già Vittorio Emanuele III, da Viale Europa, Torrente Camaro, a Via Tommaso Cannizzaro - Gravitelli Torrente Portalegni; Viale Principe Umberto, dal Torrente Portalegni al Torrente Boccetta Via San Francesco D'Assisi; Viale Regina Elena, Dal Torrente Boccetta, Ospizio Cappellini, alla Via Palermo, località Dazio; Viale Regina Elena dalla via Palermo al Torrente Annunziata ,Viale della Libertà.



La strada è stata contornata, per la maggior parte, con pini che non potati sono cresciuti a dismisura, e molti sono stati abbattuti dal vento, oltre a creare dei dossi, con le radici, rendendo pericoloso il traffico veicolare, ed i marciapiedi, obbligando il Comune a interventi di sistemazione stradale e delle piante.

Quando fu realizzata la strada venne imposto il divieto di edificare a meno di metri dieci da ambo i lati del manto stradale escluso il piano terra, creando così una fascia di terrazze che davano respiro alla strada, una quindicina di anni fa questo divieto è stato sceleratamente rimosso, ed ora le nuove costruzione sono addossate alla strada, per favorire la speculazione edilizia, e togliere vincoli utili alla collettività.



La Circonvallazione ha in ogni tratta almeno una strada di collegamento con le vie della Città per consentire sia l'accesso che il deflusso, e negli anni 60 è stata di fatto prolungata con la "Strada Panoramica dello Stretto", a cui è raccordata con una rotatoria, sino a Ganzirri.

Sulla Circonvallazione sorgono diverse chiese ed istituti, a pochi metri quella di Santa Marta, quella di san Camillo, vicinissima quella di Montalto, sul Colle della Capperrina, Il Sacrario Militare di Cristo Re, con innanzi l'unico Belvedere che sovrasta il Porto, la Chiesa di Pompei, Istituto san Tommaso e Istituto San Luigi, La chiesa della Madonna di Lourdes, la chiesa di San Domenico, la chiesa di Sant'Elena.



Sorge poi Osservatorio Meteorologico Militare sul colle dell’Andria, e vi è la Villetta Prudente che sovrasta Piazza Castronovo e vista sulla Via Garibaldi, sono ubicate anche diverse Cliniche private, e poi L'Orto Botanico; sotto la Circonvallazione c'è il ricovero Santa Marta e quello delle Carceri sotto Cristo Re.



Non si contano, poi, i palazzi che sono sorti a monte ed a valle della strada, tanto che ormai si può dire che è tutta edificata. Quando fu realizzata la strada fu necessario creare un arco nelle mura di Carlo V° ed ancora oggi questo reperto storico, che circonda il Sacrario di Cristo Re, che è stato eretto sul forte "Matagrifone" è forato in modo grossolano, e consente il traffico veicolare dell'Arteria.



Purtroppo, la strada, quando fu progettata si fermo al Torrente Camaro ed al ponte Zaera in quanto di seguito vi erano opere che venivano considerate extra urbane come il Carcere "Carrubara" l'Ospedale Piemonte, l'Ospedale Militare ed il Cimitero oltre il rilevato ferroviario che arrivava al Ponte sul Torrente Camaro e quindi non fu ritenuto proseguire nella strada di Circonvallazione.



Concludendo una strada che ha circa una novantina di anni, risistemata negli anni cinquanta, che serve moltissimo la città ed è stata in essa inglobata, tanto da diventare una via di comunicazione essenziale, anche per il collegamento con tre degli svincoli della tangenziale (Centro, Boccetta, Giostra) e svolgere un compito vitale nella viabilità di Messina.
A cura di Franco Spadaro










MESSINA IN VETRINA



Storie di vita e di Commercio


E' stata data alle stampe la seconda edizione del libro "Messina in Vetrina", (Storie di Vita e di Commercio) la prima di oltre 10 anni fa, era stata una edizione non molto diffusa, anche se metteva in risalto, con foto d'epoca e coeve, le imprese commerciali di Messina dal 1950 al duemila.



Gli autori, editori, dilettanti, ma appassionati più dei professionisti, sono Placido Cardile, Domenico De Pasquale e Guido Campo, dei buoni amici, che hanno chiesto, a tutti i loro conoscenti, foto di Messina e delle attività commerciali per fare una panoramica dei negozi ed uno spaccato di vita della nostra città, che in questo settore è molto cambiata, soprattutto con la sparizione di tantissime attività meno conosciute e meno famose di altre che vengono indicate come emblema di un cambiamento, per me non certo positivo, coprendo il libro un periodo dagli anni 1950, quasi ai nostri giorni.



Infatti se tutti ricordano la chiusura del Bar Irrera sia a Piazza Cairoli che in Fiera con l'Irrera a Mare; la Rosticceria Salumeria Nunnari per i suoi arancini e la sua produzione di rosticceria; la quasi totalità dei Cinema di Messina e la totalità dei cine-teatri, a questi vanno aggiunti centinaia di attività di ogni genere e settore che hanno abbassato le saracinesche e tranne poche che hanno cambiato gestione lasciando l'insegna o dando l'attività ai figli, assistiamo ad un allineamento di locali vuoti o ad un cambiamento massiccio di attività, con ingresso di negozianti Cinesi in numero sempre crescente.



Il libro, che contiene circa un migliaio di foto e cartoline, semi sconosciute o inedite, sia a piena pagina che a più vedute, con didascalie che illustrano l'attività ritratta, l'ubicazione, ed un breve commento, oltre a delucitazioni, spesso indispensabili al lettore meno anziano, o che abitava in altra zona di Messina e non era abituato a girare per la città o per negozi ubicati in vie non centrali.



La trattazione spazia da Minissale a Mortelle, sia orizzontalmente che perpendicolarmente facendo vedere zone ancora non edificate come piazza Stazione, piazza Roma, palazzo ex Piccolo; o distrutte dalla speculazione edilizia come il Collegio S. Ignazio dei Padri Gesuiti a Piazza Cairoli o il palazzo dei Talamoni Corso Garibaldi piazza Fulci, o il Teatro Peloro in Via Tommaso Cannizzaro, Palazzo del Toro, solo per portare qualche esempio.



Cercando nel volume, poi, si trovano immagini interessanti come la foto della presenza di Enrico Mattei all'inaugurazione di un rifornimento di benzina Agip poco prima di Granatari; le discoteche dell'epoca come "El Toulà" con Caterina Caselli; una bella immagine della Vara alla svolta del Banco di Sicilia su un carrello ferroviario trainato da una trattrice Breda nell'anno della contestazione per l'asfaltatura della Via Garibaldi; foto di macellerie addobbati con maiali ed altre leccornie in strada, negli anni del dopoguerra, che la gente guarda come simbolo del cambiamento, e negozi di salumeria con la merce appesa fuori.



Ancora personaggi oggi scomparsi che con i figli posano dinanzi ai propri esercizi commerciali, strade in "basolato lavico" "a petra i Catania", botteghe con attività oggi dismesse. La passeggiata di Mata sul viale San Martino seguita da Grifone, oggi la stessa si sposta, quasi in incognito e velocemente, per motivi di sicurezza, su strade laterali; mestieri spariti come il chioschetto dell'aggiusta penne e quello degli strilloni, a piazza Cairoli, insieme ai "lustrini" (lustra scarpe), o il venditore di cravatte con il suo ombrellone.



Per rendersi conto dei cambiamenti bisogna guardare con calma le singole strade, vedere i vestiti della gente, notare le autovetture e gli edifici, molti dei quali sono stati ristrutturati o ricostruiti, e non lasciarsi prendere dalla commozione per lo scempio compiuto, o dalla sorpresa da parte di chi quell'epoca non l'ha vissuta e vede quindi uno spaccato che forse ha sentito solo raccontare, e può immaginare quello che doveva essere Messina, se non fosse stata tradita dai suoi amministratori e da chi vuole mettersi in prima fila dicendo di fare, mentre distrugge.



Un libro che mancava dove si vede il commercio che muta, sotto spinte esterne, per diventare un qualcosa che cambia in tempo reale, come oggi dove le vecchie ditte diventano ogni giorno di meno, è Messina, e forse non solo a Messina, ma un evolversi e un cambiamento, dove pochi anni trascorsi diventano storia, che va documentata, e dove le foto parlano, a chi le sa leggere, e dicono, parlano molto, per lasciare una traccia indelebile di ieri e fare riflettere.



Per me poi, che sono amante delle foto, non tecnicamente belle, ma espressive, dove i particolare dicono quale era la realtà di ieri, un libro così, interessa, piace, e risveglia ricordi di vita vissuta, del passato, e quindi ringrazio chi ha raccolto immagini, le ha ordinate, commentate, inserite in un libro sicuramente interessante, per il lavoro fatto.





A cura di Franco Spadaro






09/11/2019




Piazza del Popolo


La Piazza, con il suo nome, era esistente da prima del Terremoto del 1908, che la distrusse quasi per intero, danneggiando solo lievemente la fontana che si ergeva al centro; il nome "Del Popolo" va ricercato nel fatto che la piazza era frequentata dall'elemento popolare.



Cambiò il nome in piazza "28 Ottobre" per ricordare la Marcia su Roma negli anni 30; ritornò all'antico nome nel 1944 ed aggiunse nel dopoguerra quello di Francesco lo Sardo, non messinese, comunista e uno degli organizzatori sindacali di Messina.



La Piazza non ricalca, se non per i portici, quella esistente prima del terremoto del 1908 ma è spostata un poco verso sud, ricostruita come un crocevia con sei strade, due delle quale furono chiuse in una discutibile restaurazione che importò i sampietrini e creo due aiuole al posto delle strade negli anni 90 a seguito della riprogettazione, mentre la fontana fu spostata nel 1922 nell'incrocio di Granatari Faro, nella rotonda, dove oggi versa in stato di abbandono e disastrata.



Piazza del Popolo venne realizzata dopo l'abbattimento della cinta muraria con l'annessa Porta Imperiale (13/12/1865) e l'interramento del fosso adiacente, e si presentava a forma quadrata e chiusa da due lati da larghi portici sotto i quali si teneva un mercato ed al centro una fontana in marmo bianco a croce greca.



Nella ricostruzione post Terremoto, realizzata in base al piano regolatore Borzì, la piazza venne traslata come posizione e prenderà una forma circolare, con i portici tutti a giro, e non più quadrata, e nella progettazione del 1922, dell'architetto Ernesto Basile la fonte non troverà più collocazione al centro della piazza e, smontata, finì, come detto, collocata a Granatari.



Nei pressi della piazza e per un tratto prospiciente su essa, vi è il Collegio dello Spirito Santo delle suore del Divino Zelo, settore femminile dei Rogazionisti di Sant'Annibale Maria di Francia, e la chiesa, annessa, dello Spirito Santo, che andò quasi del tutto distrutta nel terremoto e fu ricostruita sfruttando delle colonne ed altri reperti che si salvarono della vecchia chiesa, con i suoi stucchi e marmi è un vero gioiello. All'interno dell'Istituto si trovano oggetti del passato e angoli del vecchio Istituto salvati e ben ristrutturati.



Proprio ad una decina di metri dalla Piazza, vi è la chiesa di San Paolino (dell'arciconfraternita degli ortolani) rimasta intatta nel terremoto e tagliata negli anni trenta per realizzare dritta la Via Santa Marta. Su cui si affaccia. La chiesa conserva dei dipinti antichi e, sotto il pavimento, vi è una cripta mortuaria, in pietra, perfettamente conservata, con una mezza dozzina di posti "colatoi", che insiste sotto la sacrestia e l'altare maggiore. Da prima della seconda guerra mondiale è venerata nella chiesa, Santa Rita da Cascia, tanto che la chiesa è conosciuta oggi come chiesa di S. Rita.



Il quadrivio della Piazza, una decina di anni addietro, fu chiuso al transito e venne creata una rotatoria, già esistente di fatto, per consentire l'utilizzo del centro del quadrivio con le banchine circostanti e venne meglio illuminata, mentre solo alcuni dei proprietari dei portici hanno provveduto alla pulizia, alla pitturazione ed alla illuminazione, per la fruizione degli stessi, che sono asserviti da servitù di passaggio pedonale e qualche proprietario delle botteghe frontistanti chiude oggi, con tende mobili, impedendo la fruizione di tale servitù e obbligando i pedoni ad usare i marciapiedi, fuori dai portici, anche quando piove.



Dal 1943 e sino agli anni sessanta la piazza e via Porta Imperiale venivano utilizzati per l'effettuazione del mercato ortofrutticolo all'ingrosso, sino a quando fu edificato il mercato di Contesse dove fu trasferito questo utile mercato, in sede definitiva.



Guardandola oggi è una piazza abbastanza bella, purtroppo non identica ed omogenea in tutte le sue parti, infatti i comparti che sono più antichi sono meglio realizzati, altri che sono più moderni sono raffazzonati alla meglio. Anche l’interno dei portici sono a spezzoni secondo l'interesse ed il gusto dei proprietari, abbandonati, pieni di mercanzie, di tavoli con avventori che consumano birra a tutte le ore; un ottimo caffè con tavola calda, zone sgombre da masserizie e locali vari, un elettrauto ed altre attività commerciali, negozi di extra comunitari, e un negozio di frutta e verdura che ha trasformato il portico a suo uso e consumo.



Cominciano a esserci timidi tentativi di organizzare attività culturali, mentre un negozio in muratura, chiuso da oltre tre anni non è stato possibile eliminarlo per rendere libero un angolo della Piazza. Un piccolo bar a forma di pagoda , molto elegante, ed un'edicola sono gli unici esercizi commerciali che insistono nella parte pedonale dei marciapiedi centrali ed operano un certo movimento di clienti.



Il mercato domenicale ortofrutticolo richiama migliaia di persone, dalle 6,00 alle 14,00 e vivacizza gli scambi commerciali, di una quarantina di bancarelle, e gli incontri settimanali di molti messinesi che vengono a fare la spesa o a passeggiare ed a chiacchierare e trovare molti prodotti difficili da reperire nella grande distribuzione e solo in negozi di ortofrutta a prezzi maggiori, sotto una discreta sorveglianza dei VVUU che tentano di porre ordine nel mercato.



Si sente parlare di progetti, di un utilizzo da parte di artisti, di iniziative culturali, che la potatura radicale degli alberi rende più difficile d'estate sotto il sole, un albero tagliato perché malato è stato bruciato lasciando un cratere nero, ma che una ristrutturazione moderna possono rendere fruibile in tutti i periodi anche grazie all'impegno dei locali commerciali di un certo pregio e dei portici che rendono questa piazza diversa da tutte le altre di Messina, insieme a piazza Castronovo, anche essa fornita di portici, anche se non uguali a quelli di Piazza del Popolo.



Si spera, che la piazza centenaria, realizzata negli anni venti, non venga stravolta con progetti di architetti futuristi ed astratti ma venga soltanto resa più funzionale, più bella prendendo a prestito l'idea di qualche messinese che vede nuovamente al centro l'apposizione di un bella ed antica fontana, parcheggiata in qualche angolo nascosto della Città, come nei viali della Fiera dove, essendo in metallo, viene attaccata dalla salsedine.



Lasciare molti spazi liberi e non mettere aiuole che per un pseudo aumento del verde rubano spazio per l'uso ludico dei bambini e anche degli anziani e non, che possono fruire di questa piazza per incontrarsi e discutere, passeggiare in sicurezza, avendo vicini la possibilità di prendere un caffè e di comprare un giornale anche se qualcuno vede le edicole diminuire di numero per l'avanzata dell'informatica.



Ci si augura che la spinta di attività di svago portino ad un uso sempre maggiore della piazza e possa essere realizzato un rifacimento conservativo, che la valorizzi e ne possa consentire una maggiore e migliore fruizione, facendo allontanare chi la vuole ridurre un letamaio per fare desistere la presenza di persone oneste e farne un centro sub urbano di malaffare e di degrado o un vespasiano occasionale.

A cura di Franco Spadaro



27/02/2019




MESSINESI ILLUSTRI


       Messina, città che ha visto tante persone, sia nate a Messina, che trasferitesi, ma che a tutti gli effetti sono da considerarsi messinesi di adozione, che l'hanno aiutata a risorgere, rilanciarsi o innalzarsi, dando quell'aiuto, di cui aveva bisogno, in un determinato momento, o illustrandola o amandola.
Parlare di queste persone non è facile, bisogna conoscerle e non scadere in luoghi comuni o farsi trascinare da simpatie, si deve essere precisi e, oltre a selezionarle, bisogna essere sintetici, con le informazioni essenziali, per non tediare chi legge.
Per prima cosa l'ordine, sarà alfabetico, se possibile, con il cognome avanti al nome di battesimo, per potere scorrere questa, che non vuole essere un mera elencazione, ma dei lampi sulla storia di Messina e su chi vi ha vissuto ed operato.
Sicuramente ne mancheranno diversi, di uomini illustri, l'elenco potrà essere aggiornato da chi legge, segnalando, sulla nostra email, eventuali personaggi sfuggiti.




ANTONELLO D'ANTONIO - ANTONELLO DA MESSINA- Sommo pittore messinese di fama mondiale (1430 - 1479) introdusse per primo in Italia la pittura ad olio, soggiornò per diverso tempo fuori da Messina in Lombardia e Veneto. A Messina soggiornò con la moglie in una casa di sua proprietà. Le sue numerose opere sono sparse in tutto il mondo in musei e raccolte. Ne ricordiamo alcune solo a titolo esemplificativo: L’annunciazione (Museo di Siracusa), Annunziata (Museo di Palermo), Polittico di San Gregorio ( Museo di Messina), Ritratto d'Ignoto (Museo Mandralisca di Cefalù), Ecce Homo (Museo di Piacenza), Pietà (museo Carrer di Venezia), Ritratto( Museo Civico di Torino), Due Madonne con Bambino, Crocifissione, e c.d. Autoritratto ( Galleria Nazionale di Londra), ecc. Nel 1953 nel Municipio di Messina fu allestita la "Mostra di Antonello da Messina e del 400 siciliano" che raccolse la maggior parte delle opere di Antonello.



ALOJSIO JUVARA TOMMASO - Incisore messinese, Messina 12/01/1809-Roma 28/05/1875 nipote del sommo Filippo Juvara, si dimostrò abile nel disegno sin da piccolo, fu alla scuola di Letterio Subba, per la sua abilità ebbe un assegno per studiare a Roma alla scuola di V. Camucci e P. Bettellini, in segno di gratitudine alla Città disegnò una Tavola "L'Ambasceria della Madonna della Lettera"; con altri aiuti municipali andò a Parma dal massimo incisore dell'epoca: il Toschi, rimase diversi anni a Parma e poi tornò nel 1834, a Messina fu nominato prof. Nella scuola di Incisione, separata da quella di disegno che restò al Subba. Dalla sua scuola uscirono valenti incisori. Avuta notizia che a Londra si facevano incisioni sull'acciaio, con un aiuto della Provincia andò in Inghilterra, e poi a Parigi per fare nuove esperienze. La sua fama era tale che fu chiamato a Napoli all'Istituto di belle Arti, accettò l'incarico dividendosi con Messina per l'insegnamento per metà anno. Ma gli impegni a Napoli lo assorbirono completamente. Fece in questo periodo "la Madonna della Regia" che gli valse una medaglia d'oro a Parigi. Nel 1870 passò a Roma alla regia Calcografia, dove la sua correttezza dette fastidio a diversi e non ostante difeso da molti, il suo equilibrio fu scosso tanto che il 29/05/1875 si suicidò.



BISAZZA FELICE- Poeta e traduttore messinese(1809-1867) non fu un poeta vigoroso ma un apprezzatissimi traduttore, nel 1851 ebbe la cattedra di Letteratura latina nella Università di Messina.



BONFIGLIO ANTONIO- Scultore e disegnatore, Messina 16/01/1895- Condrò (Me) 1995 centenario, dimenticato ed abbandonato. Perse la famiglia nel terremoto del 1908 e andò a studiare a Catania presso la scuola di Arti e Mestieri dove seguì corsi di intaglio del legno, si trasferì a Roma nel 1912 dove frequentò la scuola di plastica ed architettura del museo. Partecipò come soldato alla Grande Guerra e nel 1922 conseguì il titolo di Prof. di disegno Architettonico nell'Istituto di Belle Arti di Roma, poi rientrò a Messina , si distinse nella graduatoria per il Monumento ai Caduti, di carattere fiero e schivo, cominciò a partecipare a mostre e concorsi pe opere d'arte, come la biennale di Venezia dove partecipò con l'opera il Cieco che oggi si trova a Palermo. Per ricordare la sua partecipazione alla guerra ed i compagni caduti fece due opere a Messina un monumento alla Caserma Cotugno della Guardia di Finanza e il sarcofago del Milite Ignoto all'interno del Tempio di Cristo Re, Insegnò in Istituti d'Arte sia a Reggio Calabria che a Messina; tra le sue opere si ricordano: il busto di Antonello palazzo Municipale, il busto di Fulci, il monumento a Luigi Rizzo a Milazzo, il monumento a Martino, i busti presso la Camera di Commercio, un bassorilievo marmoreo inneggiante al lavoro nel palazzo ex Littorio, e molti altri, e per ultimo la sua Tomba con la Madonna ed un Cristo Morente a Condrò.



CALAMECH ANDREA o CALAMECCA- Scultore ed architetto fiorentino, lavorò a Messina alla fine del XVI secolo, tra le sue molteplici opere vanno ricordate la testa di Grifone e la Statua di Don Giovanni D'Austria, eretta nel 1572 ed arrivata sino ai nostri giorni, il pulpito del Duomo, molte altre opere sono state distrutte nei secoli anche dai terremoti. Il Susinno nella sua opera "Le vite dei pittori messinesi", parlando della fusione della statua di Don Giovanni D'Austria, racconta che il Calamech rimasto senza più un pezzo di metallo mentre faceva la colata della statua, subbi un tale spavento, che l'opera risultasse difettosa, da ammalarsi e morire prima di poterla vedere compiuta.

CALAPSO PASQUALE - Matematico (Carini 1872- Messina 1934) Fu uno dei massimi esponenti italiani della Geometria differenziale, nonché professore di Analisi infinitesimale nell'Università di Messina per molti anni.

CANNIZZZARO TOMMASO - Poeta e letterato messinese (1838-1921) Prese parte giovanissimo ai moti del 1860 con i Cacciatori del Faro, e seguì Garibaldi nella campagna di Sicilia. Fu uomo di vasta cultura letteraria, sia italiana che straniera, (conosceva: il russo, lo svedese, l'ungherese, il boemo, e parlava e scriveva in inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese) viaggiò molto in Italia ed all'estero avendo contatti con molti esponenti della cultura europei. Creò in casa propria una tipografia dove stampava le sue opere che distribuiva ad amici e conoscenti. Scrisse numerose raccolte di poesie e tradusse in italiano molte opere straniere. Ne 1904 pubblicò in terzine siciliane la Divina Commedia. La sua biblioteca passò al Comune di Messina nel 1925, e esiste ancora oggi, con l'aggiunta di altre opere, Come Biblioteca Comunale Tommaso Cannizzaro.(oggi nel palazzo della Cultura).

CASTELLI PIETRO- Romano di nascita ma come si chiamò lui stesso, messinese della patria adottiva. Fu lettore primario di medicina in Messina (secolo XVII). Nel 1639 fondò, a spese del Comune, l'antico orto botanico che chiamò "Hortus mensanensis" così citato dallo stesso in una sua opera del 1640. Questo orto, situato alle spalle dell'odierno Palazzo di Giustizia, fu distrutto dagli Spagnoli nel 1679, personaggio molto preparato ed impegnato a creare opere scientifiche per la Città.

CASTRONOVO ETTORE- Medico radiologo (Gesso-Messina 1894 - Messina 1954), si laureò in Medicina nell'Università di Padova, dove si specializzò in radiologia e fu uno dei pionieri, della specialità, di fama internazionale. Fu docente di Radiologia nella Università Messinese sin dal 1927,e per le radiazioni assorbite dovette subire l'amputazione di quattro dita delle mani ed una operazione di linfopatia. Scrisse numerose opere scientifiche, gli fu assegnata una medaglia d'oro dall'Università di Messina, ed un'altra medaglia alla memoria, gli fu conferita dal Presidente della Repubblica quale benemerito della Cultura. Fu volontario nella Grande Guerra, molto conosciuto in città, ebbe diversi allievi della sua specializzazione.

CATARA-LETTIERI ANTONIO- Patriota, filosofo, letterato; messinese (1809-1884) ancora diciassettenne venne imprigionato per le sue idee liberali, partecipò attivamente ai moti del 1848, fu posto al confino a Patti per diversi anni, e fu esule dopo la restaurazione Borbonica. Dopo il 1860 fu docente all'Università di Messina, fu Direttore della Scuola Tecnica e poi della Scuola Tecnica Antonello, fu Presidente dell'Accademia Peloritana di cui nel 1878 iniziò a pubblicarne gli Atti.

COSTA MARIA- Poetessa messinese (Messina 15/12/1926-messina 07/09/2016) Case Basse Paradiso, ha sempre scritto poesie in siciliano o in dialetti siciliani, di fronte al suo mare dello Stretto di Messina, le sue poesie sono riunite in diverse raccolte: Farfalle serali del 1978, Mosaico 1980, A prova ill'Ovu 1989, Cavaddu i Coppi 1993. La sua figura fu celebrata nel cortometraggio del regista messinese Fabio Schifilliti: "Come le onde", visse con la pensione sociale nella sua piccola casetta di Case Basse a Paradiso, oggi divenuta un piccolo Museo, sono state fatte numerose tesi di laurea sia in Atenei siciliani che italiani. Nelle sue poesie cantò la sua Messina distrutta dal terremoto, in dialetto messinese, è stata oggetto di servizi sia di TV italiane che straniere.



CUPPARI PIETRO- Agronomo, (Itala -ME- 1816 Pisa 1870) ritenuto il fondatore della moderna agronomia in Italia, laureato in medicina e filosofia nel1838 a Messina, si dedicò agli studi di agraria. A soli 28 anni andò a insegnare Agraria all'Università di Pisa, pubblicò numerose opere che ebbero grande successo e risonanza.

D'AMORE VINCENZO- Poeta, letterato, e patriota messinese (1809-1875), partecipò alle rivoluzioni del 1848 e del 1860. Fu autore di tragedie e di versi, celebri quelli scritti nel 1848 ,fece parte di diversi periodici messinesi come il "Innominato", "Spettatore Zancleo", "Sentinella del Peloro", fondò il giornale politico letterario "Il primo settembre". Come poeta vanno ricordate "Il Vessillo Nazionale" e "A Garibaldi". Visse i suoi ultimi anni con una piccola pensione della città di Messina, come poeta della città.



D'ARRIGO MONS. LETTERIO- Fu l'Arcivescovo di Messina nel terremoto del 1908, - nacque ad Itala (ME) il 15/11/1849-morì a Messina il 18/10/1922- su di lui cadde il peso del disastro, dell'assistenza ai terremotati e la ricostruzione in baracche, dopo gli scontri con il gen. Mazza che voleva distruggere Messina a cannonate, e con diversi altri ottenne che Messina andava ricostruita in loco. Fu lui cui toccò fare risorgere la chiesa messinese e avviare la vita cittadina su principi etici e morali, che la promiscuità post terremoto aveva compromesso, essendo difficile vivere dove manca tutto e con uno sciame sismico che durò per molto tempo, riportò lentamente la gente in chiesa con una buona parola ed un pasto caldo. Fece costruire il Collegio Pio XII e il palazzo Arcivescovile e Seminario. Dopo il terremoto ebbe, per alcuni anni, come vicario Don Luigi Orione e dopo il 1920 Angelo Paino suo successore.



ELENA PETROVICH NJEGSH- REGINA- Regina d'Italia, Cettigne Montenegro 1873 - Montpellier, Francia 1953, sposò nel 1896 Vittorio Emanuele, divenne Regina nel 1900. Immediatamente dopo il Terremoto del 28/12/1908 fu a Messina sulla corazzata Regina Elena a prestare soccorso ai messinesi, curando feriti, accogliendo orfani, aiutando famiglie in difficoltà, dimostrandosi donna energica e madre coraggiosa, prendendo a cuore il popolo messinese in difficoltà, imponendosi con decisione anche a Comandanti stranieri. L'aiuto fu concreto, venne a Messina più volte, fece realizzare dall'Esercito un villaggio autosufficiente (villaggio Regina Elena) per dare ai sopravvissuti una casa, un lavoro, una scuola, una vita dignitosa, accolse a Roma, nei migliori orfanotrofi, un grande numero di orfani e li seguì sino alla maggiore età e li avviò al lavoro, dette aiuto ai diseredati, e controllo personalmente o con suoi emissari che tutto funzionasse nel villaggio che portava il suo nome. A Messina esiste l'unico monumento a Lei dedicato, in Largo Seggiola, fatto con una pubblica sottoscrizione, curata dal settimanale "Settimana Incom Illustrata", dallo scultore fiorentino A Berti. La salma è stata traslata in provincia di Cuneo nel 2018. E’ in corso la causa per la sua Beatificazione.



EUSTOCHIO CALAFATO - ROMANO- Santa messinese, (1437-1491) Secondo la tradizione per non sposare il fidanzato imposto dai fratelli, si fece bruciare dal sole il viso, entrò in convento a Basicò, riuscì, dopo aspri contrasti con le consorelle, a fondare un convento di clarisse, a Messina dove oggi sorge il convento di "Monte Vergine", in via 24 Maggio. Nel terremoto dei 1908 andò distrutta solo parte della chiesa, mentre la teca con il suo Corpo rimase intatta. Dopo secoli in cui fu venerata come Beata, fu fatta Santa da Papa Giovanni Paolo II che visitò il convento, dove e visibile il corpo incorrotto. Si dice che Antonello da Messina conobbe la Santa e la ritrasse in una delle sue opere.

FALCONIERI CARLO- Architetto (Messina 1806-Roma 1891) Collaborò con diversi periodici e partecipò alla rivolta del 1848 e fu costretto ad allontanarsi dopo la restaurazione. Molto apprezzato come architetto, nel 1842 il senato gli affidò la realizzazione di una fontana che fu realizzata l’anno successivo e posta in piazza Ottagona sino al terremoto del 1908, oggi è posta in largo Basicò. Collaborò alla realizzazione del teatro Santa Elisabetta (oggi Vittorio Emanuele), diresse i lavori del Trasferimento della Capitale da Torino a Firenze.



FERRAMOLINO ANTONIO O SFERRANDINO- Da Bergamo, architetto ed ingegnere, esperto in fortificazioni, fu chiamato dal senato messinese che intendeva ampliare la cinta muraria esistente e di aggiungere fortificazioni intorno alla città. Il Ferramolino fu chiamato a dirigere i lavori come ingegnere della reggia Corte insieme a Domenico Giuntalocchi da Prato, ingegnere della Città. Nella loro opera furono coadiuvati dal messinese Francesco Maurolico e dallo scultore fiorentino Gian Angelo Montorsoli. Il Ferramolino realizzo anche il Forte Gonzaga, il forte Don Blasco, e Torre Vittoria (i cui ultimi resti furono eliminati verso il1970 per fare posto ad una cooperativa edilizia), collaborò poi a progettare e realizzare in parte la Real Cittadella.



FULCI LUDOVICO - giurista e uomo politico (1850-1934), professore di diritto nel nostro Ateneo, curò numerose pubblicazioni giuridiche, fu deputato e senatore, un suo busto di bronzo è stato eretto in una piazza a lui dedicata, l'opera è dello scultore A. Bonfiglio. Fu un sostenitore della sua Messina cui fu sempre legato.



GALLO CAIO DOMENICO- Storico e letterato messinese (1692-1780) fu segretario del Senato messinese, scrisse diverse opere ma la più importante ed interessante per i messinesi sono gli "Annali della Città di Messina" in quattro volumi stampati tra il 1756 ed il 1775, ristampati tra 1877ed il 1882 da Andrea Vayola. L'opera redatta con la classica forma annalistica, parla della nostra Città dal periodo mitico al 1745, inserendo fatti leggende e personaggi che vennero a contatto con Messina e che vissero o operarono in Città. Gaetano Oliva continuò gli annali del Gallo con altri quattro volumi sui fatti di Messina sino al 1860.

GIURBA MARIO- Giurista messinese (1565-1649) si laureò in diritto all'Università di Padova, a Messina fu giudice della corte straticoziale e pubblicò diverse opere tanto da renderlo la figura più rappresentativa della giurisprudenza della Sicilia dell'epoca.

GRANO GAETANO- Monsignore, letterato e storico messinese (1754-1828) fu priore della Chiesa Santa Maria la Latina, studiò molti settori della cultura, tanto da renderlo famoso e da fargli attribuire diversi incarichi, tra cui quello di componente la commissione per la compilazione dei Codici del Regno delle Due Sicilie. Fu deputato al Parlamento nel 1812, diede impulso agli studi di numismatica, e di diplomatica cittadina; scrisse tra le altre opere: Memorie dei pittori messinesi (Napoli 1792), Il comune di Messina al Parlamento (Messina 1814) ed altre opere.



GUARINO GIUSEPPE - Cardinale, nacque a Montedoro (Caltanissetta) nel 1827, fu Arcivescovo di Messina dal 1875 al 1897 anno della sua morte. Si prodigò con tutte le sue forze per aiutare la popolazione colpita dal colera nel 1887, ebbe la berretta Cardinalizia nel 1893.Fu il fondatore delle "Apostole della Sacra Famiglia".

GULLI’ SIMONE- Architetto messinese (1585-1657) studiò prima a Messina e poi a Roma dove divenne celebre tanto da essere richiamato a Messina per ricoprire la carica di ingegnere ed architetto. Progettò il tempio di Grotte e poi la prima "Palazzata" detta a "Teatro Marittimo". Molti suoi progetti furono eseguiti dopo la sua morte.



JACI ANTONIO MARIA- Matematico, astronomo messinese (1739-1815), rimasto orfano ancora ragazzo poté studiare con i mezzi forniti da uno zio materno e si laureò in fisica, matematica e medicina a 18 anni, fu ordinato sacerdote nel 1765.Visse in uno stato di indigenza che non gli consentì di sperimentare quello che aveva scoperto e progettato, nel 1802 costruì la meridiana nel Duomo di Messina. È da considerare un uno dei più grandi uomini messinesi. Purtroppo dopo la morte le sue opere ed i suoi scritti andarono distrutti in un incendio in casa del nipote.



JUVARA FILIPPO- Architetto, o Juvarra (Messina 1678 Madrid 1736) Dopo un periodo di lavoro a Messina andò a Roma dove frequentò lo studio di Carlo Fontana creando opere di architettura, fu anche s Lucca e Firenze, nel 1714 ritornò a Messina chiamato da Vittorio Amedeo II di Savoia che gli affidò il completamento del Palazzo Reale, nello stesso anno seguì il principe di Savoia a Torino dove, come architetto di corte, rimase 20 anni. A Torino eseguì molte opere tra cui la Basilica di Superga, la Cappella di Venaria palazzo Madama, e la facciata del Palazzo Carignano. Nel 1735 partì per Madrid dove eseguì i disegni del Palazzo Reale. Morì l'anno successivo a soli 58 anni.

< LA CORTE CAILLER GAETANO- Storico e personaggio erudito messinese(1874-1933)si occupò di ricerche storiche locali specialmente nel campo della pittura, realizzò diversi documenti in cui mise in luce la figura di Antonello e smentì la diceria che la sua tomba fosse a Venezia, ma a Messina. Si impegnò nel recupero di opere d'arte dopo il terremoto facendo si che molte furono salvate e catalogate. Fece rinascere con il suo fattivo apporto la tradizionale festa della Vara e dei Giganti, fatti restaurare, ed altre feste tradizionali cittadine dopo l'interruzione del sisma.



LA FARINA GIUSEPPE- Patriota e scrittore messinese (Messina 1815 - Torino 1863) fu un grande patriota messinese, costretto ad andare esule dopo i moti del 1837, rientrò per una amnistia l'anno successivo, nuovamente esule andò in tosca, da dove tornò nel febbraio 1848 per dare il suo apporto ai moti rivoluzionari. Fece parte del governo siciliano come ministro dell'Istruzione e della Guerra, caduta Palermo in mano dei Borboni fu a Marsiglia e Parigi e poi a Torino dove fondò la “Società Nazionale”. Morì a Torino, la sua salma fu traslata a Messina nel Cimitero Monumentale nel Famedio il 22/03/1872 (oggi in stato di abbandono). Tra le sue opere "Messina e suoi monumenti" ( Messina Fiumara 1840), "Matteo Polizzi" dramma storico (Firenze 1845), "Storia d'Italia narrato al "Popolo Italiano (568-1815)" (Firenze 1846-54 vol. n.7), "Storia d'Italia dal 1815 al 1850" (Torino 1851-52 vol.6) e diversi altri.



LANZETTA ANTONIO - Patriota siciliano(Palermo1812 - Marsiglia 1854) combatté valorosamente e con molto impegno, nel 1848, per la difesa di Messina contro le truppe Borboniche comandate dal Filangeri, nominato "Artigliere del Popolo" caduta Messina andò a Trapani dove combatté anche li, caduta anche questa città, andò esule a Malta ed infine a Marsiglia dove morì di colera.

LOMBARDO PELLEGRINO ETTORE - Avvocato ed uomo politico messinese (1866-1952), professore di Diritto Costituzionale e deputato al Parlamento, fu dichiarato decaduto da ambedue le cariche per il suo atteggiamento antifascista. Dopo il 1944 fece parte della Consulta Nazionale, e fondò il partito laburista italiano; ebbe la cattedra di Diritto Costituzionale, curò diverse pubblicazioni.

LONGO GIACOMO- Avvocato (Messina 1658-Palermo 1738), esercitò la sua professione a Palermo, dove ebbe numerosissime cariche pubbliche, come quella di giudice del Real Concistoro, Dl supremo Tribunale della Monarchia, non volendo altre carche si fece sacerdote. Alla sua morte donò la sua biblioteca al clero messinese, fu collocata a disposizione del pubblico, nel Palazzo della Regia Udienza in piazza Duomo.

LO SARDO FRANCESCO- Avvocato e uomo politico, nacque a Naso(ME)il 22/05/1871, fu organizzatore del fascio nasitano, fu anarchico ed infine comunista, e sindacalista a Messina. Nel 1924 fu eletto deputato, per il suo antifascismo nel 1926 fu privato dell'immunità parlamentare e rinchiuso nel carcere di Poggioreale a Napoli dove morì il 30/05/1931.



MARTINO ANTONIO - Uomo politico messinese (1855-1935) fu avvocato e politico, fu sia consigliere provinciale e comunale per diverse volte e sindaco di Messina, si batté per la realizzazione del civico acquedotto e fece realizzare una guida in occasione del Congresso di Messina dei Sindaci italiani del 1902.



MARTINO GAETANO- Docente universitario di medicina e ministro (Messina 25/11/1900 - Roma 21/07/1967) ricercatore, studiò anche all'estero, Docente di Chimica Biologica all'Università di Messina ne fu Rettore dal 1943 al 1954, fu anche Rettore della Sapienza a Roma dal 1966 al 1967; dal 1948 fu Deputato alla Camera, per il partito Liberale Italiano, fu vice presidente della Camera anche nel 1953, nel Governo Scelba fu ministro della Pubblica Istruzione, e nei governi successivi Ministro degli affari Esteri, sino al 1957. Fu promotore della Conferenza di Messina della CECA (primo/tre giugno 1955) e del Trattato di Roma nel 1956, fu deputato al Parlamento Europeo, si interessò per la città di Messina facendo Realizzare il Policlinico Universitario che fu a Lui Intitolato, fece realizzare la variante alla vecchia ss.114 da Messina a Giampilieri, diede sviluppo all'Università appoggiando la creazioni di nuove facoltà anche in altre zone cittadine.

MAUROLICO FRANCESCO- Matematico, storico, filosofo, naturalista messinese (1494-1575) fu un umanista dalla mente poliedrica, si occupò di conoscere quasi tutto lo scibile dell'epoca, con una acutezza che lo rese famoso in tutta Italia. Lasciò studi di astronomia, geometria, fisica , matematica, storia e filosofia, e sulla fauna marina dello Stretto, costruì vari nodelli di studio e di osservazione, quadranti, astrolabi, congegni idraulici ed orologi. Si occupò di teologia, consigliando ai padri del concilio di Trento la correzione del Breviario Romano, è stato ordinato sacerdote nel 1521, fu anche poeta e consigliere del Ferramolino nella costruzioni di fortificazioni, purtroppo la maggior parte delle sue opere andò distrutta, dei suoi lavori è molto importante "Sicanicarum rerum compendium".

MINUTOLI GIACOMO- Architetto e sacerdote messinese (1768-1827) a lui fu affidata la ricostruzione di Messina dal terremoto del 1783 in quanto aveva studiato architettura a Roma e aveva dimostrato un particolare gusto artistico. Fu autore di molti progetti tra cui quello della Palazzata, eseguita solo in parte perché molto costosa, del Palazzo Municipale, con gli architetti Tadì ed Arena, della strada Ferdinanda (oggi Garibaldi) e dell'ampliamento verso sud-est di Piazza Duomo, e di molti palazzi privati.



MONTORSOLI ANGELO GIOVANNI- Scultore, (Firenze 1507-1563) fu allievo di Michelangelo, lavorò sia Firenze, Roma, Genova, Padova , Venezia, la sua fama lo portò ad essere chiamato dal Senato Messinese ad abbellire Messina nel 1537, e cominciò con ideare l’Apostolato del Duomo distrutto varie volte ma sempre unico. Costruì la fontana di Orione per celebrare l'acquedotto del Camaro (1550), in piazza Duomo, la fontana del Nettuno(1557) il cui originale è conservato al Museo di Messina, la lanterna detta del Montorsoli sulla Falce (prima detta del Garofalo) e tante altre opere sparse in provincia di Messina ed a Genova.

NATOLI GIUSEPPE- Patriota e giureconsulto messinese (1807 - 1867) prese parte ai moti del 1847-1848, dopo i quali riparò in Piemonte. Accorso in Sicilia nel 1860, fu nominato da Garibaldi ministro degli affari Esteri, fu eletto deputato e fu Ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio nel governo Cavour, e ministro dell'Interno e Pubblica Istruzione nel governo La Marmora, fu poi nominato senatore ma la sua vita fu stroncata dal colera nel 1867.

OLIVA GAETANO- Storico e letterato messinese (1843-1938) continuò gli "Annali" di Caio Domenico Gallo, aggiungendo altri quattro volumi dal 1746 al 1860, l'opera redatta in forma più moderna ma sempre in forma di annali. Scrisse altre opere, e fu bibliotecario della Biblioteca Universitaria che riordinò dopo il terremoto del 1908.



ORIONE GIOVANNI LUIGI- Santo, sacerdote,(Pontecurone del Piemonte 1872 –Sanremo 1940) fondatore delle "Piccola opera della Divina Provvidenza" fu inviato a Messina, dal Papa, come vicario del vescovo Mons. Letterio D'Arrigo, carica che resse per oltre quattro anni e dove conobbe Padre Annibale Maria di Francia, a Messina fondò un istituto. Fu fatto Santo da Papa Giovanni Paolo II

PANCALDO EMANUELE– Patriota messinese (1800 - 1893) prese parte nel 1821 ai moti di Napoli, divenuto mazziniano aderì alla Giovane Italia, e partecipò alla rivoluzione del 1848 di cui fu uno dei più validi sostenitori, invitò Garibaldi in Sicilia, nel 1859. Fu arrestato e condannato a morte, fu liberato l'anno successivo e divenne Governatore di Messina, nel 1863 fu deputato al parlamento Nazionale. A lui si deve la triplice elezione nel 1867 di Mazzini, che gli consenti di avere condonata la condanna a Morte.



PADRE ANNIBALE MARIA DI FRANCIA- Santo messinese, sacerdote (1851-1927) fu il fondatore dei Rogazionisti, le cui istituzioni si diffusero in Italia e nel Mondo, le attività del canonico detto "Padre Francia" si esplicarono nel quartiere Avignone (oggi Via Cesare Battisti) dove volle realizzare il Santuario dedicato a S. Antonio da Padova, raccolse molti orfani e diede loro aiuto ed una istruzione o un mestiere. Dette vita anche ad un settore femminile con Le Figlie del Divino Zelo e fece ricostruire la chiesa dello Spirito Santo semidistrutta dal terremoto, espanse la sua attività con altri Istituti, in Italia principalmente in Puglia, dove andò dopo il terremoto, altri sorsero anche dopo la sua morte. Fu fatto santo dal Papa Giovanni Paolo II, che nel suo viaggio a Messina, visitò e pregò sulla sua tomba. Si ricorda per il miracolo delle Gardenie e per il "Pane di Padre Francia" e per l'aiuto agli orfani ed alle famiglie indigenti specialmente nel Quartiere Avignone.



PAINO ANGELO MOS.– Vescovo di Messina (Santa Marina Salina – Lipari-21/giu./1870 Messina 29/lug./1967) si laureò a Napoli in teologia ed ebbe poi a Messina la laurea in filosofia honoris cause. Fu nominato Vescovo di Lipari nel 1909 dove operò riassettando le parrocchie e portando avanti la Diocesi. Partecipò alla Prima guerra Mondiale. Fu nominato sub secreto ausiliare di monsig. D'Arrigo nel 10/01/1921, con diritto di successione, divenne l'arcivescovo di Messina dal 1923 e resse l'incarico sino al 1963 quando furono accolte le sue dimissione per età. A Messina ebbe il titolo "di ricostruttore" avendo ricostruito 132 chiese ed altrettante canoniche, ampliate e ristrutturate altre 72 chiese, 10 asili due Biblioteche e due Seminari, tra le biblioteche ricordiamo la "Painiana" con oltre 50.000 volumi, ricostruì la Cattedrale e il campanile con l'orologio astronomico e nel duomo fece realizzare per ben due volte un grandissimo Organo con 5 tastiere della ditta Tamburini, dovette ricostruire la Cattedrale dopo la Seconda Guerra Mondiale in quanto, colpita più volte da spezzoni incendiari, bruciò per tre giorni. Fece costruire il Sacrario Militare di Cristo Re, L'Ignatianum, Collereale, il Seminario ed il Palazzo Arcivescovile. Fece erigere la Stele Votiva alla Madonna della Lettera all'Ingresso del porto con marmi siciliani, e la stessa fu illuminata, con un segnale radio ideato da Guglielmo Marconi, dal Papa Pio XII direttamente da Roma. Fu un uomo parco e visse sempre in povertà anche se aiutò tutti, ed inserì in seminario centinaia di giovani di cui solo una parte divenne sacerdote, mentre gli altri compirono gli studi. Dopo le dimissioni, si ritirò in Seminario, dove continuò a lavorare sino alla morte. E’ sepolto nella Cattedrale che fece ricostruire.

PANEBIANCO MICHELE- Pittore,(Messina 1806-1873) fu uno dei più celebri della sua epoca, a Messina studiò sotto il Suba, andò a Roma con i sussidi dl Comune, e dopo anche a Venezia; ebbe la cattedra di Disegno nella nostra Università e dalla sua scuola uscirono valenti artisti. Notevoli e numerose la sue opere, tra cui si ricordano “l’Attacco dei Saraceni coi Cavalieri della Stella che accompagnano in "Santissimo Sacramento", "La Battaglia di Milazzo" ed altri.

PELLEGRINO LUIGI– patriota e chimico messinese (1819-1883) professore di chimica applicata all'Università di Messina, fu distratto dagli studi, in cui eccelleva, dalla politica, partecipo con impeto ai moti del 1847-1848, ed a Palermo accusò il governo siciliano di non difendere l'isola con sufficiente energia, per tale motivo fu mandato al confino a Trapani; restaurati i Borboni partì esule. Nel 1856 ritornò in Sicilia per organizzare la rivoluzione con il programma "Libertà ed indipendenza dall'Italia" scoperto, fu condannato a 18 anni di carcere duro, venne liberato nel 1860, non volle ricompensa alcuna, ma riprese la sua Cattedra di chimica all'Università di Messina. Fu Consigliere comunale e provinciale e Deputato al Parlamento Nazionale.

PRACANICA ANTONIO- Patriota messinese (Messina 1815 - Odessa 1854) fu uno dei protagonisti dei moti del 01/09/1847 durante il quale comandò una squadra, Condannato a morte in contumacia, visse per qualche tempo in Inghilterra, da dove tornò in Sicilia nel 1848, fu comandante generale delle armi di Messina, combatté valorosamente, sino alla caduta della Città, dopo passò a difendere Taormina, e Catania, Dopo la vittoria dei Borboni fu esule prima a Parigi e poi ad Odessa.

PUGLIATTI SALVATORE- Giurista, musicologo, letterato (Messina 13-03-1903 / Ragusa 22-05-1976) di umili origini, frequentò la scuola Tecnica Antonello, poi l'Istituto Tecnico Jaci, dove si diplomò ragioniere, prese a Catania la maturità classica per potersi iscrivere a Giurisprudenza all'Università di Messina dove si laureò e poi prese la Libera Docenza. Fu docente di Diritto Civile nella stessa Università ed insegno anche musicologia alla facoltà di Lettere. Fu rettore dell'Università di Messina dal 1955 al 1976, creò il Centro Universitario Sportivo e fu partecipe della Goliardia della festa della Matricola. Fu compagno di scuola di Quasimodo e di La Pira, fu un grande umanista e scrisse molte opere sia di contenuto storico che letterario, oltre che giuridiche. Morì a Ragusa mentre presiedeva una giuria di un premio letterario.



QUASIMODO SALVATORE- Poeta e traduttore (Modica 20-ago-1901—Napoli 14-giu-1968) Tumulato a Milano. A pochi mesi dalla nascita la madre ed i figli si trasferirono a Roccalumera (ME) in casa del nonno paterno in quanto a Modica vi era stata una alluvione, il padre restò a prestare servizio come capostazione. Nel 1908 il padre fu inviato a Messina, sempre come Capo Stazione e Salvatore e la madre vissero un periodo in un carro ferroviario. Studiò a Messina presso la scuola tecnica Antonello poi si trasferì a Palermo, per tornare a Messina e frequentare l'Istituto Tecnico Jaci, dove si diplomò geometra, e dove conobbe Salvatore Pugliatti e Sergio La Pira. Si Trasferì a Roma per frequentare la facoltà di ingegneria e fu un periodo di ristrettezze economiche, studiò il greco e scrisse poesie collaborando con riviste letterarie, La situazione si rasserenò quando fu assunto come geometra al Genio Civile e fu mandato a Reggio Calabria, continuò a scrivere e poi fu trasferito a Genova e dopo a Milano dove fu assegnato a Sondrio. Continuò a scrivere a tradurre opere e nel 1959 ottenne il Premio Nobel per la Letteratura. Mori a Napoli dove presiedeva una giuria letteraria.

SCIVA GIUSEPPE– Patriota messinese, artigiano, (1820- 1847) calzolaio con bottega in via Austria (oggi I Settembre) si trovò coinvolto negli scontri del 1/09/1847 in quanto i combattimenti si svolsero vicino il suo posto di lavoro, arrestato e processato fu invitato a fare i nomi dei rivoltosi, lui fece silo quelli che erano nella lista della polizia come fuggiti all'estero, fu fucilato dai soldati Borbonici il 02/10/1847 nel piano Terranova, unico giustiziato di tutti i moti del 1847.

SEGUENZA GIUSEPPE –Scienziato messinese,(1833-1889) sebbene diplomato farmacista, si occupò di molte scienze, tra cui mineralogia, botanica, geografia, paleontologia, con queste ultime due ebbe fama mondiale, ebbe diversi premi e riconoscimenti in Italia ed all'Estero. Fu docente di geografia e mineralogia all'Università di Messina.

< SUBBA LETTERIO - Patriota, disegnatore ed incisore (1779-1860) Si dedicò alla scultura ed alla pittura, all'incisione ed all'architettura. Resse la scuola di incisione e disegno ed ebbe quale alunno Alojsio Juvara Tommaso, ed altri artisti messinesi. Resse dopo la scuola di Disegno mentre quella di incisione andò al suo allievo Alojsio.

TROMBETTA FRANCESCO– Chirurgo messinese,(1843-1898) fu professore di clinica chirurgica all'Università di Messina, i suoi numerosi lavori e le sue ardite operazioni gli dettero una notorietà che valicò i confini della Sicilia.

TURINGA CAMIOLA O CAMEOLA - Nobildonna messinese (1310?-1345), donna vedova, molto bella e ricca, si racconta che il Re Pietro II aveva mandato il fratello bastardo Rolando a combattere contro Roberto d'Angiò che assediava Lipari, Rolando fu sconfitto e catturato e fu portato a Napoli e fu chiesto un riscatto che il Pietro II non volle pagare ritenendo il fratello bastardo responsabile della sconfitta per negligenza. Camiola si offrì di pagare il riscatto di duemila onze, con in cambio la promessa di matrimonio di Rolando, questi accettò l'accordo, redatto in forma solenne, ma pagato il riscatto e liberato il prigioniero, questi non volle onorare l'impegno ritenendo di essere sempre nobile e non potere sposare una Donna qualsiasi. Camiola si rivolse ai giudici ed ebbe ragione, ed anche il Re le diete ragione. Fissato il giorno del matrimonio Camiola rifiutò di convolare a nozze e regalò la somma del riscatto a Rolando dicendo che era un uomo ingrato, che mancava di parola, ed un indegno. Con il resto delle sue sostanze costruì un convento a Basicò e prese l'abito monacale. Di questa storia ne parla il Gallo negli Annali, e trassero spunto il Boccaccio e Wiliam Shachespeare per delle opere. (molto rumore per nulla).

VALORE ALESSIO- Poeta e pubblicista messinese (1846- 1908) fu il fondatore ed il direttore del giornale "il Marchesino", fu collaboratore di altri giornali tra i quali: "il politico Italiano", "La Gazzetta di Messina", "Cronaca rosa".

PAGNOCCO-DE SALVO ANTONIO- Patriota messinese, prese parte ai moti del 01-09-1847 e successivamente ai moti del 1848, capo squadra di un gruppo di combattenti detti "Vittoria o Morte" con la scritta sul cappello "Vincere o Morire", combatté contro le truppe del Generale Filangeri e cadde nella difesa del villaggio di Gazzi il 06-09-1848. Il Parlamento Siciliano commemorò il Pagnocco definendolo "uomo di smisurato valore".



BENSAJA GIUSEPPE- Bensaja, patriota messinese, appartenente ad una famiglia di patrioti, morì nella rivolta del 1848, dopo un combattimento accanito, mentre piantava la Bandiera sul Forte di Porta Real Basso tenuto dai Borbonici (febbraio 1848). Appena avuta la notizia della morte del figlio il padre Salvatore ebbe un mancamento, ma ripresosi gridò "Cittadini mio figlio è morto gloriosamente per la salute della Patria, io non devo piangere per lui. Mi restano ancora tre figli per vendicarne la morte, gridiamo tutti. Viva la Patria". Il Bensaja continuò a spronare i concittadini a combattere, e (nell'agosto 1848) chiamava alle armi tutti i cittadini mentre i Borboni si apprestavano a soffocare nel sangue la rivolta.



DONATO ROSA- Nata Rosso, eroina e patriota messinese, (1808-1867), perduti tutti i suoi familiari ripose tutto il suo amore nella Patria. Nel 1848 combatté, come artigliere, difendendo la batteria dei "Pizzillari" ( sita vicino il torrente Portalegna oggi Tommaso Cannizzaro) e non potendo contenere l'assalto dei soldati Borbonici diede fuoco ad una cassa di munizione che esplodendo uccise numerosi saldati, mentre Rosa fu gettata, ferita a colpi di baionetta, fuori le mura della Città, dove si finse morta, poi riuscì a fuggire da Messina, già occupata dai Borboni, ed insieme a Lanzetta riuscì a raggiungere Palermo. Fu definita per la sua azione "Cannunera del Popolo". Qui gli dettero il comando di due cannoni ma non poté usarli per la resa di Palermo, ritornò a Messina dove le era stata promessa l'amnistia, ma fu arrestata ed incarcerata per 15 mesi, trascorse gli ultimi anni della sua vita miseramente, con un sussidio del comune di Messina e chiedendo qualche moneta agli universitari che considerava il futuro della Nazione.

BOLOGNARI CALCAGNO GIUSEPPA– patriota,(nata a Barcellona ME 1814 -1885) fu tra i protagonisti della rivolta di Catania nel 1860, dopo lo sbarco di Garibaldi i catanesi ritennero di favorire l’avanzata insorgendo, Giuseppa si impossessò di un cannone e sparò sui soldati borbonici, asserragliati in un palazzo riuscirono a impossessarsi di un secondo cannone con una corda, ma esaurite le munizione Peppa fu costretta ad usare un espediente per ingannare i soldati facendo credere che il cannone fosse sfiammato e quando questi attaccarono, allora sparò realmente uccidendone molti. Dovette scappare sino all'arrivo dei garibaldini, l'episodio le valse il nome di "Peppa a Cannunera". Visse poi una vita sregolata, vestendo da uomo e giocando nei locali.

Ci fermiamo qui!
Alla fine sono stati inseriti solo alcuni dei patrioti del risorgimento messinese, ritenendoli Messinesi illustri o per l'operato o per fama. Come detto, quelli che dovessero mancare, possono essere inseriti dietro segnalazione alla nostra email. Non riteniamo di essere stati esaustivi nelle notizie, e nell'elenca_ zione, e ce ne scusiamo, in quanto questo vuol essere solo un ricordo, "a Volo d’Uccello, come nelle vecchie cartoline, quando non esistevano le foto aeree," men che meno una biografia.
Non sono stati inseriti i Caduti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, anche se insigniti di medaglie, che eventualmente faranno capo ad un altro articolo successivamente.


A cura di Francesco Spadaro.















E Poi…."c'è altro" dopo Piazza Cairoli?

Vi sono altre piazze?



Be qualche altra piazza c'è, ma si passa presto a slarghi, in quanto molte vecchie piazze sono state ristrette, trasformate o eliminate, gli spazi pubblici sono un lusso per Messina e non se li può permettere, si restringono, si occupano, si inventano progetti strampalati, l'importante è eliminarle.

Cominciamo dal Centro. Ci aiutano come sempre lo stradario e una mappa di Messina oltre che la memoria…, scendiamo verso mare:
Piazza ( della) Stazione (omesso), già Piazza Roma, nome mutato” per dare una indicazione rapida al forestiero dove è ubicata la stazione ferroviaria” e poi Piazza della Repubblica, una piazza antica in quanto la linea Messina Catania venne inaugurata il 24-giugno 1866 e la prima costruzione della stazione fu fatta in baracca in legno, venne poi realizzata in muratura, lungo la parte meridionale della piazza, con una parte centrale a due elevazioni, con al centro un orologio,e si allungava lungo la piazza, per la linea Messina - Palermo bisognò attendere il 1895. La stazione fu parzialmente distrutta nel terremoto del 1908, fu riattivata alla meglio, e poi ricostruita negli anni successivi ad un solo piano, con un prospetto massiccio quasi un punto d’arrivo. La piazza fu occupata, dopo il terremoto, da baracche di servizi, Poste, Telegrafo, Telegrammi, ed altri servizi, liberata dalle baracche fu nuovamente raggiunta dal Tram, prima a cavalli poi a vapore. Per molti anni era uno spettacolo vedere un flusso di pendolari che uscivano o entravano a seconda degli orari, e vederla sempre affollata di persone, assottigliatosi nel tempo, per minor uso del mezzo su rotaie, sino ai nostri giorni quasi inutilizzata (la metro ferrovia è diventa una chimera) il Cargo, nome dato al servizio merci, ridotto a lumicino, ovvero quasi inesistente. La vecchia stazione venne demolita nel 1938 e realizzata nel biennio successivo come Opera Del Regime in uno alla stazione Marittima, ed inaugurata il 28-10-1941 a lato fu realizzato, nel 1939 il Cavalcavia che attende paziente di avere, almeno, dopo quasi settanta cinque anni di onorato lavoro, un minimo di manutenzione!!! Penso meritata! Oggi la stazione ferroviaria, che è sottoutilizzata fa gola a molti per grosse speculazioni, come abbiamo già detto in altra parte di questo sito e con una specifica cartolina. La Piazza antistante usata, per molti anni, quale fermata degli autobus oggi è attraversata dal Tram ed è l’unico cappio di ritorno per un uso parziale della linea tranviaria di tutta la linea, ha avuto nel corso degli anni diverse trasformazioni sino all’attuale con la fontana, dall’alto zampillo, che bagna i passanti a secondo la direzione del vento, passate vicino con lo scirocco o la tramontana, doccia assicurata!!. Pochi metri prima vi è piazza Cavallotti antica piazza che prima del terremoto era prospiciente al Collegio Militare, caserma dove erano acquartierati diversi reparti, distrutto nel terremoto con la perdita di molti soldati. Durante il terremoto piena di tende e baracche. Oggi la piazza ridotta ad un quarto è prospiciente la Banca D’Italia, la Camera del Commercio e parte della Dogana ex palazzo Reale. Intitolata a Felice Cavallotti uomo politico e scrittore deputato, militante con Garibaldi nella spedizione dei Mille, fu ucciso in duello per il suo ardore polemico. Se invece di andare verso il mare andiamo verso monte troviamo un’altra piazza caratteristica, è Piazza del Popolo oggi denominata piazza Lo Sardo, ma da tutti intesa con il vecchio Nome. Una piazza antica contornata da portici e prima del terremoto sede anche di edifici militari come i Forni Militari che panificavano per tutti i reparti di stanza a Messina producendo le classiche pagnotte da chilo e mezzo, razione dei soldati per due giorni,( 750 grammi al giorno fine ottocento) e dove a giorni alterni tutti i reparti mandavano le proprie carrette a prelevare il pane o la galletta ( razione 560 grammi al giorno, in sostituzione del pane, fine ottocento). Al centro una bella fontana, danneggiata nel terremoto e negli anni trenta trasferita nella piazza di Granatari dove oggi versa nel totale abbandono. Ricostruita la piazza, leggermente spostata rispetto al sito di prima del terremoto, rimaneggiata, ma circondata sempre da una corona di portici, unica a Messina con uno stile omogeneo e con i portici e palazzi a tre piani,ben sei vie che convergevano al centro, oggi utilizzata come rotatoria. Fu per molti anni sede del mercato ortofrutticolo all’ingrosso, in uno a parte della Via Porta Imperiale, prima che questo venisse trasferito a Contesse alla fine degli anni sessanta. Ci si augura che lentamente, il senso civico la faccia diventare un angolo caratteristico della Città, ed i portici siano portati all’altezza di quelli di altre città e riqualificati, illuminati, dopo anni di uso promiscuo. Scendendo solo di pochi metri vi è Piazza Seggiola o largo Seggiola dove confluiscono via E. Lombardo Pellegrino, che ritorna al vecchio nome, di Santa Marta, la via Maddalena e la via Mario Giurba, vi è il cinema Lux, esistente dagli anni 50, e dal 1960 vi è un monumento eretto alla Regina Elena di Montenegro, in ricordo del suo aiuto alle popolazioni di Messina nel Terremoto del 1908, il monumento venne realizzato con una sottoscrizione lanciata dalla “Settimana INCOM illustrata”, l’opera è dello scultore fiorentino Antonio Berti; il nome del Largo deriverebbe da un antico quadro, della Madonna della Seggiola, che sembra fosse venerato nelle vicinanze. Se proseguiamo verso sud incontriamo largo Due Vie, oggi Piazza Annibale Maria di Francia anche questo Largo, esistente prima del terremoto, dove si dipartivano le vie Cardines e Porta Imperiale , oggi via Cesare Battisti e via A. Martino, che si immettevano nel quartiere Avignone, oggi il largo è occupato da aiuole e da un Monumento a Santo Annibale Maria di Francia, mentre la Cesare Battisti prosegue sino al Viale Europa nella nuova sede, a valle del vecchio tracciato pronto a sparire anche nell’ultimo pezzo esistente. Proseguendo sulla Cesare Battisti si incontra piazza Zaera (Ciaera) oggi una rotonda fatta male che invece di velocizzare il traffico lo rallenta, un piccolo largo a verde, ed un grande spazio destinato a parcheggio ma usato per il mercato rionale. Sulla denominazione, accettiamo quanto dice il Buonfiglio che in dialetto “cià era” qui era (la Città), infatti fuori delle mura era sorta sulla via del Dromo ( Porta Imperiale ed oggi A. Martino) un grosso agglomerato urbano e era stata eretta una porta prospiciente il ponte sul Camaro sulla la via per Catania diventando uno dei principali ingressi di Messina. Zona poco danneggiata dal terremoto, e di espansione delle baracche in un primo tempo e poi di costruzione di servizi. Continuando verso sud incontriamo una ex piazza: piazza Dante un quadrivio dove incrociava il Viale San Martino con la Via Teodoro Roosvelt con quattro larghi spazi a verde di fronte al Cimitero Monumentale. Con Numerosi progetti si sono realizzate le più disparate opere: L’arena , la Piscina , il Tram che la ha circondata a monte con parcheggio di interscambio, una corsia per autobus per lasciare un filare di alberi, e poi il verde che assomiglia ad un bosco in quanto poco curato e progettato e …. incidenti vari, ecco la nuova villa Dante, ritengo fosse più bella come era prima …poi ogni’uno ha le proprie idee di verde. Poche centinaia di metri dopo vi è , o meglio era, Piazza Palazzotto a Provinciale di fronte la Chiesa Santa Maria di Gesù, piazza sacrificata al tram, ridotta ad un incrocio, sempre congestionato dal traffico, che ha perso ogni connotazione di Largo, intitolata a Girolamo Palazzotto, architetto messinese del settecento, che disegnò diversi prospetti di chiese fuori città. Se proseguiamo per alcune centinaia di metri un’altra piazza sacrificata al tram è Piazza Francesco Saccà, al vecchio “Curvone Gazzi” dove l’autobus verde della Satis, della linea due, faceva capolinea. Intitolata ad un patriota messinese che giudò una squadra di insorti nei moti del primo settembre 1847 e, proscritto riuscì a salvarsi, riparando all’estero. Mi fermo, nella mia passeggiata, al Ponte della Ferrovia, anche se oltre esiste qualche piccolo largo detto piazza, ma di minore rilevanza storica. Mi riservo in seguito di rivolgermi verso Nord sempre partendo da Piazza Cairoli. Un commento telegrafico: o per una ragione o per un’altra le piazze a Messina sono sempre in pericolo….di estinzione, fate mente locale e vedete che è così!!! Come sempre, alla voce foto, vi mostro diverse immagini di alcune piazze, spero vi piacciano. Franco Spadaro





Piazza Cairoli

… già salotto buono di una Città!!!



Una via, una storia, i ricordi.

Dallo Stradario: Piazza Cairoli omesso perche conosciuto Fratelli Cairoli, cinque fratelli di Pavia (Benedetto, Ernesto, Luigi, Enrico e Giovanni) tutti parteciparono a fatti d'armi del Risorgimento, Benedetto fu anche deputato e due volte Presidente del Consiglio, Ernesto ed Enrico morirono in combattimento.

La più grande piazza della Città nuova, creata al di la del torrente Portalegna ( Tommaso Cannizzaro oggi) con il viale San Martino passante, la Via Garibaldi (già Ferdinanda) che si innesta vicino la Piazza ed altre vie a monte e a valle quali la Dogali, 27 Luglio (1860) e G. Bruno.

Creata nella città Nuova, quella al di la delle mura che chiudevano la vecchia città, con il Viale San Martino che l'attraversa e punta al mare con un leggero declivio, e che porta alla via per Catania dall'altro lato, di forma squadrata, serve, dopo l'Unità d'Italia, a consentire di fare incontrare le carrozze della Messina nobile, la domenica, e far mostra delle migliori carrozze, dei migliori cavalli, guidate da cocchieri in livrea (U gnuri), degli abiti più sfarzosi, mentre gli occupanti si scambiavano convenevoli, dato che la piazza non aveva marciapiedi e era adornata da pochi alberi abbastanza distanti.

Era la piazza delle parate militari dove i reparti accasermati nella Cittadella, nel Collegio Militare, nella Caserma sita in Via dei Mille sfilavano innanzi ai generali, tra due ali di popolo nelle ricorrenze previste. Era circondata da alti palazzi (quattro piani oltre mezzanino dove c'era il classico "casa e putia") abbastanza moderni, che gli conferivano un aria di quartiere nuovo rispetto a Piazza Duomo circondata da case più basse, e da piazza Municipio con palazzi importanti come la Camera di Commercio, ed il Municipio, maestoso con la sua facciata posteriore, mentre quella anteriore era prospiciente la Palazzata ed il porto con lo sbarcadero, e Piazza Cavallotti con il Collegio Militare e la bella fontana zampillante al centro.

Questa piazza aveva una sua connotazione, una sua fisionomia, era moderna, ariosa e le strade che vi confluivano erano sufficientemente larghe ed abbastanza dritte non come molte del centro storico, non larghe e con diverse curve, ed era forse l'unica senza una fontana, un monumento che la caratterizzasse.

Il lontananza si vedeva il porto, la Dogana e da dove iniziava la Palazzata, dalla piazza passava il Tram per Faro e Barcellona P.G.,mentre sul vale San Martino svoltava quello per Tremestieri provenienti entrambi dalla rimessa di Piano Mosella.(oggi locali dell'Istituto Verona Trento). I terremoti del 1893 e successivi, non arrecano danni agli edifici, se no marginali.

Ma il destino che doveva cambiare volto e fisionomia a Messina era in agguato. All'alba di lunedì 28-dicembre-1908 tutto doveva essere stravolto dal terribile sisma.

Anche Piazza Cairoli fu gravemente danneggiata, ma salvo poche eccezioni, gli edifici subirono danni seri da renderli in agibili, ma non crollarono, tanto da dare alla piazza un aspetto spettrale, ma non di distruzione.

La piazza fu presa d'assalto dai disperati sopravvissuti che crearono tende di fortuna con materiale recuperato e poi, in prosieguo, baracche. Anche le autorità sfruttarono la piazza per istallarvi baracche con posti di comando e Ambulatori e possiamo dire fu un punto di riferimento, un poco, per molti sopravvissuti. Quando si pensò di iniziare a realizzare baracche, furono razionalizzate quelle di Piazza Cairoli e furono realizzati edifici di servizi (Poste, Magazzini di vendita, Bar-Pasticceria, ed il mercato giornaliero di frutta e verdura che serviva la Nuova Messina: quella delle baracche).

Tutta la Messina delle baracche, Italiane ed Americane e gli uffici pubblici ubicati nella zona di santa Cecilia, gravitavano verso Piazza Cairoli complice il Viale San Martino, oggi diremmo strada a scorrimento veloce sia pedonale che delle carrozze e dei carri, e dopo qualche anno dal disastro percorso pure dal Tram, l'ubicazione dell'ospedale prima in tenda, nel piano della Mosella, poi sul torrente Camaro l'ospedale Piemonte realizzato nel 1913, e poi le scuole ubicate prima in baracche poi nei primi edifici realizzati.

La vita riprende e si comincia la nuova edificazione previa la demolizione, e molti edifici non troppo compromessi furono ridotti ad un solo piano oltre pianterreno con mezzanino ed abitati.

Piano, piano che si edificano edifici pubblici e privati e si eliminano baracche, Piazza Cairoli diviene la piazza nuova e venne circondata da palazzi nuovi sono del 1920/ 1930 Il Collegio Sant.Ignazio Dei Padri Gesuiti: la Scuola di Messina, Il Palazzo del Credito Italiano (all'epoca Banca Nazionale di Credito) l'albergo Venezia, e poi il bar Irrera con la sala in stile e gli ottimi prodotti. A piazza Cairoli alla fine degli anni 30 viene realizzata la Stele Littoria per celebrare le glorie del Regime. La piazza viene sempre attraversata dal Tram che arriva a Torre Faro, passando per Via Garibaldi e lungo il Viale San Martino sino a Tremestieri sino alla soppressione nel 1950.

Nel dopoguerra, riparati i danni dei bombardamenti, abbattuta dagli alleati la Stele Littoria, si da un nuovo assetto alla piazza viene messo lo spartitraffico basso a palo prima dell'intersezione con il Corso Garibaldi, vi è la cabina elettrica nel triangolo San Martino, Garibaldi, Tommaso Cannizzaro, dove in un angolo vi è un riparatore di occhiali e penne, dopo alcuni anni lo spartitraffico viene sostituto da un alto lampione a cupola "u funciu" come era detto, mentre d'estate la Messina bene prende il gelato o la granita seduta ai tavoli del Bar Irrera, dell'Ariston, della Latteria Santoro, solo per citare i principali sotto gli alberi popolati da stormi d’uccelli. Vi erano i Lustrini (lustrascarpe) ed era funzionante il chiosco di ghisa, recuperato dal lungo porto, per le famose limonate al sale, di fronte sul lato mare funzionava un altro chiosco in muratura.

Nella piazza, lato mare, ad ogni consultazione elettorale, locale o nazionale, venivano eretti due palchi cui si alternavano i candidati per esporre i propri programmi con musiche, bandiere, ed a seconda l'impronta del candidato variava il pubblico, attirato anche da auto con altoparlanti che giravano per la città, questi era invece compatto e numeroso quando l'oratore era qualche personaggio caratteristico, o di spicco a livello nazionale.

Il Viale San Martino viene rifatto, tolte le corsie dei tram e "u basulatu i petra i Catania" si asfalta tutto diventa "extralarge" e caratteristico della Città.

Il sabato, poco dopo le sedici, veniva venduto dagli strilloni il Don Giovanni giornale che riportava i numeri appena estratti, che diventava "Dongiovanniennummera", per gli appassionati del lotto, insieme all'Ora di Palermo, giornale della Sera, prima che diventasse anche questo giornale, del mattino e poi chiudesse. Le voci cantilenanti degli strilloni che passavano scandivano il trascorrere del tempo, insieme al caratteristico rumore delle carrozzelle che passavano veloci, degli autobus della SATIS, verdi e massicci, che si fermano e ripartono spostando una fiumara di gente.

Poi cominciarono le demolizioni Il collegio Sant'Ignazio dei Gesuiti, poi l'albergo Venezia, poi il Palazzo di Santoro e poi Il Credito Italiano, il palazzo di De Dominici, e poco più avanti il palazzo di Rotino, la piazza cambia fisionomia spariscono i Lustrini, chiude l'Irrera, e gli altri bar, continua solo Santoro dei vecchi bar, ne sorgono di nuovi si alternano nuovi negozi.

Viene realizzata una piazzetta a verde al centro del triangolo, eliminata ormai da anni la cabina elettrica divenuta sotterranea, si ha prima solo una aiuola che in seconda versione una piazzetta ricca di fiori e con un pizzico di verde ed una mini rotatoria.

Poi l'inizio della fine, si fa la rotatoria della piazza e si fa passare al centro il Tram, si realizza quel monumentale ammasso di ferro e ruggine, pericolosa a se e ai passanti (a proposito sentita a Milano: lo sapete quale è la città attrezzata per accogliere bene gli extra terrestri? No!! Ma è Messina, che al centro di Piazza Cairoli ha realizzato una graticola per fare arrosti e banchetti per loro) si realizzano gli zampilli già rifatti un paio di volte e che funzionano a singhiozzo.

E chi più ne ha, più ne metta, la piazza lasciata al caos nella peggiore indisciplina ed illegalità con un saltuario presidio, che dopo qualche mese di presenza scompare, il parquet fatto per realizzare le case popolari dei topi, e fare rompere il collo ai cittadini, (tanto paga il Comune) perché sempre rotto, e la scusa per mantenerlo è che altre città hanno il parquet nelle piazze, ma non alberate con gli alberi di Piazza Cairoli.

E poi ecco il salotto buono diventato vecchio e proto da rottamare, fare nuovi progetti e spendere sempre soldi, è vero!!! i proverbi antichi hanno sempre ragione "su ricco non pazzia, u poveru pinia".

A cura di Franco Spadaro, uno che purtroppo ama Messina e dice ciò che pensa ed ha buttato giù "questa carrellata di ricordi a volo d'uccello".





La Madonna del Porto di Messina
ha 78 anni….e li festeggerà quasi al buio.



Inaugurata per Ferragosto del 1934, illuminata dal Papa Pio XII con un segnale radio fatto funzionare da Guglielmo Marconi …e spenta dall'incuria delle Autorità Messinesi.

Da una decina di giorni la Stele della Madonna del porto è quasi del tutto al buio, l'impianto di illuminazione ha smesso di funzionare in gran parte, ma … nessuno se ne è accorto, nessuno ha visto, nessuno provvede.

Se un Biglietto da Visita si dava al momento della presentazione, quello che è costretta a dare Messina, per l'incuria di chi amministra, che non vede e non provvede, è sempre negativo proprio in occasione del Mezz'Agosto in cui l'Amm.ne spende per fare vedere una Messina in festa, il biglietto presentato butta qualunque iniziativa alle ortiche (che crescono copiose).

Non credo che gli occhi li abbiano solo i soci della Nostra Associazione, perché in caso contrario si chiede, da parte degli organi di controllo, di dare la caccia a tutti questi falsi non vedenti che amministrano o stanno negli uffici di Messina preposti al decoro della Città.

Se nel piccolo si agisce così, perché nessuno è interessato, si traggano le dovute conseguenze…..

O bisogna chiedere l'intervento di organi televisivi nazionale per smascherare chi omette di fare il proprio dovere.

Messina 10-08-2012
L’ A.S.M.M. ( fatta da gente che vede e scrive).





28/02/2019


La zona Falcata, un simbolo e la forza di Messina



Se Messina esiste lo deve al luogo creato dalla natura e scelto dai nostri progenitori, che videro questo porto naturale, in uno Stretto pericoloso, ma amico, in quanto pescoso e punto di passaggio che consentiva di commerciare e di contattare popoli di diversa etnia, di tutto il Mediterraneo consentendo alle popolazioni, stanziatesi in questo luogo, di prosperare ed espandersi.



Ma con il passare del tempo la ricchezza della città e del suo porto suscitarono appetiti ai predoni, pirati e forze di varie nazioni che volevano occupare siti strategicamente importanti, o semplicemente depredarli.



Così da sempre Messina si cinse di mura, torri, castelli, per difendersi e mantenere la propria autonomia. Con l'evolversi dell’artiglieria, e delle armi da fuoco in generale, divenne necessario difendere anche il porto e la zona falcata, in quanto il commercio gravava sul porto.



Ai tempi della guerra del Vespro nella zona falcata esisteva la Torre di Sant'Anna per difendere l'imboccatura del porto e durante la guerra del Vespro il porto veniva chiuso, di notte, con una spessa catena che, dall'odierna foce del torrente Boccetta, veniva bloccata alla Torre di S. Anna, catena che fu venduta durante una carestia nel 1392.



Vicino alla Torre di S. Anna sorgeva il Monastero Basiliano di San Salvatore dei Greci, queste due strutture erano le principali costruzioni che esistevano nella Zona Falcata agli inizi del 1500.



La situazione si evolve con l'ingresso di Carlo V a Messina, reduce da vittorie contro l'Impero Ottomano che vuole espandersi ad Occidente, Carlo V stabilisce che bisogna fortificare le piazzeforti della Sicilia e Messina in particolare. Vengono realizzate delle possenti mura integrate a quelle pre-esistenti, migliorati i forti e i castelli esistenti, create nuove fortezze fuori le mura, e ci si dedica anche a fortificare la zona falcata e proteggere adeguatamente il porto.



Le opere sono affidate al coordinamento del Viceré Don Ferrante Gonzaga che a prescindere dai lavori in città (Costruzione del Grande Ospedale Civile, Acquedotti, Mura, Fortezze, Castello Gonzaga sulle colline) crea, sulla spiaggia di Mare Grosso, Il Bastione Don Blasco per tutela da attacchi Moreschi, e il forte San Salvatore.



I monaci Basiliani si trasferirono dove sorge l'odierno nuovo Museo, alle foci del Torrente Annunziata, dove edificarono un ampio Monastero e una chiesa dedicata a San Salvatore dei Greci, entrambi crollarono nel terremoto del 1908, con diversi morti della Guardia di Finanza, in quanto il monastero era stato requisito nel 1864 ed usato come caserma e scuola della Finanza.



Furono chiamati a edificare le difese della Città Antonio Ferramolino, coadiuvato dall'ing. Domenico Giuntalocchi, mentre il Montorsoli progettò il Faro di San Raineri, fu consultato per le opere militari da erigere, anche Francesco Maurolico. Nel 1557 era stata posta sul molo del porto la fontana del Nettuno. La città così fortificata accolse l’armata di Don Giovanni d’Austria, pronta a partire per la battaglia di Lepanto del 1571. Nel 1622 Emanuele Filiberto ordinava di edificare la Palazzata sul lungo-porto.



Di fronte al San Salvatore viene realizzata la fortezza della porta Real Basso che consentiva, con il Forte dirimpettaio, di chiudere il porto, anche con catene, nei momenti di crisi, di impedire l'accesso al porto e difendere le navi che erano all'ancora.



La costruzione del Forte San Salvatore inizia nel 1546 con la eliminazione del vetusto monastero, e viene inglobata, nella nuova fortezza, anche la vecchia Torre di S. Anna creando un baluardo a forma circolare con le mura a picco sul mare che chiude la punta della falce con le feritoie a "bocca di lupo" abbastanza basse per colpire le navi nemiche sia nell'opera morta che nelle sartie. Nella parte lato nord era situata la polveriera esplosa nel 1549, a giro le postazioni di artiglierie, posti di combattimento isolati, come se si trattasse di una nave, con maggiore sicurezza e funzionalità in quanto in caso venisse colpita una postazione non incideva su quella vicina, date le spesse mura che le separavano, e con la possibilità di mettere pezzi anche sui bastioni esterni merlati, a cielo aperto come sul ponte di una nave.



All'interno i lavori si sono susseguiti nel tempo, furono realizzate diverse porte monumentali con postazioni per fanti, per una difesa interna dei vari passaggi. Sulla struttura originaria furono aggiunte nel tempo diverse altre postazioni di artiglieria per aumentare il volume di fuoco e coprire sia il lato mare che il porto.



La parte circolare, detta forte Campana, è stata ristrutturata da recente e si sono scoperte tracce dell'antica Torre di Sant'Anna, mentre sono state fatte anche opere di consolidamento delle mura e della base della Stele della Madonna del porto, edificata nei primi anni trenta ed inaugurata nel 1934.



Il forte oltre allo scambio di colpi nelle varie rivolte di Messina (1821-1848 e campagna garibaldina 1860) ed allo scoppio della Santa Barbara, ha subito attacchi e conseguenti gravi danni nel 1718/19 (Piemontesi ed Austriaci) e 1734/35 (Carlo III), ha subito due terremoti catastrofici (1783 e 1908) che portarono, negli anni 10, per economia, all'abbattimento della parte di muraglioni prospiciente il porto e l'assegnazione dal 1913 di tutta l'area alla Regia Marina che la ristrutturò totalmente e fece di Messina una base importante tanto da essere sede anche nella seconda guerra mondiale della III Divisione Incrociatori Pesanti.



Altra opera, iniziata con il fine di erigere un faro nella penisola di San Ranieri per aiutare i naviganti, ed indicare loro la via per tenersi lontani dai gorghi, è la Lanterna del Montorsoli, anche se vi erano tracce di fari realizzati in periodi precedenti, l'opera che tiene conto della necessità di non interferire con gli orizzonti di fuoco delle artiglierie, fu realizzata nel 1555 come sembrerebbe affermare una iscrizione del Maurolico. Per il luogo dove è edificata, per le finestre a bocca di lupo, assume ben presto anche carattere militare e venne rinforzata, in epoche successive, da baluardi che in parte nascondono l'opera, semplice ma molto bella per la forma a tronco di piramide con le pareti a declivio e bugnate con pietra. Fossati e muri di difesa, oltre altre opere contigue per posizionare ulteriori pezzi di artiglieria, rivolti verso lo Stretto, non sminuiscono il manufatto che resta tra i meglio conservati della Falce. Oggi la lanterna si nota poco essendo stata circondata da altri insediamenti, militari, oltre una macchia di alti alberi, ma, vista in immagini di fine ottocento, con ampi spazzi liberi, da una impressione di sobrietà e di forza molto accentuata.



L'opera per eccellenza della falce, per la sua forza e la sua portanza e senza dubbio alcuno la Cittadella. Già nel 1671 il Vicerè Principe di Ligne inizia una ricognizione delle opere fortificate esistenti in Sicilia e si fa accompagnare dall'esperto Carlo Grunemberg, nel 1673 ispezionarono le difese di Messina, ormai sull'orlo della rivolta, ed ebbe,l’esperto ingegnere, incarico, al ritorno degli Spagnoli a Messina, di rafforzare le difese e concepì la sua opera maggiore con quel capolavoro di costruzione militare del 1600 che fu la Cittadella.



Nel 1679 ebbe, quindi, incarico di realizzare l'opera da lui progettata, ma deve precisarsi che nello stesso periodo vi erano stati altri progetti meno appariscenti, mentre l'opera da lui progettata era non solo possente, ma posta a chiusura della zona falcata, come baluardo contro invasioni che potevano effettuarsi sbarcando sulle spiagge di Maregrosso, o sulla penisola per attaccare il porto. Ovviamente questa opera fu vista di malanimo dai messinesi, vessati dagli Spagnoli, e che la ritennero punitiva, per la rivolta appena conclusa tragicamente, per la circostanza che la sua forma pentagonale con spigoli vivi consentiva di bombardare anche la Città, offrendo un bersaglio molto defilato, oltre che essendo pesantemente armata per 360 gradi era difficile da conquistare.



I lavori procedettero velocemente e comportarono grosse demolizioni, nel piano Terranova di tutti i bastioni per la necessità di lasciare ampi spazi come raggio di fuoco e da usare per piazza d'armi dei soldati che occupavano la Cittadella, spazi che, ampliati dai Borboni, arrivavano fin quasi all'altezza dell'odierno viale San Martino, terreni che diventarono il piano della Mosella, lasciati ad usi agricoli da usarsi per potere bombardare la Città in caso di nuova rivolta, e che servirono per fare nascere la città in baracca dopo il terremoto.



Nel giro di pochi anni l'opera fu realizzata infatti, dal 1679 data di affidamento dei lavori, già nel 1681 doveva essere pronta porta Grazia (la data si rileva in una iscrizione) e i lavori erano quasi ultimati nell'anno successivo, tanto che il 06 novembre 1683 fu issato sulla fortezza il vessillo Spagnolo diventando operativa.



La fortezza circondata da profondi canali, con controguardie e rivellini era piena di cannoni rivolti in ogni direzione con mura possenti e taluno esterno leggermente inclinato da potere assorbile molti colpi sparati dai cannoni dell'epoca.



La cittadella si arrese solo agli Spagnoli nel 1718, agli Austriaci nel 1719, ed a Carlo III nel 1735, gravi danni furono arrecati all'opera nel 1848 durante la rivolta di Messina, restaurati alla meglio, e dall'assedio delle truppe del Generale Cialdini nel 1861 quando dovette arrendersi dopo lo scoppio di una delle Polveriere ed il tiro pesante dei nuovi e potenti cannoni a retrocarica ed ad anima rigata dislocati in tutti i punti strategici di Messina, ultima fortezza ad arrendersi nel Regno delle Due Sicilie, il 13 marzo 1861.



Dopo l'Unità d'Italia vi furono forti richieste, da parte di frange della cittadinanza, di demolire la Cittadella, vista sempre come opera repressiva del potere regio. Vennero presentate richieste e redatti progetti di demolizione ma nessuno fu mai ne approvato ne finanziato. Le autorità militari del Regno d'Italia, invece, vi acquartierarono reparti, vi allocarono il Distretto Militare, la Direzione di Artiglieria, ed altri uffici Militari.



Dopo l'Unità D'Italia fu solo realizzata una strada che portava verso la Lanterna di San Raineri, per rendere fruibili gli ampi spazi esistenti per gite domenicali e partite di calcio e verso il forte ed il Bacino di Carenaggio ed altri opifici annessi.



La cittadella fu operativa sino al 1908 quando venne danneggiata dallo sprofondamento di tutta la penisola di San Raineri, per effetto del terremoto e del maremoto, onda alla penisola di un paio di metri, danni ed alcuni crolli a costruzioni interne e fenditure nelle mura, che però resistettero bene. La penisola fu risollevata con deposito di macerie della città. Dopo, la Cittadella fu usata prima per deposito di materiali tratti dalla città distrutta, e con la ricostruzione di Messina si iniziò la demolizione del bastione Norimberga, con la dinamite per fare posto al molo omonimo, per ampliare i depositi di carbone, e quindi del bastione San Carlo per realizzare nel 1939 la Stazione Marittima, ed il San Francesco, ed altre opere esterne, per necessità contingenti. Ulteriori danni furono arrecati dai pesanti bombardamenti alleati diretti al porto ed alle infrastrutture, ai depositi ed alle stazioni, mentre negli anni 50 si mandavano operai, dei cantieri di lavoro, a demolire, parte di questa "ingombrante opera".



La famosa porta Grazia fu malamente smontata e ricollocata in piazza Casa Pia, dove oggi testimonia l'indifferenza per le cose belle, ma almeno è rimasta e non è finita altrove come le antiche grate delle finestre della Cittadella. Solo dopo cinquanta anni di degrado, e di distruzione sistematica, di tutto quello che non era occupato dalla Marina Militare, o da altri corpi militari, si piange sui disastri, anche dopo il fallimento di tutte le imprese che operavano nel campo marittimo o artigianale nella falce cui erano state assegnate o da cui erano state occupate le aree della penisola e i resti della Cittadella.



Nel Periodo Umbertino, sempre vicino la Lanterna, sorse in Tiro a Volo, mentre le aree dell'ex lazzaretto e dei vari bacini furono occupati sia dal Bacino di Carenaggio, rifatto più volte, che dall'Arsenale Militare Marittimo e da una centrale elettrica. Il Bacino di Carenaggio e l'Arsenale sono le uniche imprese che funzionano, oggi, mentre da qualche anno si ha l'attracco delle navi Ro-Ro che collegano Messina con Salerno, anche Mare Sicilia comando della M.M. è stato trasferito ad Augusta.



Imprese come i Cantieri Cassaro, che costruivano e riparavano navi, la Cesariello che produceva marmellate e confetture ed aveva come marchio la madonnina del porto, solo per citarne alcune, non esistono più. La Rodriquez che costruiva aliscafi e li esportava in tutto il mondo, effettua riparazioni e ha cambiato denominazione ed è in difficoltà.



La Degassifica, realizzata vicino la Lanterna, è chiusa da anni e crolla a pezzi, utilizzata solo qualche volta dopo la sua costruzione, è stata un fallimento e si deve decidere come smantellarla, l'inceneritore dopo essere stato aggiornato, oggi viene demolito a pezzi, si comincia a parlare di recupero e restauro di quanto resta della Cittadella e di tutta l’area circostante, ma ad ogni passo si incontrano "sorprese di ogni tipo" (munizioni, oli esausti, materiali edili ecc.) e si spera di trovare i fondi per liberare i resti della Cittadella e portarli ad un aspetto presentabile e renderli agibili dopo adeguato restauro.



Sempre per speculazione edilizia si vuole smilitarizzare tutta la penisola, ma, lasciando la presenza militare, oggi ridotta ad un ufficio della Marina Militare, alla Guardia Costiera ed al GAN della Finanza, la Cittadella, può essere recuperata ugualmente e diventare, insieme al Forte San Salvatore, alla Lanterna ed alle are attigue, un polo turistico eccezionale date le opere che ancora sono presenti non ostante la furia distruttrice dell'uomo, che poi va a ammirare, opere di pregio inferiore a queste, sia in Italia che soprattutto all'Estero dove queste sono state restaurate con i fondi europei da noi persi.
A cura di Francesco Spadaro.



11/07/2012

Una strada, un nome, una pagina gloriosa di storia di Messina,

Riprendiamo la ricerca di strade di Messina che ricordano una pagina di storia, siamo sempre nel centro storico e parliamo questa volta di tre strade in quanto la loro toponomastica le accomuna. Di una tra 16 giorni ricorre il 152 anniversario dell'evento!

Via Ventisette Luglio, l'anno al solito non è riportato perché noto! (1860) lo stradario così ci spiega: da via La Farina a Cesare Battisti, passando per Piazza Cairoli, l’altra via connessa è: Via dei Mille, nello stradario: da via T. Cannizzaro al Viale Europa, alcuni tratti di detta via hanno preso altri nomi, negli anni 1955 e1957. Un'altra strada connessa è Via Nino Bixio nello stradario da Piazza P. Francia al recinto ferroviario (Gerolamo Bixio detto Nino n. a Genova nel 1821 m. a Sumatra nel 1873 per colera) dal 1848 partecipò alle guerre di indipendenza ed a tutti i fatti d’armi, sino alla presa di Roma nel 1870.

In Italia, Camillo Benso conte di Cavour, primo ministro del Regno di Sardegna, tesse le sue trame per "fare l'Italia" e dopo l'invio dei Bersaglieri in Crimea e di plenipotenziari di sesso femminile a Parigi, riesce a fare scendere in campo l'Impero Asburgico contro il "piccolo" Piemonte, con adeguate provocazioni, per fare scattare l'alleanza "difensiva" con la Francia contro l'Austria. La seconda guerra d’Indipendenza si conclude prematuramente, ma il Piemonte riceve la Lombardia, poi, dopo le adeguate proteste, avvengono le annessioni dei regni dell'Italia centrale. Mancano lo Stato Pontificio e Il Regno di Napoli. Per il primo bisogna stare attenti in quanto è protetto dalla Francia, il Secondo invece è solo in quanto non può contare su nessuna Nazione europea e l'intrigante Inghilterra, con la sua potente flotta dislocata a Malta e Gibilterra, per proteggere i suoi cittadini ed i suoi interessi commerciali nel Sud Italia, ed in Sicilia in particolare, vede di buon occhio una Italia più grande per bilanciare la Francia con le sue mire espansionistiche nel Mediterraneo. (L'applicazione del detto "dividi ed impera" è applicato alla lettera).

Questo il quadro che si presenta nel 1860 cui vanno aggiunti la Carboneria, Mazzini, ed i fuoriusciti dal Regno delle due Sicilie a seguito dei falliti moti del 1848, della rioccupazione della Sicilia e della repressione attuata dal Re Ferdinando II e delle successive "attività sovversive" subito represse dalla polizia Borbonica, con arresti e deportazioni al confino, e le fughe dei ricercati in esilio.

In tutto questo movimento si inserisce tale Giuseppe Garibaldi rientrato in Italia e pronto a darsi da fare per aiutare il suo nemico Cavour nel Fare l'Italia con la monarchia Sabauta, contro il suo amico repubblicano Mazzini. In Sicilia vi era del fermento, venne falsamente riferito a Garibaldi che l'isola era "quasi" insorta ed era pronta a combattere il re, Francesco II, succeduto l'anno prima al padre Ferdinando secondo deceduto.

Francesco II era inteso come jettatore in quanto circolava questo detto "Cicciu nasciu - So matri muriu; Cicciu si maritau - sò patri crepau; Ora ca è re – viditi chi c'è." (Quando nel 1836 Ciccio, diminuitivo siciliano sta per Francesco, è nato sua madre è morta; quando nel 1859 si sposò suo padre è crepato, ora che è re, vedrete quello che succederà; e perse il regno).

Garibaldi fu seguito da un migliaio di uomini e spinto da Cavour li radunò a Genova per imbarcarsi su due piroscafi il Piemonte ed il Lombardo e salpare da Quarto il 5 maggio 1860. Il Piemonte comandato da Nino Bixio, il Lombardo comandato dal palermitano Salvatore Castiglia e sul Lombardo era macchinista il palermitano Giuseppe Orlando futuro industriale dei Cantieri navali Orlando di Livorno.

Una sosta a Talamone per prendere armi, organizzarsi, dividersi le camicie rosse che non bastavano se non per poco più della metà, e via per Marsala dove sbarcarono inseguiti dalle navi borboniche Stromboli, Capri e Partenope che non aprirono il fuoco, se non dopo lo sbarco, per timore di colpire le unità inglesi Argus ed Intrepid in porto per tutelare gli interessi di residenti Inglesi, era l'11 - maggio - 1860.

Appena sbarcato, Garibaldi, lancia un proclama ai Siciliani per chiedere alle squadre siciliane dei Picciotti di unirsi a lui ed anche ai Borboni di collaborare, in quanto comprende che con meno di mille uomini, male armati ed equipaggiati, non può attaccare Palermo. I siciliani arrivano o a squadre intere o alla spicciolata, ed il 15 - maggio a Calatafimi vi è lo scontro con le truppe del generale Landi, forte di tremila uomini ed artiglierie, la battaglia è dura e Garibaldi rispondendo a Nino Bixio, che suggeriva di ritirarsi, disse "Ritirarsi e dove" in quanto non vi erano retrovie.

Il Generale Landi se avesse contrattaccato avrebbe sconfitto le stremate truppe di Garibaldi, preferisce invece ritirarsi, a fine giornata, su Palermo e la ritirata diviene una rotta in quanto le popolazioni dei centri attraversati attaccano le truppe in ritirata. Cosi Garibaldi punta su Palermo, conquistarla è un osso duro e dopo ripetuti attacchi, attirate fuori Palermo parte delle truppe, con uno stratagemma, riesce ad entrare e conquistare la città il 27 - maggio - 1860. La battaglia, inframmezzata da armistizi, durò sino al reimbarco borbonico il 06 di giugno.

Le truppe borboniche organizzano una difesa a Milazzo appoggiandosi al Castello ed al porto. La colonna comandata da Medici, diretta a Messina, attacca, ma ben presto si trova a mal partito e chiede rinforzi, che arrivano via mare da Palermo con Garibaldi, che sbarca a Patti. L'indomani 20 luglio 1860 si iniziò il combattimento al mattino di buon ora, ed alla sera i garibaldini erano sotto il castello con dentro le truppe del colonnello Bosco asserragliate. Questi chiese aiuti al gen. Clary che obbedendo agli ordini del Re non ne mandò, il 24 arrivarono le navi per procedere allo sgombero del castello mentre altre truppe si erano già ritirate su Messina per i colli San Rizzo. Il Gen. Medici tratta con il Gen. Fergola, comandante della cittadella di Messina, dentro la quale si erano ritirate le forze borboniche, non trasportate a Reggio Calabria via mare, il quale sospende i bombardamenti su Messina a patto che non manchino le vettovaglie alla cittadella.

Il Gen. Medici entra a Messina e dopo entra Garibaldi. I Messinesi lo accolgono tra due ali di folla festosa ed è acclamato dal popolo, è il 27-luglio -1860. Il 18 - agosto Garibaldi con le sue truppe sbarca in Calabria partendo da Giardini e approda nei pressi di Melito Porto Salvo, da dove inizia la campagna conclusasi a Teano. In Sicilia avviene il plebiscito per l'annessione all'Italia, mentre la cittadella di Messina capitola al gen. Cialdini ed all'esercito Piemontese il 12 marzo 1861.

Nino Bixio si macchio, nel periodo della repressione contro il banditismo, dell'agosto 1860, di un atto di grave "giustizia" facendo fucilare i capi della rivolta di Bronte, cioè contadini che chiedevano delle terre dei nobili e del demanio.

Una curiosità, la campagna dei Mille, che portò al Regno nove milioni di abitanti, e quattro regioni, da giugno a tutto ottobre 1860, costò l'equivalente di circa 20 milioni di lire dell'epoca, confrontata con la terza guerra di indipendenza del 1866, che ne costò settecento di milioni, per avere il Veneto e una battaglia a Lissa, bisogna dire che Garibaldi fu proprio economico!.

A cura di Franco Spadaro

















Un Edificio ed una Chiesa distrutti
dalla speculazione edilizia

MESSINA



Il Collegio Sant. Ignazio a Piazza Cairoli a Messina, e la Chiesa di Santa Maria della Scala, attigua, quanto meno, ricordiamoli alle nuove generazioni, ed a coloro che vi hanno passato diversi anni della loro giovinezza.

I Padri Gesuiti, che dal 08-04-1548 sono stati presenti nella nostra città, fondarono a Messina il primo Collegio (Primum ac Prototypum Collegium Societatis Jesus) (Primo e prototipo di Collegio della Compagnia di Gesù) oltre ad insegnare all'Università.

La loro presenza mirava ad insegnare ai giovani unendo cultura e religione. Dopo esser stati allontanati dall'Italia nel 1773 con la soppressione dell'ordine da Papa Clemente XIV, erano rimasti in Russia e sono tornati nell'1814 per la ricostituzione dell'ordine da parte di Papa Pio VII. Furono allontanati dalla Sicilia e dal meridione nuovamente da Garibaldi nel 1860 con la confisca di tutti i beni. perché accusati di favorire il potere temporale del Papa e conseguentemente non volere l'Unità D'Italia.

Tornati a Messina il 01-01-1884, realizzarono nel 1892-93 al Curvone Gazzi, un bellissimo collegio: il Cassibile Scoppa, con internato, convitto, attività scolastiche, ludiche e culturali.

Il terremoto del 28-dicembre-1908 distrusse il Collegio con morti e feriti tra il personale e non tra i giovani assenti per il periodo delle vacanze natalizie. Il dopo terremoto vide le attività scolastiche in baracche e fu realizzato il collegio Pio X nell'ex chiesa di Santa Maria.

Nel 1921 iniziarono gli adempimenti per la realizzazione del Collegio in Muratura in piazza Cairoli affidando il progetto all'architetto Zanca, lo stesso che aveva realizzato il palazzo Municipale. Nel 1924 vi fu la posa della prima pietra del Collegio S. Ignazio a Piazza Cairoli che sarà inaugurato l'anno successivo, (19-settembre-1925) mentre nel 1926 saranno iniziati i lavori per la costruzione della chiesa di Santa Maria della Scala unita al Collegio. La chiesa fu inaugurata nel 1933, mentre l'affresco, a finto mosaico del Cristo Benedicente, all'altare maggiore della chiesa, simile a quello del Duomo di Messina, fu realizzato dal Maestro Alessandro Abate e completato nel 1940.

In quell'edificio austero, "di Stile Normanno" con una corona di merli e di un colore mattone scuro, invecchiato dagli anni, si alternavano, prima solo al Liceo Classico, poi anche allo Scientifico generazioni di Messinesi e ragazzi che provenivano dalla provincia per la centralità dell'ubicazione, oltre alle scuole elementari e medie.

Il regolare funzionamento dell'Istituto proseguì non ostante l'Italia fosse entrata in guerra sino al 1943 ma il 23 febbraio il Collegio fu colpito da diverse bombe durante uno dei primi bombardamenti americani, diurni, su Messina. I danni furono ingenti all'edificio, mentre furono più lievi per la chiesa di S. Maria della Scala. Fu, subito dopo, deciso di finire l'anno scolastico in locali "sfollati" a Divieto (Villafranca Tirrena).

Gli alleati occuparono Messina il 17 agosto 1943 e solo nel mese di novembre fu possibile riprendere le lezioni, 20 novembre, nella parte non danneggiata del collegio e lentamente procedere ai lavori di ripristino che furono incrementati l'anno successivo con ristrutturazioni interne. Negli anni 1947-1948 furono effettuati altri lavori di ristrutturazione e sopraelevazione per creare nuovi locali. Importante è il 1952 per l’apertura dei nuovi locali per la scuola elementare nei piani superiori, mentre fu istituito il liceo Scientifico, al primo piano, insieme al liceo Classico.

Il S. Ignazio diviene un punto di riferimento per la cultura messinese e continuava a preparare giovani da inserire nella vita di Messina e di tutta Europa.

Il Collegio veniva sempre migliorato, infatti venne coperto con un tetto apribile in plexiglas il cortile interno per essere fruibile anche in caso di piogge, e nel 1967 venne realizzato il riscaldamento ad aria calda in tutto l'Istituto. Ma questa area e questo edificio prestigioso, hanno un grosso punto debole: sono ubicati nella piazza più importante di Messina, e quindi fanno gola alla speculazione edilizia degli anni settanta, ed il 17 luglio 1973 viene venduto il Collegio insieme alla chiesa di Santa Maria della Scala. Le scuole vengono trasferite all'Istituto Ignatianum dove hanno continuato a funzionare.

Nel dicembre dello stesso anno venne iniziata la demolizione del Collegio Sant'Ignazio, mentre il 30 aprile 1975 iniziò la demolizione della chiesa di Santa Maria della Scala.

La realizzazione di un edificio, non bello, per usi commerciali, sede della Standa, fu l'utilizzo che venne fatto dell'area, per motivi legali, venne lasciato un locale per una cappella dedicata a S. Maria della Scala ancora aperta al culto e gestita dai Padri Gesuiti.

I Padri Gesuiti dopo avere chiuso lentamente tutte le attività svolte all'Ignatianum hanno lasciato Messina nel 2008 tranne tre che gestiscono la Cappella di Santa Maria della Scala, le scuole sono gestite da una cooperativa, mentre l'Istituto Ignatianum ritornò alla Curia Arcivescovile di Messina che ne era proprietaria avendo concesso ai Gesuiti negli anni 40 solo il Comodato d’Uso.

Si parlò di necessità dei Gesuiti di realizzare somme come causa della vendita, ma non è credibile come motivo, per eliminare un edificio così prestigioso ed una Chiesa così bella, amata dai messinesi.

Per approfondimenti consultare: Silvio Catalioto, I Gesuiti a Messina, Di Nicolò Edizioni Messina 2011

A cura di Franco






La riviera Nord, o riviera Faro o dei laghi di Ganzirri.



Molte persone non si rendono conto che Messina è posta a meno di dieci chilometri dalla punta settentrionale della Sicilia (Trinacria): capo Peloro o capo Faro che chiude lo Stretto di Messina, con la dirimpettaia rupe di Scilla, separata da poco più di tre chilometri di mare. Una zona ricca di storia, di tradizioni, con una popolazione che ha sempre vissuto con il mare e per il mare, che la natura ha reso unica per i laghi o più informalmente pantani: quello grande di Ganzirri, quello piccolo di Faro e quello che non c’è più di Margi (oggi piano Margi).

Scrittori antichi parlano di queste terre, facendo nascere leggende e storie, sono zone di passaggio obbligato, sono territori che in caso di crisi diventano obiettivi militari di importanza sia tattica che strategica, che ora, data la potenza dei motori e la stazza delle navi, non presentano particolari problemi ai naviganti, ma che ieri, per la forza della natura, erano forieri di pericoli, se sconosciuti (non oggi sempre se si è vigili).

La conformazione dello Stretto, le sue correnti, i suoi gorghi, fanno nascere e diventare leggenda i mitici Scilla e Cariddi, che sono di guardia allo Stretto e, con la loro forza e le loro arti, determinano l’esistenza del pericolo e la natura della riviera nord che vive con Stretto.

Si narra che gli antichi hanno eretto, proprio in queste zone, un tempio dedicato a Poseidone - Nettuno dio del mare, con splendide colonne di marmo, che a detta di alcuni furono inserite nella parte di struttura del Duomo di Messina andato distrutto nel Terremoto del 1908. Ma non vi sono dubbi che popolazioni di pescatori si siano insediate in queste zone alcuni millenni prima della nascita di Cristo.(i ritrovamenti archeologici ci confermano questa tesi) Non dimentichiamo che sulla riviera passarono le legioni romane che dovevano occupare le città Cartaginesi di Sicilia ed appoggiare le forze a mare durante le battaglie navali. Infatti i romani realizzarono persino un ponte di barche per facilitare il passaggio delle loro truppe e realizzarono le consolari Pompea sin oltre Faro, fatta costruire da Sesto Pompeo, al tempo delle guerre civili, nel primo secolo avanti Cristo, e consolare Valeria (verso Catania), dal console Valerio.

Questi territori furono poi, abitati, vedi ritrovamenti a Ganzirri, da villaggi agricoli in tarda età imperiale ed in periodo bizantino mentre vi era sicuramente una grande e bella villa in età tardo romana., con un bel colonnato (erano le colonne attribuite al tempio di Nettuno). Nel periodo arabo normanno si hanno solo presidi di avvistamento per dare l'allarme alla città di possibili scorrerie, per la presenza di zone malariche nei pressi dei pantani o degli insediamenti momentanei per ragioni di lavoro,ma sempre villaggi molto poveri, lungo tutta la consolare per popolazioni pronte a rifugiarsi in città in caso di attacco o di scorrerie di pirati.

Sulla Consolare quindi dopo il cinquecento iniziarono a sorgere villaggi consistenti ed un insediamento molto importante fu la realizzazione della chiesa di Santa Maria della Grotta, quasi una propaggine della Città e della Palazzata. La chiesa, attribuita a Simone Gullì, fu fatta edificare da Emanuele Filiberto di Savoia nel 1622, sui resti di una antica cappella, dove era una grotta con un quadro portato dall'oriente e distrutto

2) Da una mareggiata, fu completata solo nella parte centrale nel 1639, in quanto il progetto originale prevedeva anche due palazzi laterali mai edificati, fu distrutta dal terremoto del 1908 e ricostruita negli anni trenta su progetto dell' ing. Guido Viola secondo il progetto originale. Importante è il Fortino di Pace, oggi difficilmente visibile, creato per difendere l'approdo di Pace, pare realizzato verso il 1798 per impedire eventuali sbarchi dei Francesi, con angoli arrotondati, dove poi è sorto il villino Mauro. Anche la Chiesa di Grotte fu, allora, fortificata ed armata ed il ritrovamento dei due cannoni posti, oggi, vicino il monumento ai caduti, sembra essere la prova, più evidente, di queste edificazioni militari del periodo e della militarizzazione di tutta la riviera.

Nel primo periodo dell'800 la riviera e Pace, in particolare con S. Agata, hanno avuto uno sviluppo edilizio importante con l'edificazione di ville particolarmente sontuose come la villa Florio, Villa Savoia e Villa Sanderson poi villa Bosurgi in cui alloggiò il Kaiser Guglielmo II nei suoi viaggi a Messina e Taormina. Più tardi fu edificata Villa Martinez nel 1911. Gli insediamenti crescono lungo la costa tanto che i villaggi costieri si rendono man mano autonomi dai villaggi madre collinari, come Curcuraci da cui nel 1819 si stacca Pace; Faro Superiore da cui diventano autonomi rispettivamente Torre Faro nel 1747, Ganzirri 1819, S. Agata 1883.
Tutta la riviera Nord o riviera Faro, come viene intesa, ebbe danni dal terremoto del 1783 che vennero progressivamente riattati anche per gli eventi storici che si susseguirono.
Ganzirri è influenzato dal lago, con la sua forma quasi ad otto, con la parte a monte nel declivio delle colline e la parte a mare quasi sulle rive dello Stretto, dove una stretta strada divide le case dal mare. La Torre di Ganzirri è a pianta circolare con due vani sovrapposti realizzata in pietrame, malta e rottami di laterizi, oggi in parte interrata dalla strada, fu realizzata per la difesa da attacchi dallo stretto, ma anche per sorveglianza, con collegamento ottico con quella di Torre Faro e quella di Mortelle e per consentire collegamenti, anche con telegrafi ottici, tra torri e con Messina, per la trasmissione di messaggi (non dimentichiamoci che Messina dista meno di dieci chilometri) Interventi posticci hanno creato, nella torre, scale all'interno e merlature, falso medioevali, ed oggi è quasi totalmente circondate da costruzioni a più elevazioni che la sovrastano.
Ma uno degli eventi che danno alla riviera, a Ganzirri e Torre Faro importanza tattica avviene molto lontano: è l'ascesa di Napoleone Bonaparte al trono di Francia, la conquista dell'Italia e del regno di Napoli affidato a Gioacchino Murat, e il Regno di Gran Bretagna che vuole sconfiggere ovunque Napoleone.
Con la fuga da Napoli di Ferdinando IV e della regina Maria Carolina ed il suo insediamento a Palermo,(Regno di Sicilia) gli inglesi sbarcano truppe e fecero affluire navi per difendere la Sicilia e rafforzare le truppe borboniche molto carenti. Un punto di sbarco probabile era la riviera Faro (anche per il fallimento della sortita fatta dai francesi a Santo Stefano respinti dalla popolazione) quindi vanno organizzate le difese, la Consolare Pompea va sistemata ed ammodernata(1810) per.

3) Consentire rapidi spostamenti, i pantani vanno collegati con canali al mare aperto e diventano rifuggi di barche armate, principalmente inglesi, si inizia la bonifica del pantano Margi per debellare la malaria, lavori di bonifica, che sembra siano terminati verso il 1835.
Si crea, poco oltre Messina, – torrente Annunziata alta- il Campo Inglese (in epoca fascista ed ancora oggi con il nome mutato in Campo Italia)e nei villaggi delle Masse sono alloggiati soldati inglesi per diversi anni, alcuni si uniscono anche in matrimonio con donne messinesi, nel porto di Messina si avvicendano navi inglesi e truppe e la città è di fatto occupata dalle truppe di Sua Maestà. Si Rinforzano le torri anche di Torre Faro e dove c'è la piazza, di fronte la chiesa della madonna della Lettera, vi era un fortino vicino al canale di deflusso.(oggi piazzetta, intuibile prima dei rifacimenti) La vecchia torre del faro, gravemente danneggiata dal terremoto del 1783 verso il 1798 venne ripristinata, ma non in maniera idonea (uso di materiali e tecniche inadatti alle esigenze militari). I lavori continuati dagli inglesi negli anni successivi hanno creato il rifascio in muratura che avvolge su tre lati la torre trasformandola in un torrione semicircolare che aggiunto a quanto realizzato precedentemente crea uno strumento difensivo valido per resistere alle artiglierie dell'epoca. A mezzogiorno della torre fu realizzato un ampio terrazzo per il posizionamento delle artiglierie difensive che inglobano la torre del faro.
A circa cinquecento metri verso Mortelle esisteva, sulla spiaggia, la così detta Torre Bianca, eretta probabilmente dagli inglesi, detta anche Torre Masone, mentre appena sulle colline esisteva torre Labruto e Forte Spuria, realizzato, su una base quadrangolare molto più antica. Una ulteriore Torre sembra sia segnalata innanzi alla chiesa di Torre Faro sommersa dalle acque.
Deve precisarsi che gli Inglesi arrivati nei primi anni del 1800 sono rimasti, a periodi alterni, sino alla caduta di Napoleone nel 1814 quasi 10 anni! Restarono le opere da loro realizzate. Re Ferdinando, ritornato a Napoli, rifondò il Regno delle due Sicilie diventando Ferdinando I lasciando il titolo di IV di Napoli e di Ferdinando II di Sicilia e togliendo ogni privilegio concesso nel momento del bisogno. In quel periodo nacque un celebre motteggio satirico: “Fosti Quarto ed insieme Terzo, Ferdinando or sei Primero, e se seguita lo scherzo, finirai per esser ZERO!!

Ci siamo soffermati su questo sovrano (Re Bomba per i messinesi per avere fatto bombardare Messina nei moti del 1821 e del 1848) in quanto per ringraziare gli abitanti di Ganzirri per quanto fatto in quel periodo di crisi, suddivise il lago, destinato all'allevamento dei mitili, in tanti appezzamenti che dette in dono e quindi in proprietà piena ed assoluta agli abitanti del luogo che lo hanno tramandato ai propri eredi sino ai giorni nostri.
Dobbiamo aspettare il 1860 per vedere le stesse zone nuovamente militarizzate.
Infatti nei moti dei 1848, furono realizzate solo un paio di batterie che scambiarono dei colpi con le navi Borboniche dirette a Reggio Calabria con le truppe del Filangeri, il 01-settembre-1848. Il gen. Filangeri sbarcò a Contesse, il giorno sei successivo, per attaccare e occupare Messina, quindi sulla riviera piovvero solo i colpi della Cittadella o delle navi e non vi fu attività militare di rilievo, se non la repressione contro la popolazione.

Con l'occupazione di Messina nel 1860 da parte delle truppe borboniche, durante l'avanzata di Garibaldi e dei suoi Picciotti, dopo lo sbarco di Marsala, vi furono gravi disaggi per la popolazione che, come quella del Ringo, finì per vivere sulle barche, ma con la resa di Milazzo, lo sgombro delle truppe occupanti che passarono principalmente per la via dei Peloritani, la via di Gesso, ed anche per le vie che discendevano dalle Masse, le truppe borboniche convergevano su Messina dove venivano sgomberate, con le navi in Calabria, o si asserragliavano nella Real Cittadella.
Il Generale Medici entrò in Messina il 27- luglio -1860 e si può dire che la campagna di Sicilia era terminata, la Cittadella di Messina si arrese però, al Gen. Cialdini solo il 12-marzo-1861. In questo periodo per timori di attacchi Borbonici contro la Sicilia, venne creata dai garibaldini una difesa del Faro e di Ganzirri e molte truppe di Garibaldi erano li acquartierati, vennero creati dei fortini, armati di cannoni, anche per impedire l'accesso allo Stretto.(da ultimo il recupero di due vecchi pezzi in ferro usati come bitte). Le truppe furono acquartierate sino al 18-agosto-1860 quando, con abile mossa Garibaldi, facendo credere di continuare ad ammassare truppe, imbarcò i soldati su due Piroscafi (Torino e Franklin) e partendo dalla spiaggia di Giardini sbarcò indisturbato vicino a Melito Porto Salvo(RC), non ostante la guardia delle navi borboniche nello Stretto, da li iniziò la campagna per la conquista del regno di Napoli conclusasi con l'incontro di Teano. L'Unità d'Italia, a spese della Sicilia, era fatta. Iniziò la piemontesizzazione della Sicilia e del Sud. Le autonomie siciliane furono soppresse, le sostanze copiose dell’isola, furono annesse a quelle del deficitario Piemonte, ed iniziò una forte repressione contro il brigantaggio, spesso renitenza alla leva obbligatoria cui l'isola non era abituata.
Inizia per Ganzirri e la riviera nord un periodo di lento ma costante sviluppo sia agricolo che manifatturiero, nascono delle moderne filande per la seta, si sviluppa la pesca dei mitili, e specialmente quella del pesce spada. Sorgono diverse ville circondate da giardini e da appezzamenti di terreno come villa Elena a Granatari, villa Franca della famiglia degli Andrini, villa Puglisi Allegra, solo per citarne alcune. I terreni sono coltivati con i caratteristici ed apprezzati prodotti agricoli della zona complice l'allargamento dei terreni disponibili anche per il prosciugamento del pantano Margi che aveva consentito l’eliminazione della malaria, diventano famosi i vigneti sia per l'uva da pasto che per il vino, i meloni e gli ortaggi in genere.

A partire dal 20 maggio 1890 inizia il servizio regolare di tram a vapore da Messina per Granatari e Torre Faro, ed anche per Barcellona, questo mezzo di trasporto, da un impulso non indifferente alla riviera in quanto si può andare a Ganzirri e mangiare presso il ristorante la Napoletana, o in altri locali sorti nel frattempo, senza dovere usare la carrozza e quindi l'utenza si allarga. Anche i prodotti agricoli ed ittici possono essere trasportati più facilmente e venduti presso il mercato della Pescheria, innanzi al Municipio, su via Vittorio Emanuele di fronte alla Palazzata.

Va ricordato che nei primi anni dell'ottocento cessò del tutto la pesca del corallo rosso nello stretto, davanti a Faro, Ganzirri e la Riviera, già praticata da moltissimi anni con mezzi rudimentali, in quanto il corallo fu totalmente estirpato, non ostante negli ultimi anni la pesca fosse effettuava solo ogni quattro anni per tentare di preservare la specie ed il pescato era minimo.

Per la pesca del pesce spada il sistema usato nella riviera nord era diverso da quello usato sulla costa calabra, dove la presenza dei primi contrafforti aspromontani consentiva di istallare vedette, che con bandiere, segnalavano l’avvistamento del pesce alle barche da pesca che stazionavano pronte all'inseguimento ed alla caccia. Nella Riviera nord le colline erano basse e lontane, quindi furono create delle barche munite di antenne di oltre 20 metri, che venivano trainate giornalmente, dai luntri in punti pre-fissati dove si posizionavano ferme, e sulla cui antenna saliva una vedetta.

I luntri, barche da pesca di colore nero opaco, manovrabilissime, senza timone, leggere e velocissime dotate di un palo di alcuni metri per una vedetta propria, e quattro rematori in posizione sfalsata, possibili anche sei talvolta, erano pronti, alle grida della vedetta dell'antenna, a fiondarsi sulle prede e, guidati poi dalla propria vedetta, fornire al fiociniere la migliore posizione per il lancio della fiocina con l'arpione che trafiggeva la preda che restava legata alla barca da una lunga cima agganciata all'arpione. Le posizioni delle barche antenne erano stabilite, per ogni villaggio della riviera, e ruotavano ogni anno dalla prima all'ultima, scalando di un posto, in modo che a giro ogni quattro- cinque anni, toccasse a tutti il primo posto, il più pescoso, il tutto sotto la supervisione della chiesa.

A proposito, poi, del lago di Torre Faro narra la leggenda dell'esistenza della città di Risi, sprofondata sul fondo, non sembra sia mai esistita questa città che appare quando certe circostanze di luci solari renderebbero visibili, questi resti sommersi, per un gioco di rifrazione. Vi era, invece, sicuramente un approdo rifugio, collegato al mare (oggi si presume nella zona del canale degli inglesi) in quanto una quarantina di anni fa archeologi sub hanno trovato delle anfore bizantine e i resti di una nave bizantina sul fondo, non recuperata. Alla stato non sembra vi sia altro, ma date le acque scure del fondo non sono stati fatti altri ritrovamenti.
Deve ricordarsi che il Terremoto del 1783 fece molti danni sia a Messina che nei villaggi della riviera nord, ed il fondale di ambo i lagni si è abbassato sensibilmente ed è stato stravolto e i canali di collegamento con il mare si insabbiarono determinando un cambiamento dell'acqua, dei laghi stessi, che divenne progressivamente sempre più dolce, facendo proliferare migliaia di rane e contemporaneamente diminuire la pesca. All'inconveniente si ovviò ristabilendo l'habitat precedente, aprendo i canali di collegamento che portarono allo standard pre esistete la salinità, rendendo pescosi nuovamente i laghi e facendo sparire le rane.
Da segnalare verso Faro, nella zona nord di Ganzirri, delle saline che dalla metà dell’800 erano già state chiuse.
Ma la prosperità doveva fare i conti con la natura. Il 28-dicembre-1908 il terremoto che distrusse Messina arrivo violentissimo nella riviera nord distruggendo, chiese, case, villaggi, facendo sprofondare il lago di Ganzirri e quello di Faro di molti metri tanto che la strada esistente a nord fu totalmente sommersa, ed il canale che collega i due laghi, da che era quasi intransitabile dai canneti, si abbassò di diversi metri scoprendone gli argini. Dopo il terremoto, che aveva fatto tantissime vittime, si abbatte violento il maremoto, che se a Messina ebbe onde alte poco oltre il metro, andò crescendo verso Torre Faro con onde di otto metri a Ganzirri e oltre nove a Faro, distruggendo ciò che restava dopo il terremoto, fu una vera strage. I pochi sopravvissuti dei villaggi di Torre Faro, Ganzirri e Faro Superiore erano abbandonati a se stessi e riuscirono ad aiutarsi solo tra loro in quanto gli aiuti esterni tardarono. Solo dopo alcuni giorni giunsero navi straniere che dettero aiuto e viveri e dopo ancora un reparto di Bersaglieri (il 5^ reggimento) che, accampatosi a Campo Inglese, aiutò i sopravvissuti della riviera Nord. Fu realizzato, dopo qualche tempo un villaggio di baracche,(villaggio Faro) nella zona pianeggiante, vicino villa Roberto. che si notava per le bianche baracche ed un'altro a Faro Superiore.

Lentamente riprende la vita, riparte il tram a vapore, si riprende a lavorare, si ricostruisce, viene ricostruita la chiesa di Ganzirri distrutta, viene spostata nell'odierna posizione, prima era nella piazzetta di fronte, sul lungo lago, si ricostruiscono le case e nasce la colonia dopo lago Faro Verso Mortelle ( Ospizio marino sul lido di Mortelle) con fondi americani nel 1918, poi viene costruita grazie a fondi di famiglie italiane nel 1929 una colonia marina, e di seguito si costruiscono altri lidi sul mar Tirreno vicino al lago di Torre Faro, vengono riedificate o aggiustate diverse ville già esistenti. Viene riedificata anche la chiesa di Torre Faro, mentre Ganzirri riprende le tradizioni marinare della pesca e della coltivazione dei mitili oltre delle gite ai laghi.

La prima guerra mondiale impone molte limitazioni sia alla pesca che nella vita quotidiana, oltre che la militarizzazione dei villaggi costieri, per proteggerli dai sottomarini tedeschi che incrociavano nello stretto per affondare i traghetti e le navi dirette in Libia e sparare qualche cannonata contro le coste, i forti Umbertini non riescono a fare niente contro i sommergibili tedeschi camuffati da austriaci.
Terminata la guerra la vita riprese, lenta, ma costante fu la ricostruzione e gradualmente la riviera nord conobbe un primo timido approccio al turismo balneare. Il vecchio Tram a vapore era stato sostituito nel luglio 1917 con il tram elettrico che arrivava a Torre Faro passando per Granatari. La piazza di Granatari fu abbellita nel 1922 da una fontana che, prima del terremoto, era a Piazza del Popolo a Messina, sorsero nuove ville lungo la riviera nord.

Arrivò la seconda guerra mondiale e la riviera nord pagò a caro prezzo la sua vicinanza alla costa calabra con, a partire dal 1942 bombardamenti e mitragliamenti per impedire l'afflusso di uomini e mezzi dal continente nell'approdo di Pace e Paradiso dove soprattutto nel 1943 approdavano motozattere e pontoni per traghettare le truppe italiane e tedesche, materiali, viveri, armi, e poi uomini e mezzi in ritirata, sotto la pressione aerea crescente degli alleati. Con la caduta di Messina 17-agosto 1943 ed il successivo sbarco in Calabria finì la guerra nei nostri territori ed iniziò il periodo dell'occupazione alleata (AMGOT) prima e i recuperi, tra cui quello della nave traghetto Cariddi che era stata auto affondata nella rada Paradiso e che si concluse verso il 1950, e prima di quelle affondate in porto necessarie per ristabilire i collegamenti nello stretto che dal 1943 erano state effettuate con barche dei marinai della riviera, liberando per prime le invasature della stazione marittima.

Nuovamente la riviera nord rinasce e comincia il sempre più veloce periodo di crescita edilizia e di insediamenti abitativi con ville e strutture residenziali e balneari portando alla espansione prima verso Mortelle, nascono i lidi e l'albergo, e poi sulla la strada costiera per Ponte Gallo, le gite in cinquecento e seicento sono dei primi anni 60. Dal 1949 non c'è più il tram elettrico ma l'autobus numero otto, nei primi tempi con rimorchio.

Deve anche ricordarsi che, sempre negli anni cinquanta, venne realizzato il Pilone, o meglio i piloni, a cura della Dalmine per creare l'elettrodotto che ha collegato la Sicilia al continente e quindi uno a Torre Faro e l'altro sulle rupi della Calabria a Scilla, per la fornitura di energia elettrica, nei primi anni verso la Sicilia ma dopo dalla Sicilia a tutto il meridione d'Italia…… sino a quando non vennero realizzati i cavi sottomarini, i piloni dettero il loro contributo all'economia dell'Italia. Oggi, eliminati i cavi aerei si spera, che il pilone dismesso di Torre Faro possa essere sfruttato a fini turistici con idonee strutture.

Ma le coste della riviera da Paradiso a Faro hanno altre caratteristiche sono molto basse, ma, dopo poco più di una decina di metri, vi è un gradino che porta la profondità a diverse decine di metri, in media, quasi di colpo. Questo spazio quasi piano, che ha larghezza differente secondo l'andamento della costa, e che è spesso a fior d'acqua è fatto in conglomerato detta "molaro", (come specifica F. Chillemi nel suo "I Casali di Messina"), formato da ciottoli levigati dal mare, sabbia e residui di ogni genere cementati insieme sino a formare un corpo unico massiccio, quasi una muraglia, una barriera, su cui si infrangono le forti onde di marea.
Dal "molaro" erano estratte, nell'ottocento, le pietre per macine o mole, oltre a blocchi, usati per le costruzioni, che ancora si vedono in qualche edificio del secolo scorso, mentre tracce delle cave sono ancora visibili, lungo i litorali, dove venivano estratte le mole o i blocchi.
Un accenno merita il fondale, esplorato negli ultimi decenni, che appare come un arcobaleno di colori veramente particolare, grazie anche all'acqua cristallina. Ancora più suggestive appaiono le navi, che sono affondate in quel tratto di mare,(Una dinanzi alla chiesa di Torre Faro) per naufragio o durante la seconda guerra mondiale, con il loro carico spesso sparso intorno. La vegetazione sottomarina, variegata e molto resistente, mostra un mondo che andrebbe sfruttato per attività turistiche.
Cambiamenti climatici, creazione di nuove opere fatte dall'uomo, hanno portato dei cambiamenti nelle spiagge, il mare diventa archeologo mostrandoci, ad esempio, le fondamenta del forte degli Inglesi a Torre Faro che risalgono ad epoca cinquecentesca, spostando la sabbia verso altri lidi. Le novità non mancano la natura si adatta ai tempi ed all'uomo modificando quanto realizzato nel tempo ridisegnando le coste ed i paesaggi, unici ma sempre mutabili come la riviera nord dello Stretto di Messina.
Una riflessione, oggi si cercano energie alternative rinnovabili ma non si vuole sfruttare quella delle correnti sottomarine dello stretto con apposite dinamo per produrre a costo zero energia elettrica e non inquinare. Forse le soluzioni più semplici sono più difficili diventano!
Messina 24-04-2012
A cura di Franco Spadaro.


28/02/2019


Messina crocevia di mezzi di locomozione



Nella stazione vecchia e nella nuova di Messina sono passati decine di tipi di mezzi di trazione che si sono susseguiti, come le generazioni, per spostare milioni di persone e miliardi di tonnellate di merci sia in Sicilia sia da e verso il continente, vedendo momenti lieti e meno lieti, scorrendo come in un film la storia della Città e della nostra Terra.
Tra i tanti mezzi di trazione, voglio tracciare un ricordo di due: una più anziana giunta ancora quasi giovane in Sicilia e che lavorò nei momenti duri per vedersi affiancata da un'altra che, giunta già anziana, le è stata a lato per un certo periodo, per poi sostituirla nelle linee principali pian piano che l’elettrificazione veniva realizzata e il vapore veniva relegato sulle linee secondarie, sino ad essere, sostituito, su di esse, dalla trazione diesel. Si tratta della locomotiva 685 la Regina delle locomotive, e della E 626 una loco da battaglia.
Iniziamo dalla prima, senza avere l'ardire di volere tracciare la storia di entrambe queste macchine su cui sono stati scritti volumi, ma solo per ricordare i mezzi e con essi tutti coloro, sconosciuti nella larga parte, che hanno lavorato per la maggior parte della loro vita, per farli muovere e vivere.
Il Gruppo 685 viene prodotto per le F.S. a partire dal 1912 e con successive serie raggiunge il ragguardevole numero di 391 unità, con l'ultima che esce dalle officine, principalmente Breda, nel 1931 per diventare il più numeroso gruppo di locomotive per treni viaggiatori mai realizzato in Italia.
Le 685 non avevano nulla di particolare, ma erano macchine dove tutto era stato ben progettato, realizzato, erano affidabili, sufficientemente veloci, una massima di 120 Km/h, avevano una buona potenza e cosa molto importante per l'epoca consentivano, rispetto ad altri gruppi, di risparmiare carbone ed erano, con le loro 70,8 tonnellate in ordine di servizio, sufficientemente leggere per viaggiare sulla maggior parte delle linee italiane con armamento non pesante. Quindi era la macchina che serviva alle ferrovie italiane per lavorare sulle direttissime, per camminare dove vi erano pendenze senza spinta, di fare risparmiare nei costi di esercizio, di garantire un ottimo servizio e di essere a serie omogenee.
Quando il numero fu sufficiente a coprire le necessità delle linee principali, e si resero disponibili macchine, a seguito dell'elettrificazione della Firenze –Napoli, le 685 approdarono, buon ultime, in Sicilia, nell'autunno 1935, assegnate ai depositi di Palermo e Catania, poi anche Messina, per i treni Palermo - Messina e Messina –Catania – Siracusa.
Aumentando il numero divennero titolari dei treni passeggeri e durante la guerra anche dei merci che si muovevano per l'isola sino all'interruzione delle linee, per i bombardamenti, dopo i primi mesi del 1943.
Solo nel 1944 ripresero i servizi ferroviari nell'isola con l'ausilio di materiale Americano e di loco superstiti o riattate alla meglio. Le 685 da quando erano giunte, avevano trainato i principali treni con una prestazione di 320 tonnellate in semplice trazione e con il rinforzo di una 471 o di una 476 per le rampe del valico dei Peloritani tra Messina - Villafranca Tirrena e viceversa.
Detto servizio fu effettuato sino all'autunno 1951 quando fu elettrificata la tratta Messina - Barcellona P.G., da quel momento, entrano in scena in Sicilia, e sul Valico dei Peloritani le E 626 che portavano i treni sino a Barcellona P.G. per riprendere quelli di ritorno, anche con l’ausilio delle doppie trazioni sul valico.
Le regine continuano a viaggiare, sino all'aprile 1955, quando fu elettrificata la Palermo S. Agata Militello e quindi tutta la Messina – Palermo viene affidata alle E 626.
A Messina quindi convivono sia le 685 che le E 626 che partono da binari affiancati e poi si biforcano le prime per Catania e le altre per Palermo.
Era possibile giornalmente vedere, alla stazione Centrale di Messina, degli accelerati (poi locali, oggi Regionali) che venivano formati con lo stesso materiale rotabile (cento porte, corbellini, un bagagliaio) e poi uno riceveva, sul primo binario, la E 626 per la trazione e partiva qualche manciata di minuti prima per Palermo, mentre l'altro, trainato da una 685, partiva, dal binario due, dopo poco, sbuffando, per Catania.
Ma questa convivenza non dura molto tra il 1958 ed il 1960 viene elettrificata la Messina – Catania Siracusa e le 685 sono tutte radunate su Palermo per effettuare i treni per Trapani e per le altre linee siciliane, dove conclusero la loro avventura in Sicilia, che era durata, una trentina d'anni ed oltre, sempre di onorato servizio, infatti sino a tutto il 1965 ed oltre, le 685 continuavano a trainare treni sulla Palermo - Trapani.
Le E 626 furono le locomotive che nacquero con l'elettrificazione della rete nazionale a corrente continua a 3000volt, dopo anni di incertezze e il tentativo di fare sviluppare la trifase attuato in Italia dall'inizio del secolo sino agli anni venti, con l'avvento del fascismo si decise di attuare l'elettrificazione tutta a 3000 volt continua e quindi si passò a realizzare il materiale di trazione.
Dopo una prima serie sperimentale, che evidenziò delle carenze e dei dei difetti dovuti all'inesperienza, con la seconda serie unificata si decise di realizzare 85 macchine cui furono eliminati i difetti di pre -serie e furono realizzate macchine solide ed affidabili, ma con la terza sere si può dire che vennero realizzate macchine ottime che diventarono le macchine che trainavano la maggioranza dei treni merci e di quelli passeggeri, la quarta serie completò la dotazione di queste macchine, evolvendosi positivamente.
Passato il turbine della guerra, e la ricostruzione delle macchine danneggiate, la maggior parte, le FS decisero che nelle riparazioni venissero standardizzate tutte ai modelli di quarta serie, cosa che accadde progressivamente. Noi le riceveremo solo agli inizi del 1951 infatti le E 626 arrivano a Messina per iniziare il sevizio sul Valico dei Peloritani e sostituire le Regine sino a Barcellona Pozzo di Gotto dove finiva il primo tratto elettrificato.
Dovremo attendere il mese di ottobre 1955 perché sia completata l'elettrificazione della Palermo Messina , Sant'Agata di Militello – Palermo per vedere le E 626 titolari per l’intera tratta sino a Palermo.
Ma come è stato risolto il problema di spinta sul Valico dei Peloritani con l'entrata in servizio delle E 626? In modo semplice ma ingegnoso: modificando il gancio di alcune E 626, adibite alla spinta, che mediante una fune, agganciata alla cabina di guida, da dove era possibile manovrarla, la quale era collegata ad una robusta maniglia posta sul gancio stesso, che, ricevuto uno strappo, dato dal macchinista, azionava l'apertura del gancio stesso consentendo alla locomotiva di spinta di sganciarsi e tornare autonoma, non appena superato il punto di valico e avvertita l’altra locomotiva titolare, con un fischio. Da quel momento poteva rallentare, fermarsi e tornare verso Messina, facendo sosta, se del caso, nella stazione di Camaro. Restava invece agganciata al convoglio se doveva accompagnare il treno sino a Villafranca Tirrena dove effettuava lo sgancio ed attendeva un altro treno da spingere per Messina. Lo stesso accadeva se la spinta partiva da Villafranca.
Era normale vedere queste locomotive da sole che percorrevano il tratto del curvone Gazzi a Messina, spostandosi avanti o indietro, secondo necessità o a Ponte Gallo sul versante tirrenico.
Ma anche la Messina –Catania - Siracusa qualche anno dopo fu elettrificata e le E 626 presero, a partire dal 1960, a portare i treni sino a Siracusa.
Le E626 restarono padrone lentamente della stazione Centrale perché sparirono pian piano anche le loco da manovra a vapore, sostituite dalle Truman, diesel lasciate dagli americani alla fine della 2^ guerra mondiale, mentre cominciavano ad arrivare altre locomotive elettriche di cui c'era abbondanza nel resto del Paese, per finire in Sicilia la loro carriera.
Le E 626 però continuarono per molti anni a svolgere regolare servizio sia come titolari che come spinte apprezzate o accettate, secondo i casi, dal personale che aveva preso atto, spesso con nostalgia, del passaggio all'elettrificazione come crescita e come miglioramento dei servizi.
Ricordo, un pomeriggio degli anni sessanta, che accostandomi ad una E 626, titolare di un treno per Catania, che dovevo prendere, per leggere la targa di bronzo, mi sentii dire da un anziano ferroviere, seduto su una delle panchine ai binari che riposava vigile, "a lassassi stari chidda, n'avi dui supra a cuscenza" (la lasci stare quella, che ne ha due sulla coscienza) Mi avvicinai incuriosito e chiesi spiegazioni, gentilmente mi raccontò che nel corso della sua carriera "quella", riferendosi alla E 626 presente, come se fosse una donna da tenere a distanza, e sempre in tono di rimprovero, aveva , in una discesa, rotto i freni e nell'incidente erano morti i due macchinisti, e quindi li aveva lei sulla coscienza.
Un modo di comprendere l'attaccamento alla macchina, ma la diffidenza in quanto il suo passato la rendeva inaffidabile, quasi una peccatrice a cui va ricordato quello che ha fatto. Lo ringraziai e lo salutai, dopo poco montato in cabina, arrivò il capostazione, con la paletta verde ed il berretto rosso, che consultato l'orologio, fece partire il treno per Catania, affidato a quella loco che si portava dietro il treno ed il suo passato.
Trascorsero gli anni e anche le E626, con oltre 50 anni di servizio andarono …ad essere vendute per la demolizione.
I Modelli HO per la 685 oltre modelli artigianali, la Rivarossi ha fatto un buon modello anche se ormai datato.
Mentre per la 626 oltre vecchi modelli Rivarossi ,ormai da collezione, vi sono ottimi modelli Roco anche se anche essi non sono ancora aggiornati all'elettronica.
A cura di Franco Spadaro


28/02/2019


I Tram a Messina dopo il 28-dicembre
1908



Dopo il terremoto si inizia a ripensare alla ricostruzione, la vecchia società SATS viene liquidata a ne nasce una nuova, denominata sempre SATS e si pensa a ripartire, si affaccia l'ipotesi del tram a trazione elettrica, mentre si muovono i tram a cavalli che portano i messinesi verso le mega baraccopoli del piano Mosella del Villaggio Americano, del villaggio Regina Elena e di Giostra. Questi carri, aperti e con le tende svolazzanti, che dalla Stazione Centrale vanno sino a Giostra-Ritiro o sino al Villaggio Americano - Ospedale Civico, sono una spinta alla rinascita della città.



Ma trascorso del tempo si riparte con il tram a vapore con partenza dal deposito di via Maddalena. Riparte il 21 settembre 1911 il primo tram per Giampilieri anche se in esercizio provvisorio. Un paio di mesi dopo parte il primo tram della linea per Barcellona sino a Torre Faro, esteso dopo per tutta la tratta. Venne richiesto dalla società che gestisce il servizio, un tratto di terreno, a valle della via La Farina vicino al curvone Gazzi, per edificare depositi ed officine oltre che uffici. Il terreno venne concesso ed è quello oggi utilizzato dalla Municipalizzata. Un dato per tutti la tratta Messina Barcellona nel 1913 ha trasportato oltre un milione e novecentomila passeggeri.



La linea elettrica prevedeva un collegamento Messina piazza Vittoria Torre Faro; Piazza Vittoria Giampilieri; un collegamento con la Stazione F.S. e con la marittima, un collegamento Villa Mazzini con Ritiro; mentre da Granatari a Barcellona restava la trazione a vapore che non venne migliorata ma continuò ad operare con i materiali salvati dal terremoto e riparati.



La trazione elettrica decollò lentamente perché le autorizzazioni tardavano, lo sgombero delle baracche che intralciavano il percorso era lento, e poi la guerra. Solo il primo luglio 1917 fu inaugurata la linea elettrica dei tram, con le nuove vetture robuste e semplici che svolgevano servizio urbano sino a Giostra, alla Stazione ferroviaria, Torre Faro e Giampilieri. Si cominciarono a vedere trazioni con una ed anche tre rimorchiate che giravano per il nuovo viale S. Martino per collegare Gazzi con i ferry Boat o salire sino a Ritiro, con fermata a Dazio, ed in estate portare tutti agli stabilimenti balneari Principe Amedeo e Vittoria passando per la via Garibaldi, e viale Principe Amedeo( Libertà).



I dati ci dicono che furono trasportati dalla linee elettriche oltre otto milioni e mezzo di viaggiatori paganti nel 1929. Dal primo marzo 1925 i tram, come tutta la circolazione stradale in Italia passarono a tenere la destra per circolare, cosa indifferente per i tram che avevano doppie porte laterali. Nel 1928 la linea a vapore arriva sino a Bauso (Villafranca Tirrena) con poche corse giornaliere, non più a Barcellona. e nel 1932 cessa di esistere la trazione a vapore con la chiusura della linea per Bauso e la sostituzione con autobus.



Nel 1934 ,con la sistemazione di piazza del Governo, viene spostata la statua del Nettuno, su richiesta dell'allora Prefetto, e venne ristrutturata la linea aerea per l'alimentazione dei tram. Con la ristrutturazione di piazza Stazione, a seguito del rifacimento della Stazione centrale e marittima, cessa l’esercizio la linea Cairoli Stazione e la tratta Tommaso Cannizzaro Arcipeschieri che non aveva avuto successo. Sulla linea Provinciale Museo vengono immessi in servizio delle motrici a carrelli provenienti dalla dismissione di detto materiale da Modena e resteranno in servizio sino alla fine dell'esercizio.



Nel 1938 viene soppresso il servizio per Dazio - Ritiro e si parla di sopprimere tutto il servizio del tram, resta in esercizio solo la linea Giampilieri – Cairoli - Faro, che serve tutta la città. La guerra sospende momentaneamente l'idea di soppressione.



Nei primi anni di guerra la situazione fu tollerabile pochi danni e poche interruzioni di corrente solo meno tram per la riduzione di personale, ma a partire dal 1943 tutto sembrò crollare i bombardamenti sconvolgevano la linea quasi quotidianamente, non bastavano i pochi operai per rattopparla alla meglio e l'energia elettrica era ridotta o mancava, i pochi tram in circolazione venivano presi letteralmente d'assalto con a bordo il doppio delle persone che dovevano trasportare, e le persone appese ai predellini, sino alla soppressione totale del servizio.



Con l'occupazione da parte degli Alleati il 17-08-1943 inizia la tregua e i timidi tentativi di riprendere una vita normale, solo nei primi mesi del 1944 appare una parvenza di servizio con linee riaperte alla meglio e viene riattivato il servizio per Giampilieri, seguito dalla linea Provinciale Museo, e solo nel tardo 1945 riparte la linea per Torre Faro. Nel 1946 si torna verso la normalità per tirare sino al 31-12-1951 quando l’ultima motrice si ritira definitivamente in deposito. Già nel 1949 era cessato il servizio per Faro sostituito dalla linea n.8 dei Bus e quella per Giampilieri. La vetustà del tracciato, la vetustà dei mezzi, la crescita del traffico gommato leggero e pesante, un crescente passivo, segnarono la fine dei tram a Messina.



Messina passò al tutto Bus. Bisogna attendere 50 anni per riparlare e rifare il tram, per sfruttare i finanziamenti comunitari e copiare un progetto straniero e ripartire con un tram che non poteva muoversi in una corsia a raso ma con la linea protetta obbligando i costruttori a stringere marciapiedi e strade, per quel serpente che sferragliando si muove …. come un elefante.
A cura di Franco Spadaro


28/02/2019


I Tram a Messina prima del 28-dicembre 1908



Vedere circolare quel serpente argenteo che vuole dimostrare di essere veloce, nei pochi tratti rettilinei, e poi è costretto a rallentare in curva per non sviare e camminare lentamente, poco più che a passo d'uomo, per poi accelerare non appena appare un nuovo tratto rettilineo è uno spettacolo triste che richiama tempi passati della storia bella di Messina.



Un progetto copiato ed adattato alla meglio, deviato sul lungo porto dove intralcia lo sbarco dei croceristi, che deve passare dalla Stazione Centrale dove può, in caso di interruzione del restante tratto di linea, tornare indietro verso il "curvone Gazzi" e rientrare nel proprio deposito.



Un termial fatto sul torrente Bordonaro, a valle del campo Celeste, che si interfaccia con quello alla foce dell'Annunziata, proprio al Bebby park, un tragitto fatto in oltre mezzora,(se non piove) che non ha nulla da invidiare al vecchio tram a vapore, come velocità commerciale, che in meno di tre ore, arrivava a Barcellona Pozzo di Gotto, alla fine della cittadina, passando per Granatari, e per tutta la riviera ed i paesi della litoranea, lo sferragliare è molto simile la comodità è l'unica cosa molto diversa oltre al tempo passato.



Ma torniamo un attimo indietro quando nel 1890 la SATS (Società Anonima Tranvie o tramways Siciliane), che vedremo a Messina sino alla nascita della Municipalizzata (1955), fatta con capitali Belgi, inaugurò il servizio per Granatari e Torre Faro (20 maggio 1890) e il 22 dicembre 1890 il servizio fu esteso sino a Barcellona P. Gotto, con inizialmente quattro coppie di tram a vapore al giorno.



La linea lunga 52 Km, quasi tutta su strada a raso, aveva fermate i ogni paese e consentiva il collegamento di Barcellona e della riviera con Messina ancora non servita dalla ferrovia Messina Palermo inaugurata solo nel 1895, anche se la tratta era già stata sino a Barcellona realizzata. Da Messina deposito della Mosella (via Maddalena angolo U. Bassi) di dipartivano le linee urbane che passando per il porto, stazione dinanzi alla Pescheria ed il Municipio, proseguivano per la riviera nord, sino a Granatari dove la linea si biforcava per Torre Faro e per Barcellona.



Dall'altro lato invece proseguiva la tratta sino a Gianpilieri inaugurata solo nel 1894 (22 settembre) con stazione capolinea a Giampilieri arrivava prima solo a Tremestieri attraversava tutti i villaggi sulla consolare Valeria, passava dal sottovia a Mili (sotto la ferrovia Messina – Catania), dove c'era il passaggio a livello, per arrivare a Giampilieri, dove vi erano i ricoveri per le motrici a vapore.



Il 28 dicembre 1908 mentre le primi motrici, accese le caldaie, stavano mettendosi in movimento tutto crolla e il convoglio in partenza per Barcellona, dinanzi alla pescheria al porto, viene travolto, il personale scappa, la motrice ed i vagoni sono ribaltati verso la Palazzata. i binari scompaiono.



La linea è gravemente danneggiata mancano interi tratti di binario dalla dogana di Messina a Granatari anche per l'abbassamento del livello dei laghi di Ganzirri, che inghiottono la strada lato monte, per frane, cedimenti e distruzione di fabbricati.



Dopo Granatari verso Barcellonona i danni sono quasi inesistenti. Verso Giampilieri i danni sono gravissimi sul tratto urbano per crolli e cedimenti al piano stradale, mentre nei villaggi i danni sono meno gravi alla linea ferrata, solo per cedimenti del terreno e per il maremoto.
A cura di Franco Spadaro





Cartolina su Messina



Nella storia cartolinistica di Messina mancava una cartolina la quale ricordasse che la nostra Città è stata insignita di Medaglia d'Oro al Valor Militare per le sofferenze ed i danni riportati nell'ultima guerra mondiale e per le vittime dei bombardamenti del 1941/1943 quando si arrivò alla punta di bombardamenti continui giorno e note da parte degli alleati, prima dell’occupazione della città.

La Nostra associazione ha ritenuto di sopperire a tale lacuna.

Nella primavera-estate 1943, Messina aveva il sistema di difesa contraerea più numeroso d'Italia con oltre 55 batterie medie e pesanti, oltre quelle leggere, sia italiane che tedesche, dislocate in città, nelle colline intorno a Messina e nella zona falcata.

Non ostante ciò i danni furono ingentissimi ed oltre il 70% degli immobili furono distrutti o subirono danni gravi in quanto gli alleati nei loro raid fotografici rivelavano che gli edifici erano integri, per la struttura in cemento armato che faceva apparire gli edifici non crollati e quindi non danneggiati mentre erano sventrati o colpiti in parte e quindi inagibili, dando a Messina l’appellativo di "Città Fantasma".

Nella cartolina sono rappresentati tre edifici e la Stazione Centrale. Questa, meta quotidiana dei bombardamenti e dei mitragliamenti, per bloccare, con la marittima, i collegamenti ed i trasporti con il resto dell'Isola e con il continente, fu distrutta.

Nella cartolina è riprodotta una foto della stazione centrale dove, oltre le tracce dei bombardamenti si vede un carro merci distrutto e proiettato su alcune carrozze "cento porte" in deposito alla Stazione Centrale nella parte iniziale verso la marittima.

Nella parte alta della cartolina poi, si notano i danni all'edificio della Camera di Commercio, in piazza Cavallotti, ancora non sopraelevata, con un ala distrutta e le travi penzoloni trattenute dai ferri. Vi è poi, il Collegio S. Ignazio, dei Padri Gesuiti sito a Piazza Cairoli, "soltanto" danneggiato sia dallo spostamento d'aria delle bombe, sia dalle schegge delle bombe che hanno colpito il centro dell'edificio facendo volare gli infissi. E demolendo una parte. La distruzione che non hanno potuto fare le bombe alleate, la fece la speculazione edilizia, trenta anni dopo, con le ruspe.

Infine il Duomo di Messina, realizzato da poco più di quindi anni, dopo la distruzione del terremoto, con i bellissimi cassettoni in legno dipinto del tetto, colpito da spezzoni incendiari, bruciò per tre giorni e tre notti come fiaccola per indicare la via a chi voleva distruggere Messina.

La ricompensa della medaglia, di cui nella cartolina si legge la motivazione, è un riconoscimento delle sofferenze della popolazione e di quanti morirono in quei tragici giorni, e per quello che patì chi dovette lasciare la città, senza viveri ne acqua, o vivere nascondendosi nei rifuggi.

Sul retro della cartolina si leggono le didascalie delle foto, mentre l'annullo ricorda la prima mostra di Modellismo "Un Messenion per il modellismo" e l'edificio della Camera di Commercio come era al momento della realizzazione e che ha ospitato la mostra.

La cartolina è edita in serie limitata e non sarà più riprodotta.

A cura di Franco Spadaro




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